Riportiamo di seguito l’omelia pronunciata dal patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, durante la Santa Messa della notte di Natale 2012, celebrata lunedì 24 dicembre a mezzanotte nella Basilica di San Marco.
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La prima lettura – tratta dal libro del libro del profeta Isaia – ci ha presentato il commovente inno messianico dell’Emmanuele. Il testo si trova nella prima parte del libro di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse… Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio…” (Is. 9, 1.5).
Il Natale qui è presentato come una luce che illumina quanti camminano nell’oscurità della notte, una luce che riscalda e guida. Una grande luce che erompe da una piccola fiamma. Questa piccola fiamma, duemila anni fa, è stata donata agli uomini perché la custodissero dalla forza del vento gelido e della pioggia battente dell’incredulità che, continuamente, cercano di spegnerla.
Maria e Giuseppe ne furono i primi attenti, fedeli e generosissimi custodi. Dopo Maria e Giuseppe, le generazioni di discepoli che si sono succedute hanno custodito questa piccola fiamma; ora tocca a noi. Il compito non è facile: dobbiamo, infatti, tenerla viva in un tempo, il nostro, fortemente secolarizzato e scristianizzato. Un tempo segnato da una diffusa mentalità individualista e relativista. Bisogna che la piccola fiamma del Natale – ossia Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi – non si spenga e continui a rischiarare e a riscaldare il mondo.
La vera cifra del Natale consiste nell’essere questa novità assoluta. A Betlemme, infatti, non si dà solo la nascita di un bambino, evento che – sul proscenio della storia – costituisce qualcosa di esclusivo, di irripetibile; ogni nascita, infatti, rappresenta un evento unico.
Ma se la notte di Natale si fermasse qui e comportasse solamente una delle tante venute a questo mondo, allora, subito si dovrebbe metter in conto che anche questo bambino ineluttabilmente – come per gli altri – presenterà in sé i segni dell’invecchiamento: gli anni che passano e fanno sentire il loro peso. Infine, se questo bambino fosse solo uno dei tanti bambini, diventando adulto, col passare del tempo, inizierebbe l’inarrestabile cammino che lo conduce alla morte. Come per gli altri, anche questo bambino, farebbe molto presto l’esperienza di un altro invecchiamento, quello morale, ossia l’esperienza del male, della colpa, del peccato.
In tal modo, alla fine, anche questa coinciderebbe con una delle tante nascite della storia, una delle tante venute al mondo per cui tutto, poi, è destinato a ripiegarsi su se stesso. Invece, la novità assoluta del Natale – il bimbo di Betlemme – consiste nel fatto che questa nascita riguarda la stessa umanità della persona dell’unigenito Figlio del Padre che sta nei cieli.
Il Bambino Gesù, quindi, porta in sé una vera novità; anzi Lui, nella sua persona, è la novità assoluta che lo colloca in una posizione veramente unica poiché in Lui si realizza la presenza di Dio come in nessun altro prima di Lui è stato e dopo di Lui sarà.
Il Natale, certamente, si lega al clima d’incanto della notte di Betlemme in cui i poveri e gli esclusi del tempo – i pastori – sono invitati alla grotta. Tutto questo dice, in modo eloquente, che quando si è realmente grandi, non si ha bisogno – attorno a sé – di persone famose o di apparati altisonanti poiché chi già possiede – anzi chi è – la stessa grandezza non ha bisogno di riceverla da altri.
Il Natale cristiano – e non la sua lettura distorta in senso consumista o umanista – deve tener conto non solo della venuta al mondo di un bambino ma – e questo è l’essenziale – di chi è quel bambino: Dio che si fa uomo, il Dio con noi, il Dio che entra nella storia salvandola. E Dio è l’unico in grado di parlarci, in verità, della salvezza perché è l’unico in grado di donarcela.
Ascoltiamo, allora, di nuovo l’annuncio dell’angelo ai pastori e lasciamoci pervadere dalla gioia di chi realmente crede che nulla è impossibile a Dio: “C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»” (Lc. 2, 8-12).
Auguro un Santo Natale, tutto incentrato sul mistero di Dio che – e non si tratta di una favola o di un modo di dire – realmente si è fatto uomo. Gesù Bambino benedica tutti e sostenga coloro che provano, soprattutto oggi, la fatica del vivere.