Hic Verbum caro factum est

Fede, storia e “mistero” della Santa Casa di Loreto

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di padre Mario Piatti icms, 
direttore del mensile “Maria di Fatima”

ROMA, lunedì, 10 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Come in uno scrigno prezioso, intessuto di fede, di arte e di devozione, il Santuario di Loreto custodisce la “Casa Santa” di Nazareth, dove l’Angelo annunciò alla Vergine Maria la sua divina maternità. L’antica tradizione parla di Angeli che portarono miracolosamente, in volo, la venerata dimora, prima a Tersatto (nell’attuale Croazia) e poi, dopo altre “tappe”, il 10 dicembre del 1294, a Loreto.

Gli studi più recenti hanno confermato l’origine palestinese dell’edificio, caratterizzato da tre pareti, alte circa tre metri (la parte superiore dei muri e la copertura sono aggiunte di materiale locale, marchigiano), prive di fondamenta, di manifattura orientale e recanti anche numerosi graffiti, incisi sulle pietre, di evidente attribuzione giudeo-cristiana, equiparabili ad altre simili, scoperte a Nazareth.

La storia e la archeologia, ancora una volta, non contraddicono, anzi avvalorano e sostengono quanto trasmessoci nei secoli. Rimangono certamente aperti numerosi interrogativi sulle modalità del “trasporto”, ritenuto oggi, dai più, opera della nobile famiglia “Angeli”, che avrebbe sottratto ai Musulmani tale reliquia, unica e insigne, traferendola, via mare, in Italia.

La Santa Casa – le tre pareti originarie, fino appunto all’altezza dei tre metri circa – proprio per la sua configurazione e per la pietra utilizzata, sconosciuta nel territorio marchigiano, denuncia la sua ascendenza medio-orientale, con particolare riferimento alla tecnica dei Nabatei, ben attestata, in Galilea, agli inizi dell’era cristiana.

Il confronto con la Grotta di Nazareth ha rivelato una innegabile continuità tra l’edificio di Loreto e la parte, scavata nella roccia, rimasta in Palestina. Gli studi hanno consentito, perciò, di togliere qualsiasi dubbio sulla provenienza della Casa, senza risolverne, d’altra parte, del tutto i problemi.

Anche il trasferimento della abitazione “per mano d’uomo” lascia in sospeso diverse domande: circa, a esempio, la mancanza di una documentazione più precisa; circa le oggettive difficoltà di scomporre e ricostruire la Casa stessa, che non pare riportare i segni di una simile “operazione”. Forse – mi si perdoni l’accostamento un po’ azzardato – come la Sacra Sindone di Torino, non si giungerà mai a una definitiva chiarificazione di ogni aspetto, perché di “mistero” comunque si tratta (cioè di realtà che oltrepassano i limiti della nostra immediata comprensione).

Per chi non crede, qualunque “prova” risulterà sempre insufficiente, contestabile, provvisoria; per chi crede, la venerazione, colma di stupore, del Lenzuolo funerario di Cristo o l’immergersi nel silenzio orante della Casa Santa di Loreto sono già la risposta più bella, che fuga dubbi e sospetti di ogni genere e suggerisce allo spirito: digitus Dei hic est”.

Tra le pareti di quella umile e semplicissima dimora avvenne il mistero più grande che si possa immaginare. Jahvé ha visitato il suo popolo: attraverso il “sì” generoso di una fanciulla, Dio è penetrato nella Storia, dando un significato nuovo a tutta la nostra complessa realtà umana. Il Verbo si fa carne nel silenzio di Nazareth, dentro il segreto di un Cuore illuminato dalla Grazia e reso dimora dell’Eterno.

L’Annuncio dell’Angelo rivela l’attitudine contemplativa di Maria Santissima, il suo trattenersi volentieri in intimo dialogo con Dio, amato e cercato in ogni cosa. L’iconografia cristiana ha prodotto una gamma infinita di capolavori, che raffigurano la Vergine nel suo incontro con il messo celeste. La straordinarietà di quell’evento, in realtà, è stata preparata da tutta la sua vita, nascosta in Dio e quotidianamente offerta all’Altissimo.

Chi prega, chi prega bene, permette a Dio di illuminare la sua coscienza e le sue scelte; è sostenuto dalla Grazia a ricercare, in tutto, il vero Bene della sua anima, dei suoi fratelli, del mondo intero; è aiutato oggi,adesso, ad affrontare la fatica del suo presente, senza dimenticare tuttavia la meta definitiva, “l’eschaton”, le ultime realtà.

La vera “prudenza cristiana” tiene conto di tutto; inserisce le scelte nel quadro più ampio e articolato della propria vita e della vita di un popolo, peregrinante nel tempo, verso la Eternità. La vera prudenza sa guardare oltre le difficoltà contingenti, perché considera il più vasto orizzonte del suo destino. Chi non prega abitualmente, chi non sa più riflettere né meditare, può avere larghe competenze nel suo campo, ma perde di vista il tutto, la meta, la destinazione finale.

Maria Santissima rivela la sua capacità di ascoltare la voce di Dio e di affrontare poi i problemi concreti, correttamente e coraggiosamente, lasciandosi guidare dalla Grazia, che opera in Lei e dallo Spirito Santo. Un Cuore, che si immerge volentieri nel mistero di Dio, sa poi essere capace di deliberare in fretta e saggiamente, di prendere decisioni giuste, per realizzare quel fine buono che il Signore affida a ciascuno, nel suo disegno universale di salvezza.

Tutto questo avviene in quella povera dimora di Nazaret, venuta – chissà come e chissà per quale misteriosa trama di eventi – fin sulle nostre dolcissime colline marchigiane, per essere un faro di Verità, di luce e di pace, per la nostra amata e travagliata nazione e per il mondo intero. A noi spetta il compito di raccogliere i “messaggi del Cielo”, di custodirli – come la Madre di Dio – nel cuore e di trasmetterli, generosamente e coraggiosamente, al mondo. 

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ZENIT Staff

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