5. Questione aperta
Non pretendo qui risolvere questa questione dibattuta. Mi interessa solamente commentare quanto insegna DP sull’adozione prenatale. E penso che, una volta analizzato il testo in dettaglio, come ho tentato di fare, si possa arrivare alla conclusione che la Dichiariazione insegna che l’adozione presenta degli aspetti problematici, senza arrivare alla conclusione che si tratti di una pratica di per sé immorale. Sia che si interpreti il testo in maniera che i “problemi non dissimili da quelli sopra elencati” siano soltanto quelli “di tipo medico, psicologico e giuridico”, sia che venga interpretato in modo che si includano anche problemi di tipo etico, l’Istruzione non afferma che l’adozione prenatale “non è eticamente accettabile” come fa quando si riferisce alle due proposte precedenti.
Qualcuno adduce che l’inciso che riconosce che la proposta dell’adozione è “lodevole nelle intenzioni…” subito prima di affermare che “tuttavia presenta diversi problemi…” sarebbe un modo di affermare che il fine è buono ma non lo è il mezzo. Il testo, però, non lo dice. Dice che il fine è buono e che il mezzo “presenta problemi…”.
L’Istruzione conclude, dopo la revisione delle tre proposte, sottolineando che l’abbandono degli embrioni congelati costituisce una “situazione di ingiustizia di fatto irreparabile”. Non mancha chi interpreta la frase come se affermasse che nessuna delle alternative è moralmente accettabile. Ma non mi pare che sia l’interpretazione corretta. Sugli embrioni è stata commessa una grave ingiustizia, anzi, diversi atti ingiusti: produzione in vitro, congelamento, abbandono. L’ingiustizia è di fatto irreparabile, come lo è l’abbandono di un bambino appena nato. Il male inflitto al bambino, privato per sempre dall’amore dei propri genitori, non può essere ormai riparato. Il che non significa, però, che l’eventuale sua adozione sia ingiusta!
Non mi sembra nemmeno del tutto corretta la posizione di chi dice che, comunque, l’Istruzione si inclina di più verso il no che verso il sì, e che dunque… Quando leggiamo un documento dottrinale proposto dal Magistero non dobbiamo stare a misurare verso quale lato si inclina di più, ma chiederci che cosa insegna e che cosa non insegna il testo.
Come dicevo DP potrebbe perfettamente aver affermato in modo netto e chiaro l’inaccettabilità etica dell’adozione prenatale, adottando ed eventualmente anche esponendo gli argomenti di coloro che sostenevano questa posizione. Ma non lo fa. E mi sembra evidente: non lo fa perché non lo vuole fare. Probabilmente perché non risultano chiaramente convincenti le ragioni di coloro che lo sostengono.
La fedeltà al Magistero della Chiesa ci chiede di non negare quanto esso chiaramente insegna. Ma ci chiede anche di non fargli dire ciò che non dice e di non presentare come suo insegnamento ciò che non insegna.
Penso, dunque, che abbiano ragione coloro che considerano che DP non chiude la discussione etica. Naturalmente, non pretendo io di chiudere la discussione sul fatto se la DP chiude la discussione! A me sembra che l’analisi che abbiamo fatto del testo sia sufficientemente convincente. Sono disposto a cambiare la mia lettura se qualcuno dimostra che è sbagliata.
Certamente non mi sembrano accettabili tentativi come quello di Monica Migliorino Miller in un articolo su un importante settimanale cattolico degli Stati Uniti[i]: per dimostrare che “le posizioni del Vaticano […] non sono così aperte o equivoche come le interpretano gli avvocati dell’adozione embrionale” cita testualmente DP, ma, stranamente riporta il capoverso che l’Istruzione dedica alla seconda proposta, quella di mettere gli embrioni a disposizioni di coppie infertili. In seguito, l’autrice afferma, tranquilla tranquilla, che “il documento vede chiaramente l’adozione embrionale come una forma di procreazione eterologa” e che “ il documento riconosce l’adozione embrionale come una forma di maternità surrogata”. Se questa non è manipolazione del testo magisteriale, si tratta una grossolana distrazione!
Mons. Elio Sgreccia, già Presidente della Pontificia Accademia per la Vita sottolinea, in un suo recente commento alla DP, la problematicità etica dell’adozione, indicando che questa pratica “comporta problematiche etiche legate a un’eventuale gestazione d’un figlio non proprio, per ottenere una nascita priva dei presupposti della genitorialità e dell’amore coniugale[ii].
L’attuale Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Mons. Rino Fisichella ha affermato che DP non chiude la questione. Dice in un’intervista ad una rivista spagnola:
In questo punto io penso che in Dignitas personae non c’è una risposta definitiva, ma solamente un’osservazione […] Nel Documento è bene descritta una doppia posizione. La prima, come rimedio per l’infertilità, riceve una risposta definitiva. Ma nel caso dell’adozione non abbiamo una risposta definitiva[iii].
E annuncia che la prossima Assemblea Generale della stessa Accademia affronterà il tema per approfondirlo meglio.
6. Continuare l’approfondimento
Mi sembra dunque conveniente, se non doveroso, continuare ad approfondire l’argomento. A questo scopo mi permetto qui solamente di fare qualche breve considerazione.
Innanzitutto, mi pare opportuno elencare alcuni elementi che credo siano perfettamente condivisi dagli autori di entrambe le posizioni – tra coloro che aderiscono alla dottrina del Magistero della Chiesa. Penso che questi elementi non possano essere tralasciati nel discernimento su questo delicato problema.
1. Gli embrioni congelati sono, in senso vero e proprio, degli essere umani che hanno il diritto a continuare a vivere come qualunque altro essere umano.
2. Si trovano in una situazione di grave ingiustizia. Ed è un dovere tentare di rendere loro giustizia, «riscattandoli» da quello stato ingiusto e dando loro, almeno, la possibilità di continuare la loro esistenza in una vita umana normale.
3. La situazione in cui si trovano è di una chiara ed unica alternativa: o vengono adottati da una donna che non è la loro madre genetica, o moriranno prima o poi.
4. Il fine non giustifica i mezzi. Se il mezzo per salvare la loro vita – l’adozione prenatale – è “intrinsecamente immorale”[iv], non può essere moralmente approvato.
5. Se invece, non è vero che si tratta di un comportamento intrinsecamente immorale, allora la pratica può essere approvata moralmente. Questo non significa che non ci possano essere dei problemi estrinseci all’atto stesso in base alle quali l’adozione dovrebbe essere evitata e sconsigliata. E comunque bisognerebbe tener presenti tutte le possibili conseguenze negative di questa pratica, facendo vedere che l’adozione degli embrioni abbandonati non nasce dall’approvazione della fecondazione artificiale, il congelamento e l’abbandono degli embrioni (così come l’adozione post-natale non significa che si approvi l’abbandono di bambini).
Coloro che sono contrari all’adozione adducono due tipi di obiezioni[v]. Da una parte presentano delle obiezioni di «moralità intrinseca». Secondo alcuni, il trasferimento di un embrione nell’utero di una donna che non è la propria madre genetica
– È un tipo di «maternità surrogata», offensiva per l’embrione e per la donna.
– In questo atto, la donna «procrea» un essere umano senza che sia il frutto di un atto sponsale col proprio marito. In questo modo viene meno all’impegno fatto nel suo matrimonio di procreare «l’uno attraverso l’altro». Dunque, è un’infedeltà all’impegno matrimoniale.
– Da parte della donna questo atto consiste in un tipo di «atto sessuale» improprio e immorale. Si dice che l’atto sessuale, dal punto di vista della donna, è «una intromissione del tipo che può lasci
arla incinta». Esattamente quanto avviene con il trasferimento dell’embrione nel suo utero. In questo senso è contrario al significato della sua sessualità.
– Comporta, inoltre, la strumentalizzazione del corpo della donna e una riduzione del senso della maternità: si utilizza il corpo e la sua capacità di gestare come mero strumento utile per un fine buono.
– L’intervento di scongelamento degli embrioni, tentativo di trasferimento in utero, gestazione, eccetera, degli embrioni congelati, viene visto da alcuni come un possibile «accanimento terapeutico». Comporta tutta una serie di interventi che vanno al di là delle realistiche aspettative.
Ci sono poi delle obiezioni di carattere «estrinseco», che guardano cioè alle circostanze e alle possibili conseguenze dell’accettazione e della pratica dell’adozione preimpianto. Si pensi, per esempio, al fatto che queste pratiche possono essere viste come giustificazione della fecondazione artificiale, il congelamento e l’abbandono degli embrioni, eccetera. Oppure, all’ulteriore deterioramento che questa pratica può comportare per la comprensione della maternità, la figliolanza, il senso della famiglia, eccetera.
Secondo questi autori – soprattutto se si tratta di atti intrinsecamente immorali, in funzione dell’oggetto – non si deve realizzare l’adozione degli embrioni, in quanto non si deve mai fare un male anche se è per un bene. Il fine, infatti, non giustifica i mezzi. Propongono, dunque, che gli embrioni congelati e abbandonati vengano lasciati morire in pace, ricordando che non è la stessa cosa, dal punto di vista morale, lasciar morire che uccidere[vi].
A queste argomentazioni di carattere intrinseco o estrinseco sono state date molte risposte da parte degli autori che si dichiarano favorevoli, dal punto di vista etico, all’adozione prenatale[vii].
Personalmente – e dopo anni di studio e dibattito – sono dell’idea che nessuno degli argomenti portati per dimostrare l’immoralità intrinseca dell’adozione, è convincente. Innanzitutto si deve distinguere adeguatamente tra l’atto o gli atti che hanno portato alla situazione in cui si trovano gli embrioni (fecondazione artificiale, congelamento, abandono) e l’atto o gli atti che compirebbero coloro che adottassero gli embrioni. Sono soggetti morali che compiono atti con fini e oggetti totalmente diversi. E non si può dire che i secondo comportamento costituisce una forma di collaborazione con il primo (a meno che si programmasse il tutto come due momenti di una stessa decisione.
L’adozione non è una maternità surrogata in senso vero e proprio, come vedevamo prima. La donna che adotta non procrea, perché procreare è dare la vita, cosa che è stata già fatta in laboratorio (e dunque più che una procreazione è stata compiuta una produzione, offensiva della dignità dell’embrione). L’atto del trasferimento degli embrioni non è un atto sessuale, che è molto di più e molto diverso di una mera “intromissione che può lasciare la donna incinta”. Non si può parlare di “accanimento terapeutico” quando si tratta di un intervento che non comporta gravi oneri per il soggetto (in questo caso l’embrione) e invece può offrirgli grandi benefici: niente meno che la possibilità di vivere la propria vita.
Bisognerebbe tener presenti tutte le possibili conseguenze negative di questa pratica, facendo vedere che l’adozione degli embrioni abbandonati non nasce dall’approvazione della fecondazione artificiale, il congelamento e l’abbandono degli embrioni. Così come l’adozione post-natale non significa che si approvi l’abbandono di bambini. Bisognerebbe, dunque, inviare un messaggio chiaro alla società.
In fondo, credo che l’adozione stessa possa essere un messaggio positivo molto forte. Quel messaggio tanto temuto dal Dott. Carlo Flamigni e da molti altri che si oppongono all’adozione prenatale per ragioni del tutto diverse da quelle degli autori fin qui riportati. Flamigni dichiara la sua posizione in maniera plateale, nella postilla che aggiunge al Documento del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla “adozione per la nascita” (2005): “Se si esclude che l’embrione sia persona non è più possibile parlare di adozione, bisogna utilizzare termini diversi, come “donazione”. La sua paura è giustificata: se diciamo che si possono adottare gli embrioni congelati si sta affermando che si tratta di persone; se diciamo che si possono donare si parla di cose. Si dona un rene, si adotta un bambino.
*
NOTE
[i]. M. Migliorino Miller, «Adopting Embryos: Here’s Why Not», in National Catholic Register 24-30 05 (2009) (http://www.ncregister.com/site/article/18195).
[ii]. E. Sgreccia, «Il vicolo cieco del congelamento degli embrioni», in L’Osservatore Romano 08-04 (2009).
[iii]. L. Losada Pescador, «La adopción embrionaria no es un asunto resuelto», in ALBA 10-16 abril 2009, 17.
[iv]. Si intende come tale il carattere morale negativo di un atto in funzione del suo “oggetto” (ciò che vuole fare il soggetto col proprio atto).
[v]. Per brevità non citerò le varie fonti bibliografiche relative ad ogni argomento, ma rimando ai testi citati sopra nell’elenco degli autori contrari all’adozione.
[vi]. Si noti che la Istruzione non prende in considerazione questa alternativa nella sua analisi delle “proposte” in relazione agli embrioni congelati e abbandonati.
[vii]. Si vedano i testi elencati sopra.
(La prima e la seconda parte sono state pubblicate rispettivamente venerdì 21 e sabato 22 dicembre. L’articolo è stato pubblicato per intero su Studia Bioethica, rivista della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, di Roma)