L'indifesa potenza di un Bambino vince il rumore delle potenze del mondo

Durante l’Udienza Generale, Benedetto XVI medita sulla capacita di discernimento della volontà di Dio da parte di Maria

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 19 dicembre 2012 (ZENIT.org) – A meno di una settimana dal Santo Natale, papa Benedetto XVI ha incentrato l’Udienza Generale odierna sull’affidamento a Dio di Maria Santissima, a partire dal mistero dell’Annunciazione.

Il termine greco chaîre (“rallegrati”) con cui l’Arcangelo Gabriele si rivolge alla Vergine “sembra un normale saluto, usuale nell’ambito greco, ma questa parola, se letta sullo sfondo della tradizione biblica, acquista un significato molto più profondo”, ha spiegato il Papa.

Si tratta, infatti, di una definizione più volte riscontrabile nella versione greca dell’Antico Testamento (cfr Sof 3,14; Gl 2,21; Zc 9,9; Lam 4,21) e sta a significare un “annuncio di gioia per la venuta del Messia”.

Con questo saluto inizia la Buona Novella e si annuncia “la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina”.

Nella seconda parte del saluto, l’arcangelo dice a Maria: “il Signore è con te”, richiamando la duplice promessa fatta ad Israele, alla figlia di Sion: “Dio verrà come salvatore e prenderà dimora proprio in mezzo al suo popolo, nel grembo della figlia di Sion”. In Maria, quindi, si sta per compiere la promessa della venuta definitiva di Dio.

Maria si è messa totalmente e “senza limiti” nelle mani del Signore, nei confronti del quale, si pone in ascolto, “attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo; è inserita in una storia di fede e di speranza nelle promesse di Dio, che costituisce il tessuto della sua esistenza”.

Come il Patriarca Abramo, anche Maria “si affida con piena fiducia alla parola che le annuncia il messaggero di Dio e diventa modello e madre di tutti i credenti”.

Il Pontefice ha poi sottolineato “l’elemento dell’oscurità” che caratterizza la fede, compresa quella della Madre del Redentore, la quale “vive la gioia dell’Annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione del Figlio, per poter giungere fino alla luce della Risurrezione”.

Ognuno di noi, al pari di Maria, vive un cammino di fede pieno di “momenti di luce” ma anche di “passaggi in cui Dio sembra assente, il suo silenzio pesa nel nostro cuore e la sua volontà non corrisponde alla nostra, a quello che noi vorremmo”.

Aprirsi alla volontà di Dio significa “vivere ogni situazione della vita nella pace e nella certezza della sua fedeltà e del suo amore”, a patto che si riesca ad “uscire da sé stessi e dai propri progetti, perché la Parola di Dio sia la lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni”.

Il Santo Padre si è poi soffermato su un episodio di rilievo nella vita di Gesù, di Maria e di San Giuseppe: il ritrovamento del Bambino nel Tempio (cfr. Lc 1,29). In questa circostanza, Maria deve “rinnovare la fede profonda con cui ha detto «sì» nell’Annunciazione”, accettando che “la precedenza l’abbia il Padre vero e proprio di Gesù; deve saper lasciare libero quel Figlio che ha generato perché segua la sua missione”.

L’obbedienza di Maria alla volontà di Dio si rinnoverà più volte nel corso della sua vita, culminando nel “momento più difficile”: quello della Crocifissione del Figlio.

E tuttavia, come ha potuto Maria mantenere “una fede così salda, anche nelle oscurità, senza perdere la piena fiducia nell’azione di Dio?”. A tal proposito il Papa ha precisato che “Ella rimane turbata ascoltando le parole dell’angelo”, non per un atteggiamento di “paura davanti a ciò che Dio può chiedere” ma per estrema sensibilità alla “vicinanza di Dio”.

Maria, infatti, sa fare discernimento sulla volontà di Dio per lei, “non si ferma ad una prima comprensione superficiale di ciò che avviene nella sua vita, ma sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi” e, alla fine, acquisisce “quella comprensione che solo la fede può garantire”.

La fede di Maria, quindi, risiede soprattutto nell’accettazione dell’azione di Dio, anche quando è al di là della sua umana comprensione, “lasciando che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore”. È proprio in ragione della sua fede che “tutte le generazioni la chiameranno beata”, ha osservato il Papa.

Benedetto XVI ha infine esortato i fedeli a vivere la solennità del Natale, con la medesima “umiltà e obbedienza di fede”. Dio sta per rivelarsi non “nel trionfo e nel potere di un re”, ma “nella povertà di un bambino”. Ed è la fede a dirci che “l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo”.

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ZENIT Staff

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