Nel giorno di Natale, Benedetto XVI ci ha esortato a considerare «la gerarchia di valore con cui fare le scelte più importanti». Nella nostra vita siamo infatti spesso guidati da miraggi e chimere di felicità che si oppongono alla dignità e al coraggio delle decisioni definitive.

L’amore, comandamento supremo, è oggi fortemente attaccato dal clima individualistico di una società all’insegna dell’egoismo, che spinge a demolire l’impegno di un rapporto tra persone autentico, vero e maturo. E sono soprattutto i giovani ad essere posti di fronte a questa sfida decisiva: la scelta tra una progettualità ricca di gioia, ma anche di sacrificio, o l’incertezza affettiva, rappresentata più che mai dalle convivenze e dalla loro congenita precarietà.

Quotidiani e mass media esaltano a tutte le ore la convenienza di vivere “liberi”, senza legami, senza vincoli affettivi... È ora di farla finita con questo imbroglio con cui stiamo condannando il nostro presente e il nostro futuro! Non è vero che la libertà, concepita in realtà come l’egoismo elevato a potenza, ci rende felici; non è vero che la novità nelle relazioni “a scadenza” realizza l’umano; non è vero che la fedeltà in un rapporto è un accessorio opzionale e antiquato.

È ora di finirla di restare inermi di fronte alla falsa “educazione” (!) che la nostra società secolarizzata continua a trasmettere, soprattutto ai nostri ragazzi, privati, a volte già da piccoli, della speranza che l’amore sia invece una questione seria e duratura, come il nostro cuore con lealtà ci suggerisce, perché creato con questo intimo desiderio di infinito.

Guardiamoli in faccia questi giovani - e meno giovani - che si buttano tra una passione e l’altra, seguendo le mode e i consigli dei burattinai delle campagne pubblicitarie: hanno lo sguardo triste, annoiato, apatico. «Ma si divertono»: è l’impressione che solo degli occhi superficiali possono dare.

Ho scrutato invece negli occhi dei miei nonni che hanno da poco festeggiato i loro sessant’anni di matrimonio, provando ad immaginare la condivisione delle sofferenze, i momenti di stanchezza e di sconforto, la cura quotidiana e vicendevole: tra le rughe ho scoperto la quiete e la gioia di un amore vissuto, inscritto in modo indelebile nei loro volti, carichi di una quiete che è frutto del dono di sé, di due persone non eroiche ma vere, che hanno accettato con umiltà di imparare l’amore. Non è al passo coi tempi? Ma la moda passa, mentre l’amore è eterno. È qui la sfida.