“Prof, si ricorda quando in classe le ho detto che mi ero stufata di sentir parlare di Gesù? La motivazione c’è e le spiego come mai sono così s-fiduciosa su tutto ciò che mi circonda. Quando sono nata, mia madre e mio padre lavoravano senza sosta per garantirmi una vita di felicità e senza problemi economici. Così, crescendo con mia nonna, iniziai a vedere lei come figura materna.
Piano piano, mi accorgevo anche che ero la prima ad entrare all’asilo e l’ultima ad uscirne. Questo spezzava il cuore sia a mio padre che a mia madre, tanto che lei rinunciò al suo lavoro a tempo pieno per occuparsi di me. Iniziò a lavorare solo quattro ore e poi, il resto del giorno, lo spendeva per star con me.
Poi mia madre fu di nuovo incinta e io, a soli quattro anni, non capivo come mai avesse ricominciato ad essere assente. Iniziai di nuovo a trascorrere il tempo con la nonna. Dopo aver avuto un aborto spontaneo, mia madre iniziò ad avere una malattia all’apparato genitale: ancora una volta non poteva stare con me. All’età di sette anni, continuavo a vivere dalla nonna; ma un giorno, di punto in bianco, si sentì male. Corsa al Pronto Soccorso!
Ricordo ancora le parole di mia zia: “Tranquilla stella, la nonna sta bene, uscirà dall’ospedale tra pochi giorni”… ed infatti, dopo venti giorni mia nonna morì di un cancro fulminante, senza nemmeno avere il tempo di salutarmi. Da quel giorno tutto cambiò!
Mia madre impazzì e mio padre non poté fare nulla per fermarla. A undici anni mi mandarono in settimana bianca e, al mio ritorno, non avevo più la villa splendente ma due case e un fottuto foglio di carta che diceva che ogni fine settimana dovevo passarlo con mio padre.
Ora non le sto a spiegare tutti gli altri avvenimenti negativi che mi circondano perché dovrei scrivere un libro. Però sappia prof che se non ci credo è proprio perché tutto ciò che avevo di più bello mi è stato portato via in un attimo”.
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Carissima Giulia,
fin dalle prime lezioni tu mi sei sempre rimasta impressa. Eri intelligente ma ti intestardivi a non studiare più di tanto. Eri sensibile ma facevi del tutto per sembrare distaccata. Seguivi attentamente le mie lezioni ma non volevi darlo a vedere. Avevi un viso bellissimo ma sembravi convinta del contrario. Tutto parlava digrandi meccanismi di difesa. Mi sembrava di vedere un’adorabile porcospino con gli aculei sempre pronti ad uscire, appena qualcuno avesse superato la vicinanza massima consentita.
Giulia, c’è un cosa che ci accomuna tutti: la paura di essere abbandonati, di rimanere soli, senza nessuno che si occupi di noi. Nella tua lettera, in ogni riga, vi ho letto questa paura! Per capire bene la sua origine, bisogna fare un bel salto nel passato (proprio come hai fatto tu) ricostruendo gli abbandoni, i lutti e i momenti in cui ci si è sentiti trascurati o ignorati.
Ma a volte succede un fatto strano: invece di “prendere il toro per le corna”, affrontando la paura e adocchiando le soluzioni, ci difendiamo con tutta una serie di comportamenti malsani, finalizzati ad esorcizzare l’abbandono.
Quali sono questi comportamenti? Gelosia eccessiva, manipolazione, controllo, ricatti morali, annullamento di sé e la perdita di obiettività nei confronti della relazione (per “relazione” intendo sia quella con le persone che quella con Dio).
Carissima Giulia, se iniziamo a ripercorrere le tante situazioni della nostra vita con obiettività, ci rendiamo conto di essere inciampati e di aver continuato, imperterriti, a calpestarci e ri-calpestarci! Abbiamo permesso ad alcune sensazioni di disagio (che vanno dal semplice fastidio all’angoscia forte, fino alla depressione) di distruggerci l’anima, piano piano.
E Dio, da tutto questo discorso, lo vogliamo escludere? Se sei arrabbiata con Dio, allora devi fare i conti con Lui, per liberartene definitivamente. Benvenuta, Giulia, nella lotta spirituale! Uno degli aspetti dominanti della lotta spirituale è la lotta sul piano dei pensieri. Questa battaglia consiste nell’opporre a pensieri che ci turbano, ci spaventano o ci scoraggiano, dei pensieri che possano confortarci e ristabilire in noi la pace.
Togliamo spazio alla rabbia e all’angoscia. Armati di pensieri positivi! Vale a dire quelle solide convinzioni basate sulla fiducia nella vita e in Dio,che nutrono l’intelligenza e fortificano il cuore nel momento della prova. Ricordati sempre che tutte le ragioni che ci fanno perdere la pace sono sempre delle cattive ragioni.
Questa convinzione non può certo basarsi su considerazioni umane, ma su una Parola: « Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la da il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore » (Gv 14,27).
Se cerchiamo la pace come la da il mondo, cioè se ci aspettiamo la pace con i criteri umani che la fanno dipendere dal buon andamento delle cose, sicuramente non saremo mai in pace, oppure la nostra pace sarà estremamente fragile e di breve durata.
«Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). In Gesù possiamo sempre dimorare nella pace, perché egli ha vinto il mondo, ha vinto ogni male e peccato, perché è resuscitato dai morti. Dunque «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi» (Rm 8,31).
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