Gli auguri natalizi che molti si scambiano rischiano a volte di essere una formula stereotipata di gioia per la festa e l’occasione per le molte manifestazioni di consumismo, di sprechi e di egoismi goderecci. La dissacrazione del Natale nella società moderna provoca noi cristiani all’impegno di salvare il Natale del Signore Gesù, la più cara e gioiosa delle feste cristiane.
Nella cupola celeste sopra la stalla di Betlemme gli angeli cantavano: “Gloria a Dio nell’altro dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Gesù è venuto a portare la pace nelle famiglie e nel mondo, la speranza in un futuro migliore e la gioia di vivere perché il Figlio di Dio si è fatto uomo per liberarci dal peccato e dalla morte eterna. Il Natale è un messaggio di pace e la pace viene solo dalla carità, dal perdono, dalla solidarietà con i più poveri o meno fortunati di noi.
Rivelandoci il volto di Dio, Gesù ha portato la vera ed unica Rivoluzione nella storia dell’umanità: la rivoluzione dell’Amore. La storia dell’umanità si divide in due parti: prima e dopo Cristo. Prima di Cristo l’umanità viveva sotto il segno dell’egoismo, della violenza, della Legge del più forte. Dopo di Cristo, attraverso il suo esempio e la sua grazia, l’uomo ha incominciato a cambiare in meglio e siamo giunti, duemila anni dopo, alla Carta dei Diritti dell’Uomo dell’Onu, firmata da quasi tutte le nazioni e all’Unione Europea fra 27 nazioni che non si fanno più la guerra ma avanzano, sia pur faticosamente, verso la fraternità e solidarietà continentale.
Gesù cambia il cuore dell’uomo a poco a poco, con il precetto dell’Amore: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, questa la vera Rivoluzione che dobbiamo tutti compiere per vivere nella gioia e nella pace. La forza che cambia il mondo è l’Amore di Dio e l’Amore dell’uomo per l’uomo. Questo, cari amici lettori, l’augurio che ci facciamo, che possiamo sperimentare nella nostra vita l’Amore di Dio e del prossimo vicino e lontano.
Ecco una bella storia natalizia, quella di un grande amico, Enrico Brambilla, padre di famiglia con quattro figli (Laura, Sara, Andrea ed Elena) e l’eroica moglie signora Maria. Enrico è morto la notte di Natale di dieci anni fa a soli 58 anni, dopo una vita spesa tutta per gli altri secondo l’esempio di Gesù. Figlio di una famiglia profondamente cattolica con cinque figli, Enrico da giovane lavora da falegname, poi da disegnatore tecnico e nel 1963 entra nel seminario del Pime per le “vocazioni adulte” (aveva 19 anni), fino al 1970 quando, terminati gli studi di liceo e filosofia, capisce che quella non è la sua via.
Tornato in famiglia, terminato il servizio militare fra gli Alpini, nel gennaio 1972 viene assunto dalla ditta del cognato Nereo Dall’Armi come impiegato tecnico e lavora fino al 2001, un anno prima della morte prematura, la Notte santa del Natale 2002..
Il 14 dicembre scorso a Gorgonzola (Mi), nell’Auditorium comunale si è celebrato il decennio della morte di Enrico Brambilla (1944 – 2002), che nel 1972 entra nel gruppo locale di Mani Tese, fondato nel 1968 da Gabriele Maria Panfili, lo dirige per quarant’anni e con la sua dedizione e il suo carisma organizzativo lo rende una delle istituzioni caritative più importanti della cittadina lombarda di 20.000 abitanti. Non solo, ma Mani Tese di Gorgonzola, per le sue iniziative e la sua efficienza, è il modello e punto di riferimento per tanti altri gruppi dell’Associazione sparsi in tutta Italia.
Il 14 dicembre, in una notte di neve di gelo sottozero, a ricordare Enrico nella grande sala a Gorgonzola c’erano 140-150 persone, parecchie in piedi, altre non si sono fermate perché non c’era letteralmente spazio. Sono stato invitato come uno dei fondatori di Mani Tese a Milano nel marzo 1964, con altri due missionari del Pime e alcuni laici amici dell’Istituto.
Ho detto che Enrico Brambilla era un uomo di pace perché amava davvero Dio e il prossimo, disposto a sacrificare se stesso. Ha dato la vita per gli altri, la sua famiglia e il prossimo più povero e abbandonato; non solo i popoli dei paesi poveri, ma anche per i poveri più vicini della nostra Italia. Non si spiega altrimenti il fatto che, dieci anni dopo la morte, Enrico Brambilla sia ancora così tanto ricordato, amato, celebrato e anche invocato come ispiratore e protettore delle opere di bene.
Con altri amici, abbiamo presentato il libro “L’Enrico di Mani Tese” (pag. 154) pubblicato da Mani Tese di Gorgonzola, che contiene 78 testimonianze concordi e commoventi sul gigante di fede e di bontà che era Enrico Brambilla. La signora Daniela Lovati, che ha curato la redazione e la stampa del volume, ha dovuto smettere di interrogare altri testimoni per rimanere nello spazio concordato. Ecco alcuni ricordi di questo caro a indimenticabile amico “natalizio”, che è nato alla vita eterna la stessa notte santa in cui Gesù nasceva alla vita terrena nella stalla di Betlemme.
Nereo Dall’Armi dice: “Ho avuto la fortuna di avere Enrico come cognato e stretto collaboratore nella mia azienda dal 1972 al 2001 quando è andato in pensione. Che dire di lui? Tutto il bene possibile. Mai uno screzio , mai un diverbio. Ricordo la sua bontà, la sua lealtà. la sua affidabilità. La sua onestà era unica”.
Il prete dell’oratorio don Giuseppe Huonder ricorda: ”La sua dote particolare era la grande disponibilità a mettersi al servizio degli altri senza alcuna distinzione. Dove c’era un’opera buona da compiere, lui c’era sempre… Il messaggio che Enrico ci lancia dal cielo è quello di tener viva la passione missionaria nella quale lui ha creduto e di continuare a fare della parrocchia di Gorgonzola un avamposto dello spirito missionario che lui ci ha lasciato”.
Don Ambrogio Villa, il parroco attuale di Gorgonzola che non ha conosciuto Enrico, mi dice: “E’ stato un vero evangelizzatore con la sua stessa vita di totale dedizione al prossimo e la sua parola di cristiano convinto. La sua memoria è stata conservata fino ad oggi”.
[La seconda parte verrà pubblicata domani, domenica 30 dicembre 2012]