ROMA, mercoledì, 19 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito l’omelia pronunciata questa mattina dall’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, nella Messa organizzata dall’ASL Roma 3 e da lui presieduta nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia.
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Carissimi confratelli sacerdoti e i religiosi, ed in particolare voi incaricati della cappellania ospedaliera,
Carissimi Direttore dell’ASL Roma 3 e suoi collaboratori, staff medico ed ausiliare
Carissimi ammalati e familiari,
carissimi fratelli e sorelle,
Ringrazio di cuore il Direttore, dott.ssa Maria Sabia, per avermi invitato a presiedere questa Santa Messa in preparazione al Natale, invito che ho accolto con entusiasmo come Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari perché sono contento di poterla celebrare qui, con tutti voi, carissimi amici.
GIOIA PER LA GRATUITÀ DI DIO
“O Germoglio di Iesse,.. vieni a liberarci, non tardare!”
Siamo ormai vicinissimi al Natale e, a partire da oggi, le letture ci presentano ogni giorno parallelismi e contrasti evidenti, per guidarci alla comprensione dei piani di Dio. Le letture odierne ci presentano il caso di due donne, sterili, ma in favore delle quali Dio interviene e compie il miracolo di renderle feconde. Si tratta dell’annuncio della nascita di Sansone e di Giovani Battista, due figli che possiamo descrivere grandi “doni di Dio” per l’umanità.
1. Due figli “dono di Dio”
In entrambi i casi si tratta dunque di donne sterili, con l’aggravante dell’età per Elisabetta, moglie di Zaccaria; in entrambi casi l’angelo del Signore annuncia la nascita di figli che saranno consacrati a Dio perché sono dono del cielo. Il primo, Sansone, sarà destinato, grazie alla sua forza straordinaria, a difendere il popolo israelita dagli attacchi dei filistei; il secondo, Giovanni, camminerà davanti a Cristo con lo spirito e la forza di Elia per preparare un popolo ben disposto quando arriverà il Signore Gesù Cristo.
Comprendiamo dunque che la gloria di Dio si manifesta là dove il Signore compie meraviglie di grazia in ciò che è umanamente considerato debole, ‘povero’. In questo modo Dio rende feconda la verginità, ricca la povertà, forte la debolezza, vittoriosa la sconfitta e gloriosa la croce.
Proprio nella debolezza umana, mostra la potenza e la gratuità del suo amore per noi, Colui il quale “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 45). Tutto questo è motivo di gioia per i ‘semplici’, che si aprono a Dio con mitezza e Amore. Poiché la scelta gratuita di Dio è diretta all’uomo, specialmente se povero o sofferente, non perché si sia buoni ma perché buono è chi ci ama così tanto.
2. Gioia per la gratuità di Dio
Tuttavia, per ricevere il dono di Dio, bisogna aprirsi a Lui con fede generosa e lieta fiducia. Quel dono dall’alto suscita gioia, e questa gioia si deve notare nel cuore e nella vita dell’uomo e della donna che sono destinatari della benevolenza del Signore; una felicità che è il carisma di testimonianza di cui oggi ha bisogno il nostro mondo senza speranza e frustrato nella sua fame di felicità dai suoi falsi surrogati.
Non possiamo dubitare di Dio, anche se, come Zaccaria ed Elisabetta, dobbiamo aspettare tutta una vita. Il suo amore per noi non viene mai meno. Tuttavia, anche comprendendo che Dio ci ama molto, a volte dubitiamo come Zaccaria, se davvero Egli vorrà usare il proprio potere a nostro favore.
Osservando con attenzione, Zaccaria appare una figura contraddittoria: infatti, Zaccaria è nel tempio e prega, chiedendo che dal suo matrimonio possa finalmente venire un discendente. Ma nel momento in cui l’angelo ne annuncia l’esaudimento, Zaccaria manca di fiducia e viene punito.
Ritroviamo qui un grande insegnamento sulla preghiera, carissimi fratelli e sorelle: dobbiamo chiedere al Signore con la sicura fiducia di essere esauditi specialmente in questo Anno della Fede. Questa è la preghiera cristiana, la preghiera cioè di chi sa di essere amato, ascoltato e sempre esaudito da un Padre buono e misericordioso. In questo senso il Padre Nostro insegnato da Gesù è insuperabile scuola e modello di preghiera cristiana gradita al cuore di Dio.
Anche noi siamo soggetti ad innumerevoli tentazioni legate all’incredulità e tante forme di mutismo nella preghiera sono frutto di questa incapacità a credere e a meravigliarci davanti alle opere di Dio.
L’atteggiamento di Zaccaria contrasta con l’assoluta fiducia e la disponibilità di Maria, la madre di Gesù, che dà il suo “sì” incondizionato: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.
Carissimi fratelli e sorelle, il precursore del Messia compì pienamente la propria missione ma il suo contributo non è terminato. Giovanni Battista è un uomo per ogni tempo, una figura perennemente attuale, nell’Avvento e sempre non solo. Perché è l’impegno della Chiesa e della comunità cristiana, è proprio il compito anche nostro di essere messaggeri di gioia per il dono di Dio e di agire come suoi precursori oggi nei nostri ambiti familiari, lavorativi e, più in generale, sociali.
La vostra ASL Roma 3 gestisce in effetti uno degli ospedali più antichi del mondo, l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, del quale non ripeterò qui la gloriosa storia.
Mi limiterò a ricordare che questo antico Arcispedale ha avuto l’onore di conoscere la presenza e il servizio rivoluzionario dei grandi santi della Carità come San Filippo Neri e San Camillo de’ Lellis. Riflettiamo su tutto ciò con ammirazione e gratitudine al Signore per un passato così ricco di vera testimonianza cristiana, che ha reso questi muri un rifugio accogliente per tanti malati, pellegrini, poveri e persone abbandonate.
È del resto anche compito nostro il portare la speranza, l’essere messaggeri della gioia di Cristo medico divino in tutti i centri di cura e di assistenza che, parimenti colpiti dalla crisi, rischiano di diventare luoghi di patimento privi della più piccola luce che la speranza emana. Talvolta ci sentiamo sfidati e scoraggiati dalle difficoltà legate al nostro lavoro e dall’apparente incapacità di cambiare le cose. Ma come ancora più in occasione della nascita del Battista, lasciamo che la potenza divina agisca su questi nostri limiti umani. Rendiamo dunque i nostri luoghi di cura più umani, più accoglienti e rispettosi della dignità delle persone che si affidano non solo alle nostre competenze tecniche, ma anche alla nostra capacità di comprensione e alla Carità di Cristo che deve animare il nostro lavoro.
Cari amici, come ha detto il Santo Padre Benedetto XVI il 17 novembre scorso ai partecipanti alla nostra XXVII Conferenza Internazionale, “questa assistenza sanante ed evangelizzatrice è il compito che sempre vi attende. Ora più che mai la nostra società ha bisogno di «buoni samaritani» dal cuore generoso e dalle braccia spalancate a tutti, nella consapevolezza che, come spiegato nella sua Enciclica Spe Salvi, «la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente».
È questa un’esortazione alla quale pare quanto mai difficile rispondere ma che ribadiamo nella consapevolezza delle forti ripercussioni che la crisi economica e finanziaria europea ed internazionale sta avendo nelle politiche sanitarie nazionali. Rinnoviamo in proposito la nostra preoccupazione per le riforme in atto in quanto si ha l’impressione che si tenga conto unicamente dell’aspetto economico del mondo della salute trascurando chi lo anima, dunque chi ne costituisce l’essenza vitale, a partire dalla persona sofferente.
Si parla della riduzione di posti letto ma non si parla di chi sarà privato della possibilità d
i essere ricoverato, curato o comunque assistito in modo consono al proprio stato di salute. Eppure si tratta di un figlio o di una figlia, di un fratello o di una sorella oppure dei nostri genitori, che appartengono alla generazione che, con il proprio sudore e impegno, ha contribuito a far rinascere anche questo Paese dalle macerie e dalla tremenda sofferenza inflitta dalla Seconda Guerra Mondiale. Ecco che oggi sono loro ad essere bisognosi del nostro aiuto, a loro dobbiamo venerazione e gratitudine che devono essere tradotte oggi nel garantire un’assistenza sanitaria adeguata.
Due anni fa, il nostro Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari ha dedicato la XXV edizione della sua Conferenza Internazionale al tema: “Per una cura della Salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in Veritate”. Nel Messaggio rivoltoci in tale occasione, Papa Benedetto XVI ha ribadito diversi punti essenziali e, tra questi, l’importanza di una “vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate. Di conseguenza – ha continuato il Santo Padre, – il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo affinché non diventi disumano”.
Per ben rispondere a tale richiamo, che parrebbe assumere, ogni giorno che passa, sempre più il tono di una sfida “occorre lo sforzo congiunto di tutti ma occorre anche una profonda conversione dello sguardo interiore. Solo se si guarda al mondo con lo sguardo del Creatore, che è sguardo d’Amore – ha in proposito evidenziato Papa Benedetto XVI, – l’umanità imparerà a stare sulla terra nella pace e nella giustizia, destinando” opportunamente le risorse “al bene di ogni uomo ed ogni donna”. Ha poi concluso rilevando come un corretto modello di sviluppo debba essere “fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e sulla condivisione del bene comune” ma anche “sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi in previsione di ciò che può accadere domani”.
Ecco, carissimi fratelli e sorelle, malati e operatori sanitari, sappiamo tutti quanti quanto non sia agevole una tale vostra missione, soprattutto in questo momento di grande incertezza nell’ambito lavorativo, ma il Signore, come ascoltò la preghiera di quella buona coppia di coniugi anziani, Elisabetta e Zaccaria, rendendoli genitori del precursore di Gesù, si rivolge a noi, ascolta la nostra preghiera, ci riempie della sua gioia e ci chiama ad essere suoi collaboratori nel donare la grazia salvifica di questo Natale agli altri, diventando anche noi evangelizzatori, contribuire a combattere i mali del mondo in cui viviamo.
Nell’antifona “O” di oggi invochiamo Cristo come “Germoglio della radice di Iesse”. La radice richiama il fondamento, ciò senza il quale non c’è vita. Così è per noi il riferirsi a Gesù, senza di Lui, carissimi fratelli e sorelle, viene a mancarci il fondamento della vita, siamo perduti. Per questo lo invochiamo, vieni… non tardare, o Signore!
Che questa consapevolezza ci accompagni nella preparazione al Natale, facendo sì che noi lasciamo che Cristo, sorgente inestinguibile della vita, sani le infertilità dei nostri cuori e trionfi sulla nostra debolezza, sulla nostra sterilità spirituale, sulle nostre preoccupazioni e paure.
Tutto ciò affidiamo alla Madonna Santissima, Protettrice degli infermi.
E così sia.