di Antonio D’Angiò
ROMA, sabato, 22 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Non può considerarsi un caso che questo libro di Franco Bernabè, attuale presidente esecutivo di Telecom Italia dal 2011 (dal 2007 amministratore delegato) abbia avuto la sua idea fondante dopo una conferenza al Festival del Diritto nell’autunno del 2011.
Perché se la trattazione sullo sviluppo del mondo delle telecomunicazioni e di Internet è “magna pars” di questa riflessione, ciò che ne costituisce l’essenza, la struttura intima, sono le idee sulle libertà individuali nei rapporti con la tecnica nel nuovo millennio e di come queste libertà individuali possano essere garantite a tutti i cittadini da istituzioni sovranazionali.
L’opera, dal titolo completo “Libertà vigilata. Privacy, sicurezza e mercato nella rete” edita da Laterza (pagg. 156, € 12) a fine novembre, permette a Bernabè di arrivare ad un pubblico di lettori più vasto degli addetti ai lavori in un anno, il 2012, dove le storie di due aziende che hanno incrociato il suo destino professionale (Eni e Olivetti) hanno celebrato con diverse pubblicazioni, mostre e convegni l’opera di due uomini, non solo d’impresa, quali Enrico Mattei ed Adriano Olivetti.
Bernabè, che tra l’altro, ha ricoperto e ricopre importanti incarichi di natura culturale (prima presidente della Biennale di Venezia e attualmente del MART di Trento e Rovereto) nel solco di quella integrazione con la cultura d’impresa, sviluppa il suo ragionamento su tre direttrici.
La prima, evidenzia le asimmetrie della regolamentazione della privacy e della gestione delle informazioni dei consumatori esistente tra legislazione americana ed europea che permettono, alle imprese d’oltreoceano, di analizzare e conoscere meglio i propri clienti, per poi poter offrire servizi più aderenti ai loro interessi o al business, convogliando in questo modo maggiori introiti pubblicitari.
La seconda, analizza i diversi livelli di investimento sulle Reti di Telecomunicazioni fatti dalle aziende proprietarie della infrastruttura tecnologica rispetto agli Over-the-Top (cioè Facebook, Twitter, Google) che su questa Rete basano i propri servizi, sempre più evoluti, senza però contribuirne alla manutenzione, allo sviluppo ed alla sicurezza.
La terza, si sofferma su “La governance di Internet” e su come “Rifondare Internet” (questi i titoli dei due ultimi capitoli) e descrive come evolvere da una infrastruttura nata solo come sistema di connessione tra poche università, quindi con bassi livelli di sicurezza, ad un sistema ancor più integrato dell’attuale e tecnologicamente più avanzato con standard di sicurezza e qualità maggiori.
Questo da metter poi sotto l’egida in un organismo internazionale (l’Onu?) per garantire parità di accesso (si pensi ai disabili), sicurezza nello scambio delle informazioni (come i servizi finanziari) e tutela delle libertà.
I diritti dei cittadini, lo sviluppo della tecnica, il ruolo delle istituzioni internazionali e come ciò si sposa con un mondo globalizzato, sono tutte tematiche che trovano analogia con alcune riflessioni fatte in momenti di passaggio epocale.
Il Titolo “Libertà vigilata” e l’idea di una governance sovranazionale (in questo caso applicato ad Internet), rimandano ad un classico del pensiero libero, quale “Il manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (scritto durante la seconda guerra mondiale nel carcere sull’isola laziale), in particolare in quel capitolo nel quale si descrive “La Federazione Europea” e cosa si sarebbe dovuto fare per superare l’anarchia internazionale.
Così come il confine tra tecnica e diritti inviolabili dell’uomo rimanda alle pagine conclusive dell’enciclica “Caritas in Veritate” di Papa Ratzinger, pubblicata nel 2009 e quindi già in piena cisi finanziaria, dove si afferma: “La tecnica attrae fortemente l’uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Da qui, l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica.”
Certo, Franco Bernabè è uomo di impresa e basta leggere la sua intervista al Corriere della Sera di domenica 25 novembre, in contemporanea con l’uscita del libro, per legare aspetti di contesto con il business di Telecom Italia.
Ma, per quanto avvenuto in questi anni in cui i concetti di privacy, sicurezza e riservatezza delle informazioni sembrano aver cambiato senso per tutti i cittadini (si pensi al tema delle intercettazioni ed alla loro pubblicazione sui media, non solo in Italia), la frase presente nella introduzione è un monito che Bernabè applica a sé ed alla sua azienda, auspicando che diventi “modus operandi” per tutti: “la salvaguardia della riservatezza della sfera personale rappresenta infatti solo uno degli aspetti in gioco: la posta è molto più alta, ed è la libertà individuale”.