L’abbandono minorile costituisce una delle più gravi emergenze umanitarie dei nostri tempi. Alcune statistiche riportano che ogni 15 secondi un bambino nel mondo viene rifiutato. Per molti di questi bimbi abbandonati l’adozione ha costuito, costituisce e costituirà una àncora di salvezza. Ogni vita umana ha un valore unico ed irripetibile, per questo salvare un bambino significa salvare il mondo intero.
La Beata Madre Teresa di Calcutta affermava: “Quando adoro Gesù nell’Eucarestia vedo il volto dei poveri, e quando vedo i poveri riconosco il volto di Cristo”. La spiritualità dell’adozione è un elemento essenziale per i genitori adottivi, perchè essi sono chiamati ad accompagnare la sofferenza dell’abbandono vissuto dai loro figli.
Se durante l’infanzia il dolore dell’abbandono viene acquetato dalla gioia e dall’entusiasmo della vita, l’adolescenza è il tempo della maturazione nel quale la costruzione del futuro inizia a fare i conti con l’esperienza del passato. Per i bambini adottivi il passato è stato contrassegnato dal rifiuto, dall’incuria e dell’abbandono. La domanda che risuona nel cuore e nell’animo di ogni figlio adottivo è sempre la stessa: “Perchè i miei genitori biologici mi hanno abbandonato?”.
Qesta domanda non è di facile risposta. Ha lo stesso grado di difficoltà di altre domande esistenziali: “Perchè sono nato? Quale è il senso della vita? Perchè esiste la morte?”. Tali questioni sono racchiuse dentro un’unica domanda: “Perché sono stato abbandonato?”.
Prima di giungere alla risposta di questa domanda è necessario un lungo cammino interiore, perchè questa domanda è la compagna di vita dei figli adottivi, dal momento in cui hanno vissuto il distacco dai loro genitori biologici.
“Perchè sono nato in una famiglia ed ora devo vivere in un’altra famiglia? Perchè la mia famiglia biologica non mi ha saputo dare quello che ho ricevuto dalla mia famiglia adottiva?”. Domande che sono come sentinelle nella vita dei figli adottivi, che sempre vegliano sulla loro vita ricordando l’inquietudine della storia passata.
Questi vitali interrogativi sono infatti come la cenere della brace che sembra spegnersi, ma rimane fioca e nascosta per un lungo tempo, sempre pronta ad alimentarsi attraverso il contatto con una piccola scintilla. Ed in questa situazione la scintilla può essere un avvenimento, una parola, o un semplice ricordo. Quello che sul momento viene percepito come dolore, nel tempo si trasforma in grazia. Quando la fiamma del ricordo illumina la vita passata, riaccende il desiderio e il tentativo della riappacificazione con la propria storia.
Un figlio adottivo, riconciliato con la sua storia, potrà affrontare seranamente il matrimonio, potrà diventare un genitore capace di educare santamente i propri figli, perchè avrà ricucito quello strappo esistenziale con la sua vita passata. Quando invece di un rinnovamento totale interiore vengono utilizzati rattoppi parziali, allora tutta il vestito di quella vita rischia di lacerarsi lasciandola spogliata di opere buone.
Quindi il primo elemento fondamentale per i figli adottivi è non avere paura nel porsi la dolorosa domanda: “Perchè sono stato abbandonato?”. Il secondo elemento decisivo è quella di darsi una risposta adeguata che acquieti il proprio animo. La morte naturale dei genitori biologici è la risposta più semplice da accettare. Ma molto spesso l’adozione avviene per abbandono o per grave incuranza dei genitori verso i figli.
In questo caso, i genitori biologici sono vivi e per un figlio non è semplice giustificare la loro condotta. Quale figlio non proverebbe profondi rancori o pesanti giudizi verso i suoi genitori che lo hanno abbandonato? Qui entra in campo il ruolo fondamentale del genitore adottivo che, da un lato è chiamato ad ascoltare in silenzio i pesanti giudizi verso i genitori biologici, ma dall’altro ha il dovere di giustificare la scelta dei genitori biologici, richiamando il grande dono della vita che gli hanno dato, malgrado le loro difficoltà economiche, esistenziali e familiari.
<p>Ci potrebbero essere tante altre motivazioni da dare ai figli adottivi, ognuno in base alla propria storia personale, ma la risposta più adeguata è quella di ricordargli il grido di dolore fatto da Gesù sulla croce: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? (Mt 27, 46). Queste parole di Gesù, presenti sulle labbra del cuore di un figlio adottivo, rappresentano un segno di speranza, perchè quel grido assordante è stata una richiesta di aiuto ascoltata dal Padre, che ha resuscitato il suo Figlio, salvando non solo la sua vita ma anche quella del mondo intero.
Le piaghe sanguinanti dalla croce dell’abbandono troveranno una risanamento profondo solo quando entreranno a contatto con le piaghe di Gesù. Questo potrà avvenire attraverso una riconciliazione cercata, sperata e voluta dai figli adottivi con i loro genitori biologici, concretizzata attraverso un incontro e un riallaccio della relazione. E se questo non fosse possibile per la morte di un genitore biologico, è sempre possibile una riappacificazione interiore piangendo davanti alla tomba del proprio defunto.
Al contrario, rimandare questo incontro personale significa lasciare aperta una ferita che con il tempo si potrà anche cicattrizzare, ma vi è il serio rischio di riaprirsi con grande facilità, provocando dolori sempre più pesanti per se stessi e per le persone che gli vivono intorno.