"Gesù ci ha aperto il suo regno, ma sta a noi entrarvi, già a partire da questa vita"

Il Papa canonizza sei Beati che hanno scelto di essere “buoni Pastori” e non “mercenari”, nella certezza che, alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore e sulla tenerezza verso i fratelli

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Sono sei i volti che i teli rossi hanno svelato oggi dalla Loggia della Benedizioni della Basilica di San Pietro. Sono i sei Beati che Papa Francesco ha elevato agli onori degli altari, nella Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: Giovanni Antonio Farina; Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia; Ludovico da Casoria; Nicola da Longobardi; Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore; Amato Ronconi.

Sei Santi che, come ha detto il Papa nella sua omelia, “la Chiesa ci pone dinanzi come modelli”, perché “proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno servito, ognuno nel proprio ambito, il regno di Dio e ne sono diventati eredi”.

Nella sua riflessione, Francesco ha fissato poi lo sguardo sulla figura di Gesù come Re dell’Universo, in particolare su come Cristo “ha realizzato il suo regno” attraverso “la vicinanza e la tenerezza verso di noi”. Egli è il Pastore di cui parla il profeta Ezechiele nella prima Lettura della Liturgia di oggi, tutta intessuta di verbi che indicano “la premura e l’amore” verso il suo gregge: “cercare, passare in rassegna, radunare dalla dispersione, condurre al pascolo, far riposare, cercare la pecora perduta, ricondurre quella smarrita, fasciare la ferita, curare la malata, avere cura, pascere”.

Atteggiamenti, questi, divenuti realtà concreta in Gesù Cristo. E quanti nella Chiesa sono chiamati ad essere pastori, non possono discostarsi da questo modello, a meno che – ha detto il Papa – “non vogliamo diventare dei mercenari”. “A questo riguardo – ha avvertito – il popolo di Dio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buoni pastori e distinguerli dai mercenari”.

È bene allora tenere in mente le parole del Vangelo, “la grande parabola del giudizio finale di Matteo 25”, che ci ricorda “che la vicinanza e la tenerezza sono regola di vita anche per noi” e che proprio su questo saremo giudicati.

La salvezza, ha sottolineato infatti il Papa, “non comincia dalla confessione della regalità di Cristo, ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali Lui ha realizzato il Regno”. “Alla sera della vita saremo quindi giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli”, perché chi compie tali opere “dimostra di avere accolto la regalità di Gesù” e di aver “fatto spazio nel suo cuore alla carità di Dio”.

“Da questo – ha insistito Bergoglio – dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà”. “E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella – ha aggiunto -, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo!”.

Tutta la vita dei sei nuovi Santi di oggi era incentrata su questa ‘regola’. “Ciascuno di essi – ha evidenziato il Papa – ha risposto con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo”. Ognuno secondo le proprie possibilità, nella propria epoca, si è dedicato “senza risparmio” al servizio degli ultimi, “assistendo indigenti, ammalati, anziani, pellegrini”. “La loro predilezione per i piccoli e i poveri era il riflesso e la misura dell’amore incondizionato a Dio”; infatti, “hanno cercato e scoperto la carità nella relazione forte e personale con Dio, dalla quale si sprigiona il vero amore per il prossimo”.  

Allora, che i nuovi Santi – è stata la preghiera finale di Francesco – “col loro esempio e la loro intercessione, facciano crescere in noi la gioia di camminare nella via del Vangelo, la decisione di assumerlo come la bussola della nostra vita”. “Seguiamo le loro orme – ha incoraggiato – imitiamo la loro fede e la loro carità”, affinché anche la nostra speranza “si rivesta di immortalità”, senza lasciarci “distrarre da altri interessi terreni e passeggeri”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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