Questa settimana padre padre McNamara risponde ad una domanda di un lettore statunitense.
E’ consentito saltare la preghiera dei fedeli nella Messa quotidiana o durante un funerale? Inoltre, è consentito scambiare il segno della pace prima dell’offertorio? — J.R., San Antonio, Texas (USA)
Reintroducendo la Preghiera Universale nella liturgia, il Concilio Vaticano II ha affermato al n° 53 della Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium (1963) quanto segue:
“Dopo il Vangelo e l’omelia, specialmente la domenica e le feste di precetto, sia ripristinata la «orazione comune» detta anche «dei fedeli», in modo che, con la partecipazione del popolo, si facciano speciali preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.”
Due anni dopo, cioè nel 1965, è stata presentata la seguente domanda alla Santa Sede: “Nelle Messe celebrate con il popolo, la preghiera dei fedeli è obbligatoria nei giorni feriali?”
La risposta laconica fornita dal Vaticano era: “Non è un obbligo nei giorni feriali.” Successivamente ha confermato ed ampliato la sua risposta in altri documenti, con riferimento particolare al documento Sacrosanctum Concilium.
Perciò, anche se la preghiera dei fedeli può essere praticata con profitto su una base quotidiana, è obbligatoria solo la domenica e nei giorni di precetto.
È interessante notare, tuttavia , che i documenti più recenti non fanno alcuna distinzione tra giorni festivi e giorni feriali ma semplicemente descrivono solo la struttura della preghiera. Questo permette l’utilizzo in tutti i momenti appropriati, senza fissare un obbligo.
Così l’Ordinamento Generale del Messale Romano dice nei n° 69-71:
“69.Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo, risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede e, esercitando il proprio sacerdozio battesimale, offre a Dio preghiere per la salvezza di tutti. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.
“70.La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:
a) per le necessità della Chiesa;
b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo;
c) per quelli che si trovano in difficoltà;
d) per la comunità locale.
Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie, la successione delle intenzioni può essere adattata alla circostanza particolare.
“71.Spetta al sacerdote celebrante guidare la preghiera. Egli la introduce con una breve monizione, per invitare i fedeli a pregare, e la conclude con un’orazione. Le intenzioni che vengono proposte siano sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di tutta la comunità.
Le intenzioni si leggono dall’ambone o da altro luogo conveniente, da parte del diacono o del cantore o del lettore o da un fedele laico.
Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola intenzione, oppure pregando in silenzio.”
Per quanto riguarda le Messe per i defunti lo stesso documento afferma:
“385.Nell’ordinare e scegliere le parti variabili della Messa per i defunti (come le orazioni, le letture, la preghiera universale), specialmente nella Messa esequiale, si tengano presenti, come è giusto, gli aspetti pastorali che interessano il defunto, la sua famiglia e i presenti.
“Inoltre i pastori d’anime abbiano un riguardo speciale per coloro che in occasione del funerale assistono alla celebrazione liturgica o ascoltano la proclamazione del Vangelo, siano essi acattolici o cattolici che non partecipano mai o quasi mai all’Eucaristia, o che sembrano aver perduto la fede; i sacerdoti sono per tutti i ministri del Vangelo di Cristo.”
Questo significa che anche se è consentito omettere la preghiera dei fedeli nelle esequie, bisogna pienamente prendere in considerazione lenecessità pastorali delle persone in lutto prima di prendere una tale decisione.
Per quanto riguarda la seconda domanda del nostro lettore, l’istruzione Redemptionis Sacramentum della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti afferma al n° 71:
“Si mantenga l’uso del Rito romano di scambiare la pace prima della santa Comunione, come stabilito nel Rito della Messa. Secondo la tradizione del Rito romano, infatti, questo uso non ha connotazione né di riconciliazione né di remissione dei peccati, ma piuttosto la funzione di manifestare pace, comunione e carità prima di ricevere la Santissima Eucaristia. È, invece, l’atto penitenziale da eseguire all’inizio della Messa, in particolare secondo la sua prima forma, ad avere carattere di riconciliazione tra i fratelli.”
Anche dopo questo documento, e in modo particolare durante il Sinodo sull’Eucaristia del 2005, la possibilità di spostare il segno della pace è stata al centro di accesi dibattiti. Alla fine i vescovi hanno semplicemente chiesto di svolgere ulteriori studi.
Da quello che ho arguito, uno studio approfondito è stato realizzato ma con risultati inconcludenti. In generale si può dire che gli esperti liturgici opposti ad una modifica della pratica e i vescovi del mondo erano divisi. Nessuna decisione ufficiale è stata presa fino ad oggi.
La maggiore difficoltà di tale cambiamento, a mio parere, ce lo indica l’istruzione Redemptionis Sacramentum. Spostare infatti il segno della pace cambierebbe il significato del rito stesso, spostandosi dalla pace che viene da Cristo sull’altare verso un significato di riconciliazione o remissione dei peccati.
Ma facendo questo, che senso allora avrebbe ancora l’atto di riconciliazione all’inizio della Messa? Non è che dobbiamo riconciliarci con i fratelli al fine di partecipare sia alla mensa della Parola che alla mensa dell’Eucaristia?
E’ vero che alcune liturgie orientali hanno il rito della pace nel contesto dell’offertorio. Ma in questi riti il pane e il vino sono già stati preparati solennemente prima della celebrazione, facendo sì che il significato di condividere la pace di Cristo è simile a quello del rito romano.
Il rito ambrosiano utilizzato nella diocesi di Milano ha anche lo scambio della pace all’offertorio, ma questo è relativamente nuovo anche per questo rito.
Alcuni gruppi cattolici hanno anche ottenuto dalla Santa Sede l’autorizzazione per tale modifica nel contesto di un particolare iter spirituale che non necessariamente si applica a tutti.
Pertanto, tranne nei casi specifici in cui la Santa Sede ha concesso una dispensa, non è consentito cambiare il momento del segno della pace.
E’ invece sempre consentito saltare lo scambio della pace, dato che si tratta di un rito facoltativo e non obbligatorio.
[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]***
I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.