di padre Piero Gheddo, del PIME
ROMA, martedì, 18 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Padre Pietro Belcredi, missionario del Pime in Amazzonia dal 1996, partecipa alla “guerra per le terre” in difesa degli indios Sateré-Mawé (Blog del 30 novembre in “missionline.org”) e ha riportato alla fede e alla Chiesa le due bande di giovani che tiranneggiavano il popolo di Barreirinha (Blog del 10 dicembre). La sua parrocchia, estesa come metà Lombardia sui fiumi e tra le foreste, ha circa 20.000 abitanti,10.000 in città, gli altri nelle regioni interne in 44 comunità con cappella, 17 in muratura con l’Eucarestia, le altre in legno. Più dentro nella foresta, a 8 ore di barca da Barreirinha, c’è l’area indigena che fa parte della parrocchia e ha circa 10.000 indios. Ho intervistato a Milano padre Pedro a novembre, prima che tornasse in Amazzonia.
Qual è il segreto della tua parrochia?
Il segreto della mia parrocchia, che secondo il vescovo di Parintins mons. Giuliano Frigeni è la migliore della diocesi (ma non so se è vero), è il decentramento: formare i laici e poi fidarsi di loro. In Amazzonia la gente è semplice, riceve il messaggio cristiano con fede viva e se li animi e li responsabilizzi, ti seguono e si impegnano. Sono il parroco di questa parrocchia, con me c’è anche il diocesano don Rivaldo, incaricato della “riserva degli indios” e quindi quasi sempre assente per visitarli. Quando sono venuto a Barreirinha nel 1996 ho capito subito che per far rivivere la fede nella mia gente, quasi tutti battezzati nella Chiesa cattolica ma molti lontani dalla parrocchia, dovevo animare i laici ad essere missionari.
Fin dall’inizio ho detto e ripetuto più volte e con forza ai fedeli che un prete solo per 20.000 battezzati, una città e 44 comunità nell’interno, avrebbe combinato poco o nulla. “Se collaborate, dicevo, si può tentare di riportare alla fede i battezzati, altrimenti la fede diminuisce ancora e sarà peggio per tutti. Il Signore mi ha aiutato mandandomi in quel 1996 le Suore di Madre Teresa, dirò più avanti il grande aiuto che mi stanno dando. Ho incominciato con i corsi per formare i catechisti che preparano ai Sacramenti e oggi ne ho 40 in città e più di 50 nelle comunità dell’interno; poi i ministri dell’Eucarestia che curano il culto e guidano le preghiere in chiese e cappelle e fanno anche i funerali e altre cerimonie; infine i “predicatori” che spiegano il Vangelo e la Bibbia. In città abbiamo 23 “oratori mariani”: ogni 30 famiglie si dà un bel quadro della Madonna, con due incaricati di guidare la preghiera e ogni giorno c’è il Rosario in una famiglia con la partecipazione anche di altri devoti. Questa formula di devozione mariana coinvolge circa 700 famiglie. Ogni giorno in città, oltre che in chiesa, c’è almeno un Rosario in famiglia.
Anche ogni comunità dell’interno ha i suoi incaricati che insegnano il catechismo, tengono aperta la chiesa, riuniscono la gente, dirigono la preghiera, ecc. Ho scoperto che la gente collabora, ma vuole essere riconosciuta, avere un incarico, un ruolo ufficiale. Lo dico spesso a tutti: “Io sono il parroco, ma la parrocchia non sono io, siete tutti voi se collaborate, ciascuno di voi si assuma un impegno”. Questa idea è entrata e molti si sentono provocati a dare una mano.
Hai creato una buona organizzazione parrocchiale, ma com’è la formazione cristiana?
Padre Pietro Belcredi: L’idea centrale è che ogni famiglia deve impegnarsi nella formazione dei figli. In parrocchia ho varie associazioni e movimenti che svolgono questo compito: gli Scout, i Focolari, i Carismatici, l’Apostolato della preghiera, i Mariani, la Caritas, la Commissione pastorale della terra, la Commissione dei diritti umani, il gruppo della comunicazione che cura la Radio Andirà che è parrocchiale, molto sentita anche perché è l’unica Radio di Barreirinha. In tutto abbiamo 14 gruppi parrocchiali e adesso stiamo introducendo l’Infanzia missionaria. Quando ho indetto l’ora di adorazione tutti i giorni nella chiesa parrocchiale è stato semplice iniziare. Ogni giorno c’è un gruppo che dirige l’adorazione e vi partecipa, poi vengono anche altri fedeli. L’adorazione in parrocchia funziona sempre dalle 18 alle 19, poi c’è la Messa. All’inizio sono pochi, ma a poco a poco la grande chiesa quasi si riempie per la Messa. Noi lasciamo ad ogni gruppo la libertà di esprimersi, fanno canti, leggono preghiere, devono esprimere la loro spiritualità.
Il mio lavoro principale sono i primi tre mesi dell’anno, da gennaio a marzo. Tutti i fine settimana, da giovedì o venerdì a domenica si riuniscono i diversi gruppi e responsabili anche dell’interno per la formazione e io dirigo questo lavoro. Questi corsi li facciamo in un’isola del fiume Javarì, che è solo per questi corsi. Non più di 100 persone per volta. Quando faccio questi corsi sono impegnato da mane a sera, Messa con predica, conferenze, discussioni e poi le confessioni. Sono da solo, quindi un centinaio di confessioni in due-tre giorni! Sono ore e ore, però è molto bello perché incontri i tuoi collaboratori uno per uno e puoi capirli bene, orientarli, sentire cosa pensano. Sull’isola è tutto preparato con la chiesa bella e poi tutto quanto è necessario per viverci due-tre giorni o più. Al mattino ci riuniamo, diciamo qualche preghiera poi facciamo silenzio e udiamo gli uccelli cantare. E’ un silenzio meditativo e contemplativo molto bello, in mezzo alla natura. Non passa mai nessuno, il fiume che scorre vicino, la foresta, gli uccelli e altri animali e tu sei lì davanti alla natura e a Dio. Alla gente questo piace molto.
Dimmi qualcosa della tua comunità cristiana. Tu sei parroco e conosci la tua gente. Le famiglie fanno ancora tanti figli?
Padre Pietro Belcredi: Io ho circa mille battesimi all’anno. Mille nati su 20mila abitanti (più 10.000 indios) sono tanti. Invece i matrimoni sono diminuiti molto, un centinaio l’anno. La vita cristiana è abbastanza intensa come partecipazione e impegno, poi ci sono le attività sociali della Caritas e di altri gruppi di aiuto ai poveri, di difesa delle terre, di piccole cooperative per il lavoro e la vendita dei prodotti locali. Tutto questo viene dal fatto che ho preso una comunità già lavorata da altri e da anni. Il Pime è a Barreirinha dal 1956 circa, prima non c’era nessun prete. Abbiamo una discreta organizzazione e oggi, anche attraverso la Radio Andirà locale e la radio diocesana molto più potete (Radio Alvorada) riusciamo a trasmettere una visione cristiana dei problemi dell’uomo, delle famiglie, della società e diamo spazio anche alla preghiera.
Le tue 44 comunità dell’interno quante volte le visiti in un anno?
Padre Pietro Belcredi: Da dopo Pasqua all’Avvento visito le comunità, mentre in città la vita cristiana va avanti pur senza la Messa, con le suore e i vari incaricati. Nelle comunità più grandi vado due-tre volte l’anno, nelle altre una volta. I loro incaricati dei vari ministeri a gennaio, febbraio e marzo vengono nell’isola del Javarì per i 3-4 giorni di incontro col parroco. In ciascuna comunità si celebrano solennemente le grandi Feste cristiane e la Festa patronale. Abbiamo iniziato a fare un congresso missionario all’anno di tre giorni in estate perché io insisto sempre nel dire che ogni battezzato è un missionario. Nei primi anni facevamo un solo congresso, abbiamo dovuto farne due perché i partecipanti erano più di mille. Nel Congresso si prega, si discute su come essere missionari, si ascoltano testimonianze, io spiego che se la fede non si espande all’esterno non è più una fede viva. E’ commovente per me vedere quanto impegno e quanta fantasia il popolo più semplice sa esprimere, quando ha capito a fondo il valore della fede nella vita. Naturalmente questi Congressi mi costano un po’, anche sol
o per chiamare tante gente e mantenerla!
Sei contento della tua parrocchia?
Padre Pietro Belcredi: Molto contento davvero, anche se la fatica è tanta, ma sono molto aiutato dalle quattro suore di Madre Teresa. Quando hai dei laici, tanti laici e laiche, decine e decine che ti seguono, pregano, sono convinti e amano Cristo e si impegnano a servizio della parrocchia, allora tutti vedono che la parrocchia è veramente di tutti.