-Qual è il vostro lavoro?

-E’ l’amore reciproco.

-Veniamo a visitarvi per vedere i frutti del vostro lavoro…

Gli operai sono pochi, la messe è molta. Il nostro lavoro non ha i frutti che possono produrre le nostre mani, non ha i risultati delle nostre capacità, non giova l’apparente abilità dei nostri vent’anni.

I frutti veri, preziosi per la chiesa e per l’umanità arrivano da un lavoro che sfugge al controllo dell’occhio profano; il nostro lavoro ha come base, come accompagnamento e sviluppo soltanto l’amore: prima di tutto ci sia tra voi la carità.

Senza la carità nulla ha valore…anche se dessi il mio corpo alle fiamme, se sbocconcellassi tutto il mio pane ai poveri, se non ho l’amore sarebbe un lavoro vano e ciò che raccolgo non gioverebbe né a me, né al prossimo.

In questo lavoro umano-divino non si teme nè debolezza fisica, né fragilità, né vecchiaia… persevera nel sonno come nella veglia. In comunione col prossimo, sia che mangiate, sia che beviate, sia che lavoriate, sia che riposiate, il frutto è garantito dalla presenza dell’Onnipotente.

Cosa fate voi in convento, cosa fate voi in chiesa, cosa fate voi che salmeggiate il giorno e la notte? Assolvete l’unico diritto-dovere proprio della vostra e di ogni vocazione: l’amore reciproco, tanto da essere ritenuti i veri benefattori dell’umanità.

Chi vi incontra, chi viene a respirare tra voi, non s’accorge di voi, ma gode della presenza di Gesù, frutto santo del vostro lavoro.

Ciao da p. Andrea

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