Il 9 novembre 1989 è crollato il Muro di Berlino, segnando la fine dell’impero sovietico. Venticinque anni dopo questo storico avvenimento, ZENIT ha intervistato l’ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede, Piotr Nowina Konopka, che ha raccontato come ha vissuto quel periodo e come Giovanni Paolo II sia stato il personaggio chiave nell’alimentare la speranza del popolo polacco.
Come ha saputo del crollo del Muro di Berlino?
Il 12 settembre 1989 era nato in Polonia il primo governo non comunista. Quando il Muro è caduto ero ministro di Stato ed era la prima volta che un leader di un paese libero, il cancelliere tedesco Helmut Kohl, era in visita alla Polonia.
Lei era parte di Solidarnosc?
Sì, sono stato il portavoce di Walesa nel periodo della legge marziale. Poi in giugno di quell’anno ci sono state le elezioni dove per prima volta dopo la II Guera Mondiale è stato eletto un primo ministro non comunista. Nella popolazione c’erano ancora i rancori e le divisioni del dopo guerra tra polacchi e tedeschi, ma con il crollo del muro è iniziato un processo di pacificazione tra i due Paesi.
La frontiera tra la Polonia e la Repubblica Democratica Tedesca (RDT) era praticamente chiusa. C’erano due passaporti, quello che permetteva di circolare nell’area comunista e quello per il resto del mondo. Era impossibile ottenere il passaporto per andare nel mondo libero.
Ci sono stati segnali che facevano prevedere il crollo del Muro?
Sì. I controlli di frontiera con la Germania dell’Est (RDT) erano stati allentati e migliaia di persone chiedevano asilo in Polonia. Ero alla Cancelleria per le questioni internazionali e non avevamo alloggi a sufficienza per quelli che chiedevano asilo. Abbiamo informato il cancelliere Kohl della situazione di emergenza che si stava creando. Nonostante le difficoltà il popolo polacco ha accolto i tedeschi che scappavano dalla Germania est. Ancora oggi sono tantissimi i tedeschi che tornano in Polonia per ringraziare di essere stati accolti. La prima porta che si è aperta verso l’occidente é stata la frontiera tra l’Ungheria e l’Austria. Il Muro di Berlino sembrava una frontiera invalicabile. Dalla Polonia si poteva arrivare in Ungheria attraverso la Cecoslovacchia, o in aereo, e da lì si passava in Austria.
C’era qualcuno che immaginava il crollo del muro?
La risposta è categoricamente “no”. Nessuno, neanche il cancelliere Kohl che si trovava in visita ufficiale a Polonia. Appena giunta la notizia ha dovuto sospendere il viaggio per ritornare in Germania. Mi ha detto: Signor ministro, il mio dovere è stare là, mi scuso ma devo ritornare”.
Che cosa ha costretto le autorità comuniste a cedere?
Il governo e la autorità non sapevano cosa dire, i messaggi erano contraddittori, l’impressione è che non c’era più alcuna autorità in grado di fermare la rivolta popolare.
È stata la gente che ha abbattuto il muro?
Senza dubbio, ma non era un movimento organizzato come il nostro in Polonia. Da noi dopo il viaggio papale nel 1979 si era strutturata una opposizione democratica contro il regime, poi c’è stato lo sciopero dei cantieri navali di Danzica. Il regime ha reagito con la repressione imponendo la legge marziale, ma il popolo premeva, così hanno dovuto accettare di dialogare e dopo aver organizzato la Tavola rotonda ci hanno autorizzato a partecipare alle elezioni. Il successo è stato incredibile. Potevamo avere solo il 36 per cento dei posti disponibili, i nostri candidati sono stati eletti nei loro collegi con il 99 per cento di voti favorevoli al Senato e all’Assemblea.
Che ruolo ha avuto Giovanni Paolo II nel crollo dell’Unione Sovietica?
È una storia che ha avuto inizio ancor prima dell’elezione di papa Giovanni Paolo II. Già dopo la Seconda Guerra mondiale la Chiesa cattolica era riconosciuta dal popolo come un alta autorità morale: difendeva le libertà dell’uomo e la libertà religiosa. Wojtyla era molto attivo, alimentava e proteggeva i tanti piccoli gruppi dell’opposizione. Agivano in semiclandestinità perché il regime comunista tentava di controllarli e li minacciava. Con il conclave in cui Wojtyla venne eletto Papa, tutto cambiò. L’elezione di Giovanni Paolo II ci riempì di speranza.
E a questo punto?
Nel 1979 Giovanni Paolo II venne in Polonia. I comunisti erano furiosi, per loro fu quasi impossibile impedire ai polacchi di incontrare il Papa. Hanno fatto l’impossibile per contrastare la visita del Papa. Hanno attivato la censura, hanno aumentato i controlli, hanno provato ogni artificio, ma non sono riusciti a fermare il popolo. Più di un milione di persone sono venute a piedi a Varsavia per assistere alla Messa con il Papa. Lì c’è stato il suo famoso discorso: ‘Lo Spirito Santo scenda sulla terra e la cambi’, non era retorica. E le persone se ne sono accorte, hanno preso coscienza che avrebbero potuto farcela. Hanno visto che con loro c’erano migliaia di altri oppositori del regime. La strategia del regime comunista si basava nell’atomizzazione degli oppositori, ma il popolo dei credenti della Polonia ha sostenuto e alimentato la speranza che le cose sarebbero cambiate.
Dopo il viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia cosa é successo?
Nel 1980 sono iniziati gli scioperi per motivi economici e subito dopo per la dignità della persona. Sono convinto che sia stato un miracolo, perché tecnicamente non avevamo nessuna possibilità di farcela. Alla fine i comunisti hanno accettato la costituzione dei sindacati, che in poco tempo hanno avuto 10 milioni di affiliati. Per evitare che i sovietici invadessero la Polonia, il governo ha introdotto nel 1981 la legge marziale ed ha rotto il dialogo tra governo e sindacati. Così fino al 1988. Malgrado gli sforzi del regime c’è stata una caduta drastica della produzione. Incapaci di affrontare la crisi economica i comunisti hanno ripreso il dialogo con i sindacati fino agli accordi con la Tavola rotonda. A quel punto hanno permesso le elezioni. È stata la loro fine. Ma il punto centrale da dove tutto è partito è stata la speranza alimentata dall’elezione di Giovanni Paolo II.