Dottrina sociale, impegno politico e crisi antropologica

I cattivi frutti della secolarizzazione

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di Carmine Tabarro

ROMA, giovedì, 20 dicembre 2012 (ZENIT.org).- La questione antropologica è un tema ormai entrato anche nell’uso corrente della cultura contemporanea e per la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) e’ fondamentale.

La questione antropologica può essere declinata nella sua dimensione specifica e nella sua dimensione ampia.

La sua dimensione specifica trova la genesi quando le tecniche procreative hanno iniziato a manipolare la vita nascente. La vicenda di Luise Brown, la prima bimba nata con fecondazione in vitro. Per la prima volta un essere umano nasceva non concepito nel corpo di una donna. Per la prima volta nella storia dell’uomo, la relazione sessuale tra maschio e femmina è diventata superflua per la generazione di una nuova vita.

Nell’immaginario collettivo oggi bambino potrebbe nascere ed avere fino a sei genitori tra genitori biologici e sociali. Il venir meno della relazione tra dimensione sessuale e concepimento produce la dissoluzione delle relazioni naturali, dando vita ad una società in cui le leggi naturali vengono sostituite con il prodotto di laboratorio.

Un’ulteriore passo nella riflessione sulla questione antropologica riguarda l’ideologia del gender con l’affermazione individualistica di scegliere il proprio genere sessuale: secondo questa ideologia non si nasce più donne e uomini, ma lo si diventa nel corso della vita.

Alcuni vorrebbero creare un mondo dove sarà sempre più facile essere padre senza essere uomo ed essere madre senza essere donna, avere un figlio senza partorirlo, concepirlo da sola senza bisogno dell’uomo, progettare un figlio, contrattare un figlio con una donna fornitrice di utero in affitto, selezionare un figlio.

In altre parole un’anarchia antropologica e disumanizzante con profondi risvolti psichiatrici ancora da studiare.

Il cavallo di Troia per l’affermarsi di questa anarchia, la troviamo nella richiesta del riconoscimento del matrimonio tra omosessuali.

Il tema dei diritti dei conviventi il più delle volte è strumentale. Difatti, non ci sono associazioni che tutelano i diritti delle coppie di fatto eterosessuali. Pertanto il vero bersaglio è quello di aprire la strada al matrimonio omosessuale, vero cambiamento epocale, perché oggi la coppia omosessuale può ambire ad adottare o avere dei figli, pagando uteri e gameti in affitto. Non si tratta nemmeno della questione di diritti degli omosessuali. La questione è molto più profonda: si vuole affermare una società antropologicamente diversa da quella che per millenni abbiamo conosciuto.

Si rischia una società che produce la persona in laboratorio, che ne modifica il sesso nel corso della vita, che sostituisce una entità una volta chiamata famiglia con qualcosa d’altro.

Secondo la DSC, la ragione è stata retrocessa da ambiti che un tempo considerava alla sua portata e si è ridotta ad essere ragione calcolante e misurante. L’ambito della religione e della morale vengono considerati irrazionali, non conoscibili dalla ragione, oppure considerati irrilevanti.

Gli ambiti del matrimonio o della convivenza, della vita o della morte del concepito, del bene o del male sono considerati oggetto di scelte individualistiche. Il mondo dell’irrazionale si è così allargato, cancellando ogni distinzione.

La politica è il luogo dove dovrebbe esercitarsi la ragione pubblica, ma in questo clima sembra che la politica abbia perso la bussola della buona ragione, diventa tecnica e non riesce più a guardare al bene comune, che è un concetto etico. Sparisce il modello del bene comune e prevale l’individualismo dei desideri, delle emozioni, dell’irrazionale.

Del bene comune fa parte la legge morale naturale, ma la ragione individualistica odierna e’ incapace di riconoscerla.

Se queste sono le basi della cultura contemporanea, si comprende come la questione antropologica in realtà è questione teologica. Eliminato il concetto di natura si rompono i residui ponti con il Creatore. Sparita la natura sparisce l’idea stessa di un Creatore, i “cieli si chiudono”. La fede cristiana e con essa la DSC non possono vivere senza la relazione con la natura, perché allora non ci sarebbe più la natura corrotta dal peccato delle origini e non ci sarebbe più bisogno del Salvatore. Il Battesimo non donerebbe più una nuova natura e non costituirebbe più nessuna rinascita. La Grazia non avrebbe più una natura da purificare. Senza natura non c’è più legge morale naturale.

Invece la fede cristiana e la DSC hanno bisogno della famiglia naturale. Tutta la riflessione teologica è incentrato su di essa. Se l’uomo del futuro non dovesse più fare esperienza della famiglia naturale non capirebbe più cosa voglia dire la parola amore, padre, figlio, fratello, parole, senza delle quali non c’è fede cristiana e non c’è umanizzazione.

Purtroppo contro la famiglia naturale riconosciuta come sacramento dalla religione cristiana, è stata condotta una campagna violenta e strumentale. Con il risultato che ormai in alcune regioni italiane i matrimoni civili stanno superando quelli religiosi, in un contesto dove i matrimoni in generale diminuiscono.

Penso a quanto scriveva Karl Marx per demolire la famiglia cristiana: “siccome la base della Sacra Famiglia è la famiglia terrena è quest’ultima che si deve eliminare per eliminare quella”.

Risulta quindi che l’attuale tendenza culturale contraria al matrimonio ed alla famiglia naturale stia creando enormi problemi sociali e tentando di cancellare i fondamenti della fede cristiana.

Davanti a questi esiti disumani la DSC ci invita a riflettere sugli effetti della secolarizzazione e del relativismo. Secolarizzazione e relativismo che portano alla cancellazione di Dio e all’affermazione dell’uomo come idolo dell’Olimpo.

Eliminando il cristianesimo dallo spazio pubblico non si cancella solo la religione ma anche i grandi valori etici legati alla legge morale naturale.

Il relativismo riguarda non più solo le fedi religiose ma anche l’adesione o meno ai principi della legge naturale. La distruzione dei principi che regolano la legge morale naturale, produce a sua volta nuova secolarizzazione religiosa in quanto toglie alla fede cristiana le basi naturali perché possa essere comprensibile e ragionevole, relegandola perciò inevitabilmente nel privato, fuori dall’agone sociale.

E senza natura umana non è nemmeno più possibile percepire la ragionevolezza della fede cristiana.

Ma attenzione perché anche il vissuto della fede nel privato porta all’indebolimento del rapporto con il Signore. La secolarizzazione è un virus che piano piano indebolisce la nostra vita interiore facendoci cedere al dogmatismo relativistico inaridendoci.

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ZENIT Staff

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