Ricordo perfettamente il momento in cui, al mattino, mia mamma mi vestiva, ancora sonnolento e magari ingrugnito per quella che per me era comunque una levataccia. Senza tanti preamboli, mi alzava di peso per farmi sedere sulla sedia e, in ginocchio davanti a me, mi metteva i calzini.

Operazione spesso laboriosa quella di cercare le mie calze fra quelle degli altri otto fratelli. Alla sera, sbadato, me le levavo lasciandole rovesce sotto il letto. Le prendeva e, prima di infilarmele, le rovesciava…cioè le raddrizzava.

Ogni volta che parlo di rovesciare o raddrizzare le calze ho sempre davanti questa scena della mamma. Infilava la mano fino in fondo al calzino, ne pizzicava  con le dita la punta per riportarlo nella posizione dritta. Sempre fallimentari i tentativi di mio fratellino Vito: non sapeva distinguere il dritto dal rovescio e finiva per rovesciare il calzino dritto.

Udivo spesso zia Rosi che al figlio ribelle ripeteva minacciosa: prima o poi ti raddrizzo io come un calzino. A me pare una vera presunzione quella di voler raddrizzare il prossimo. Solo Dio può farlo, solo lui conosce il nostro dritto e il nostro rovescio. Lui solo sa infilare la sua mano dentro di noi. Lui solo sa quando e come farlo.

Quante volte mi vedo rovescio, quante volte incontro un prossimo da raddrizzare. Ho capito che il prossimo lo posso aiutare amandolo. Quando lo perdono nei suoi rovesci, permetto a Dio di entrare in lui con la sua la mano che, unica, sa convertire.

Ciao da p. Andrea

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