«In questo momento drammatico non mi rivolgo soltanto ai fedeli ma a tutti gli uomini di buona volontà, affinché ci aiutino a tenere la Crimea lontana dall’estremismo e non permettano che si spezzi la fratellanza tra le genti della penisola». È l’appello accorato inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da monsignor Jacek Pyl, vescovo ausiliare della diocesi cattolica di Odessa-Simferopoli.
ACS ha risposto alla richiesta con un contributo straordinario di 60mila euro, che sarà devoluto alla diocesi di Crimea ed all’arcidiocesi di Kiev, per garantire assistenza medica e psicologica e sostenere le spese di viaggio dei cappellani militari che viaggiano tra la capitale ucraina e la penisola. «In Crimea – continua monsignor Pyl – vivono ucraini, russi, tatari, armeni, polacchi, tedeschi e cechi. E per molti secoli hanno convissuto pacificamente ortodossi, cattolici, musulmani, ebrei e fedeli di altre denominazioni. Non lasciamo che le nostre appartenenze etniche o religiose ci dividano. Siamo tutti figli di uno stesso Padre».
Il 17 marzo scorso Aiuto alla Chiesa che Soffre ha organizzato un incontro tra due esponenti della Chiesa greco-cattolica ucraina e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. L’iniziativa è stata promossa nell’ambito della collaborazione tra Unione europea e Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha visto svolgersi a Bruxelles altri colloqui tra le istituzioni Ue e alcuni testimoni delle Chiese in difficoltà, quali quelle di Pakistan, Egitto e Siria.
A raccontare il difficile momento ucraino ai vertici dell’Ue sono stati monsignor Borys Gudziak, vescovo dell'eparchia ucraina di San Volodymyr a Parigi, ed il professor Myroslav Marynovych, vicerettore dell’Università cattolica di Leopoli. «In questi giorni di importanti decisioni politiche – ha detto monsignor Gudziak – vogliamo che l’Europa sappia che l’Ucraina è la migliore garanzia per la pace e la prosperità in Europa». Il presule ha definito «storico» il cambiamento avvenuto in seno alla società ucraina. «La paura si è trasformata in dignità. La resistenza al regime di Yanukovych ha suscitato negli ucraini un forte senso di dignità e l’invasione della Crimea sta risvegliando in loro un profondo sentimento di identità nazionale».
Il professor Marynovych, in passato detenuto in un gulag sovietico, ha notato che il movimento Maidan non è nato dal desiderio di vedere «volti nuovi a capo di un regime quasi sovietico», ma dalla profonda aspirazione per una vera democrazia, di stampo europeo. «I giovani ucraini si sono battuti per quegli stessi principi sui quali l’Europa è stata fondata. Quale sarà la risposta dell’Europa al loro martirio?»