Vangelo

Mt 25,31-46

Lettura

Il Vangelo di Matteo presenta Gesù come il nuovo Mosè, che porta a compimento l’antica Legge espressa in cinque libri. Il Nuovo Mosè fa cinque grandi discorsi: il discorso della Montagna, il programma del regno; il discorso missionario, i missionari del regno; il discorso delle parabole, i misteri del regno; il discorso comunitario, l’organizzazione dello stesso; il discorso escatologico, il compimento del regno. Le “Beatitudini” sono la porta di accesso del Regno e non a caso la parabola del giudizio finale ci dice cosa dobbiamo fare per prendere parte al Regno.

Meditazione

Gesù, parlando ai suoi discepoli, illustra lo scenario grandioso del giudizio universale, si propone non solo come giudice ma come Figlio dell’uomo in tutto lo splendore della sua divinità. Gli elementi ci sono tutti: il trono, la corte celeste fatta dalla schiera degli angeli, e tutti i popoli radunati per accogliere la sentenza suprema. Si presenta come re e pastore e tutti saranno convocati; egli separerà gli uni dagli altri e porrà chi alla sua destra e chi alla sinistra. È un “non luogo”, ma uno stato d’essere. Il Pastore non condanna ma fa prendere consapevolezza di questo stato d’essere. Il giudizio è un fatto personale, si è giudicati non per l’appartenenza o meno a una classe, ma sulle opere. La sentenza è emessa in due parti, una riguarda i giusti e una gli empi. Sono le sei opere di misericordia ricavate dalla stessa tradizione biblica (Is 58,7; Ez 18,7; Tb 4,16). Attraverso la richiesta di chiarimento, viene sottolineato che Gesù s’identifica con i piccoli, ma non solo, con tutti gli ultimi, e giusti sono tutti coloro che in modo gratuito sono stati capaci di accoglierlo indipendentemente dalla loro appartenenza. Il giudizio di condanna si basa sulle stesse identiche motivazioni: il non agire ha impedito di accogliere e di vedere il Cristo e di conseguenza il Regno. Dalla contestazione del giudizio ricaviamo che queste sono persone che si scandalizzano perché convinte di essere in pace con se stesse, convinte che il loro agire era secondo le regole della religione della decenza, dell’osservanza della purità, essi non si sono mai sporcati le mani, si sono sempre tenuti separati. Ed è proprio questo il motivo della condanna, il non aver agito per non sporcarsi, il tenersi separati perché non li riguardava: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».

Preghiera

Donami, Signore, il coraggio di cercare la tua volontà e di sapermi “sporcare le mani” lungo il mio cammino di conversione a te. Fammi comprendere che seguirti è essere al servizio di coloro che, pur cercandoti, sono più bisognosi.

Agire

Mi adopererò per realizzare, a seconda dei bisogni presenti nella realtà in cui vivo, un’opera di misericordia in modo concreto e continuato.

Meditazione a cura di don Donatello Camilli, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it