"Un mistero di misericordia"

Omelia del cardinale Caffarra nella Solennità dell’Immacolata Concezione

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BOLONA, lunedì, 10 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Pubblichiamo di seguito l’omelia tenuta sabato 8 dicembre nella basilica di San Petronio dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nella Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

***

1. «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». E’ con queste parole, come abbiamo sentito, che l’angelo Gabriele saluta Maria. Esse sono state lungamente meditate dalla Chiesa lungo i secoli: dai più semplici fedeli ai più grandi maestri della fede. Attraverso di esse la Chiesa è giunta ad una conclusione, che è la seguente.

“Maria”, Madre del Verbo incarnato “in considerazione dei meriti del suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente, preservata da ogni macchia del peccato originale, e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature” [Paolo VI, Solenne professione di fede §14; EV 13, 550]. Maria è stata concepita esente da quella “macchia” che è presente in ogni persona umana alla sua origine. Ella pertanto è l’inizio della nuova creazione, opera del sacrificio redentore di Cristo. E’ questo evento, è questo mistero che oggi la Chiesa celebra.

La seconda lettura, cari fratelli e sorelle, ci rivela lo stupendo progetto che Dio, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ha disegnato riguardo all’uomo. Egli ha voluto, come abbiamo sentito, che ogni persona umana, ciascuno di noi fosse «santo ed immacolato al suo cospetto nella carità». Per realizzare questo progetto di santità ci ha destinati ad essere suoi figli adottivi; a partecipare cioè alla vita divina del suo Figlio unigenito, Gesù Cristo. Dunque, nessuno di noi viene al mondo per caso; è portatore di un disegno divino, di un senso: entrare a far parte della stessa famiglia divina come figli adottivi, ad immagine dell’unigenito Figlio Gesù Cristo. 

La prima lettura che abbiamo ascoltato ci rivela tuttavia che il primo uomo e la prima donna hanno rifiutato l’obbedienza al progetto di Dio. E la nostra fede ci insegna che il peccato personale di Adamo ed Eva ha causato una nefasta conseguenza in tutta l’umanità. A causa del peccato commesso dalla coppia originaria, ciascuna persona umana eredita da essa una condizione di non-rettitudine morale. Al peccato personale di Eva ed Adamo corrisponde uno stato di ingiustizia davanti a Dio in ogni persona umana, che non è conseguenza di un peccato personale, perché contratto al momento della sua concezione. L’apostolo Paolo scrive: «per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori» [Rom 5, 19].

Prima che la persona raggiunga l’uso della sua ragione e faccia le sue scelte, essa si trova già ad essere in una condizione di difformità dal progetto di Dio sull’uomo; in questo senso, si trova in una condizione di peccato non conseguente ad una decisione propria ma alla decisione della coppia originaria.

E’ da questa condizione di peccato che Maria, in previsione del sacrificio del suo Figlio, è stata preservata. E’ questo straordinario gesto di amore preveniente, compiuto nei confronti di Maria, che stiamo celebrando.

2. Cari fratelli e sorelle, come avete sentito, la seconda lettura inizia con un invito a benedire Dio, a lodarlo per i suoi benefici, a rendergli grazie per averci Egli benedetto «con ogni benedizione spirituale».

Questo invito implica tuttavia anche un altro invito: riconoscere l’abisso di miseria da cui l’amore redentivo di Cristo ha dovuto liberarci. Ogni lode della grazia di Dio presuppone ed implica sempre il riconoscimento del nostro smisurato bisogno di redenzione. I due momenti spirituali sono indissociabili: la prima senza il secondo è alienazione; il secondo senza la prima è disperazione. Oggi la Chiesa testimonia semplicemente la verità che Dio ha voluto rivelarci circa il suo mistero: un mistero di misericordia; e circa il mistero dell’uomo: un abisso di miseria. La falsificazione del mistero di Dio finisce col renderlo insignificante per l’uomo; del mistero dell’uomo finisce col farci vivere in un perenne compromesso colla menzogna peggiore, quella circa se stessi.

Quale grandezza dimostra oggi la misericordia di Dio in Cristo! In Maria riporta l’umanità alla santità della sua prima origine.

Quanta luce la solennità odierna getta su tutta la tragica vicenda della modernità! Essa ha constatato – e quale persona pensosa può negarlo? – ciò che potremmo chiamare un “vizio di forma”, che si è propagato di generazione in generazione lungo tutta la storia umana. Ma – ed è stato un errore fatale – la modernità ha voluto porre l’origine di questa situazione prescindendo e al di fuori di un dramma intervenuto nel rapporto dell’uomo con Dio. Il “legno storto” che è l’umanità, ha negato che la sua stortura dipendesse dall’avere l’uomo distorto il suo rapporto con Dio. Quali le conseguenze?

O l’uomo si è attribuito il compito e la capacità di guarire da solo; di raddrizzare da solo il “legno storto” della nostra umanità; di riportare la giustizia sulla terra. Oppure si è rassegnato al suo male, alla sua condizione: o nella disperazione o in un gaio nichilismo.

La solennità odierna, celebrando la potenza della grazia di Cristo che preserva Maria dal peccato originale, ci svela il mistero di Dio e scioglie l’enigma umano. Come è stato scritto, infatti, «nulla ci urta più brutalmente» della dottrina del peccato originale «e intanto, senza questo mistero, che è il più incomprensibile di tutti, siamo incomprensibili a noi stessi … così che l’uomo è più inconcepibile senza questo mistero, di quanto questo mistero non sia inconcepibile all’uomo [B. Pascal, Pensieri, ed. Brunschvicg 434].

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ZENIT Staff

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