Dopo circa 50 giorni di conflitto, ieri è stato finalmente trovato l’accordo per un cessate il fuoco, a Gaza, tra Israele e Hamas. Una vera e propria vittoria diplomatica dell’Egitto, che ha ospitato i colloqui nella sua capitale Il Cairo. L’annuncio, che è stato dato dal presidente palestinese Abu Mazen, ha suscitato entusiasmo incontrollato per le strade della Striscia: migliaia di palestinesi hanno dato vita a cortei dai quali sono anche partiti colpi di pistole e kalashnikov per salutare l’evento.
Gerusalemme ha confermato le parole di Abu Mazen poco tempo dopo, mantenendo però un profilo di cautela. “È un nuovo testo di tregua egiziano, lo accettiamo come fatto con quelli in passato”, si limitano a commentare fonti vicine al premier Benjamin Netanyahu. Cautela si registra anche oltreoceano: il Dipartimento di Stato Usa, per bocca della sua portavoce Jen Psaki dà “il benvenuto all’intesa auspicando il rispetto dei termini, sperando che il cessate il fuoco sia duraturo”.
Termini dell’accordo che prevedono, secondo fonti egiziane citate da Al Ahram, la “riapertura di tutti i valichi di Gaza” incluso quello di Rafah con l’Egitto che sarà sorvegliato dalle forze dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Israele ha inoltre accettato che nella Striscia possano entrare “aiuti umanitari per la ricostruzione”, oltre alla ripresa della pesca entro 22 chilometri dalla costa. Hamas ha accettato di rinviare di 30 giorni la discussione delle sue maggiori richieste: apertura di porto e aeroporto.
Sempre tra un mese, con sede confermata a Il Cairo, si discuterà anche del disarmo dell’organizzazione islamista e della restituzione dei resti di due soldati israeliani. Molti, in Israele, capeggiati dai ministri dell’Economia e degli Esteri, Naftali Bennet e Avigdor Lieberman, definiscono l’accordo “una resa al terrorismo” da parte dell’Esecutivo israeliano. Finora il conflitto ha provocato 2.143 morti palestinesi e 70 israeliani, oltre alla devastazione della Striscia di Gaza.