Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" (Prima parte)

Ricordando il Servo di Dio e fu arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 sull’altare mentre celebrava l’Eucaristia

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In occasione della XXII giornata di preghiera e di digiuno istituita da Giovanni Paolo II per ricordare i missionari martiri, la figura di mons. Romero risulta quanto mai di richiamo e di attualità. Fissata in questo giorno in cui è avvenuto il martirio di mons. Romero, la “giornata” è un invito pressante a far memoria di tutti coloro che hanno accettato di vivere la suprema offerta della propria vita per la fede.

Per ricordare la forza della parola di mons. Romero abbiamo chiesto al prof. Manlio Sodi di mettere a disposizione di tutti i lettori di Zenit una breve ma preziosa “voce” apparsa nel Dizionario di Omiletica, edito per la terza volta in questi giorni dalle editrici Elle Di Ci e Velar.

Il contributo fu stilato da mons. Gregorio Rosa Chávez, attuale ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi di San Salvador, dove il 24 marzo 1980 mons. Romero fu ucciso durante la celebrazione dell’Eucaristia. Non si tratta di un missionario, certo, ma di un pastore che ha vissuto il suo ministero usque ad mortem, e la cui “voce” grida ancora a favore della giustizia e contro ogni forma di oppressione.

1. Profilo biografico

Dati generali. Mons. Oscar Arnulfo Romero era nato il 15 agosto 1917 a Ciudad Barrios, diocesi di San Miguel, a nord est di El Salvador. Fu ordinato sacerdote a Roma, il 4 aprile 1942; ricevette l’ordinazione episcopale il 21 giugno 1970. Abbondano le testimonianze che mettono in rilievo il suo spirito di preghiera e di umiltà, il suo distacco dalle cose e il suo amore per i poveri. Dopo aver servito la Chiesa come vescovo ausiliare di San Salvador, succedette al primo vescovo di Santiago de Maria, diocesi che governò per poco più di due anni (dicembre 1974 – febbraio 1977). Il 22 febbraio 1977 prese possesso dell’arcidiocesi di San Sal­vador, in un ambiente sociale e politico estremamente convulso. Morì assassinato nella cappella dell’ospedale oncologico “La Divina Provvidenza”, mentre, dopo aver terminato di pronunciare l’omelia in una Messa offerta per la madre di un giornalista, si preparava a offrire il pane e il vino. Un mese prima, nel corso degli esercizi spirituali che fece con diversi sacerdoti, nel venire informato che la sua vita correva pericolo, scrisse: “Un altro timore riguarda il rischio che corre la mia vita. Mi costa caro l’accettare una morte violenta, che in queste circostanze è molto possibile. Persino il Signor Nunzio di Costa Rica mi ha avvisato di pericoli imminenti per questa settimana” (Appunti del 25 febbraio 1980). Di fronte al pericolo imminente, Mons. Romero fa l’offerta cosciente della propria vita: “La mia disposizione deve essere quella di dare la vita per Dio, qualunque sia la fine della mia vita. Le circostanze, sconosciute, si vivranno con la grazia di Dio. Egli assistette i martiri e, se necessario, lo sentirò molto vicino nel consegnargli il mio ultimo respiro. Però, di molto più valore che non il momento di morire è consegnargli tutta la mia vita e vivere per Lui” (ib.).

Conversione o evoluzione? Si è diffusa ampiamente l’idea che Mons. Romero si sia “convertito” ai poveri dopo l’assassinio del suo amico, il gesuita Rutilio Grande, occorso appena tre settimane dopo l’arrivo del novello arcivescovo alla sede di San Salvador. Questa è la tesi di uno dei suoi biografi (J.R. Brockman, La palabra queda. Vida de Monseñor Oscar A. Romero, San Salvador 1985), sostenuta anche nel film “Romero”, in cui la figura del vescovo era impersonata dall’attore portoricano Raul Julia. Questa opinione non è condivisa da chi ha studiato più a fondo la sua vita e la sua dottrina (J. Delgado, Oscar A. Romero. Biografia, Madrid 1986) né da molti dei principali collaboratori e amici di Mons. Romero, incluso il suo successore Mons. Arturo Rivera y Damas. Un’opera recente (Z. Diez – J. Macho, “En Santiago de Maria me topé con la miseria”. Dos años de la vida de Monseñor Romero, San Salvador 1995) cerca di dimostrare che la “conversione” di Mons. Romero iniziò nella diocesi di Santiago de Maria, quando scoprì la violenza brutale che schiaccia i contadini e la miseria che soffrono i poveri. Il vescovo attuale di Santiago de Maria – alla fine di un corso su Puebla realizzato a Medellin – dà testimonianza della sua sorpresa: “Quando ritornai da Medellin lo incontrai molto cambiato. Ora si poteva parlare con lui dei problemi politici e sociali del paese” (o.c., VII). Forse sarebbe più adatto affermare che in Mons. Romero non si ebbe propriamente una “conversione” ma una “evoluzione”, come disse egli stesso all’autore di questo profilo quando gli pose espressamente la domanda in una intervista radiofonica. Una “evoluzione” nata da una passione che segnò sempre la vita dell’arcivescovo: scoprire i cammini di Dio e rispondere generosamente alle sue chiamate. È l'”evoluzione” naturale di chi vive in permanente “conversione”, in totale apertura a Dio e ai fratelli.

Il suo Diario. Per entrare nell’anima di Mons. Romero possiamo contare su uno strumento provvidenziale: il suo Diario personale. Lo pubblicò l’arcivescovo di San Salvador, nel febbraio 1990 (Su Diario, Arzobispado de San Salvador, 1990). In realtà Mons. Romero non scrisse il suo Diario, ma lo incise, notte dopo notte, su nastro magnetico. Vi narra, in serrata cronaca, alcune delle sue attività quotidiane, e commenta la vita della Chiesa e del paese. Sono, in totale, trenta audiocassette che raccolgono i due ultimi anni del suo ministero (dal 31 marzo 1978 al 20 marzo 1980). Questa è la fonte più sicura e affidabile per sapere chi era e cosa pensava il terzo arcivescovo di San Salvador. Esistono traduzioni del Diario in italiano (Oscar Arnulfo Romero, Diario, Ed. La Meridiana, Palermo-Molfetta 1991) e inglese (Archbishop Oscar Romero, A Shepherd’s Diary, St. Anthony Messenger Press, Cincinnati-Ohio, Novalis-Montreal 1993); si deve aggiungere anche una selezione di testi in francese e tedesco (Oscar Romero, L’amour vainqueur. Testi scelti da James R. Brockman, Ed. du Cerf, Paris 1990; Journal de Oscar Romero, Ed. Karthala, Paris 1992; Oscar A. Romero, In meiner Bedrängnis, a cura di E.L. Stehle, Ed. Herder, Freiburg-Basel-Wien 1993). Per il nostro tema è particolarmente importante ciò che in questa opera postuma si riferisce al ministero della predicazione. Ci sono frequenti riferimenti all’omelia domenicale – che a volte dura più di un’ora – la quale, dopo aver spiegato il messaggio biblico, illumina, a partire dalla parola di Dio, la dolorosa storia del paese. 

(La seconda parte segue domani, lunedì 24 marzo)

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ZENIT Staff

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