di Luca Marcolivio
ROMA, domenica, 9 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Come da tradizione, papa Benedetto XVI si è recato ieri pomeriggio in piazza di Spagna per l’atto di venerazione dell’Immacolata.
Lungo il percorso il Santo Padre ha compiuto una breve sosta davanti alla Chiesa della Santissima Trinità dove ha ricevuto l’omaggio dell’Associazione di Commercianti di via dei Condotti.
Raggiunta piazza di Spagna, il Papa ha iniziato l’atto di venerazione, aperto dalla lettura di un passo dall’Apocalisse di San Giovanni Apostolo. Dopo aver salutato i pellegrini presenti, Benedetto XVI ha sottolineato come il “momento decisivo per il destino dell’umanità”, ovvero l’incarnazione del Figlio di Dio nel ventre della Vergine Maria, sia “avvolto da un grande silenzio” e sia passato “del tutto inosservato”.
Se accadesse ai nostri tempi, il concepimento del Salvatore “non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste”. Infatti “ciò che è veramente grande passa spesso inosservato – ha commentato il Papa – e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora”.
L’assenza di peccato originale in Maria si manifesta in una relazione con Dio “libera da qualsiasi pur minima incrinatura”, senza alcuna “ombra di egoismo” ma in “perfetta sintonia” con Lui. Il suo cuore umano è “perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio”.
La voce di Dio, quindi, “non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione”, così come, “il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali”, ha aggiunto il Papa.
L’altro messaggio che l’Immacolata ci trasmette è che “la salvezza del mondo non è opera dell’uomo – della scienza, della tecnica, dell’ideologia – ma viene dalla Grazia”. La parola “Grazia” sta a significare “l’Amore nella sua purezza e bellezza” e Maria, in quanto “piena di Grazia”, ci ricorda che “la potenza d’amore di Dio è più forte del male, può colmare i vuoti che l’egoismo provoca nella storia delle persone, delle famiglie, delle nazioni e del mondo”.
Tali “vuoti” possono diventare “inferni” dove la vita umana viene “come tirata verso il basso e verso il nulla, perde di senso e di luce”. I “falsi rimedi” – come, ad esempio, la droga – con cui spesso ci illudiamo di colmare questi vuoti, alla fine “allargano la voragine”.
Il vero rimedio che ci salva da questa caduta è l’amore: non un “amore qualsiasi” ma un amore che “abbia in sé la purezza della Grazia”, che restituisce ai “polmoni intossicati nuovo ossigeno, aria pulita, nuova energia di vita”. È proprio il “soffio mite” della Grazia che riesce a “disperdere le nubi più nere” e a rendere “la vita bella e ricca di significato anche nelle situazioni più disumane”.
Maria, infine, ci parla della “gioia” che può provare un “cuore liberato dal peccato” e dalla conseguente “tristezza negativa che induce a chiudersi in se stessi”. La gioia, al contrario, prodotto della Grazia, “non dipende dal possesso delle cose ma è radicata nell’intimo, nel profondo della persona, e che nulla e nessuno possono togliere”.
Sebbene molti si ostinino a vederne soltanto un “insieme di divieti e regole”, il Vangelo è gioioso proprio in quanto annuncia la “vittoria della Grazia sul peccato, della vita sulla morte”. Le rinunce che esso comporta sono fondamentalmente tutte relative alla “radice velenosa dell’egoismo, che fa male a se stessi e agli altri”.
La gioia di Maria è piena e totale, in quanto nel suo cuore “non c’è ombra di peccato” e coincide con la “presenza di Gesù nella sua vita”, dalla nascita fino alla morte in Croce e alla Resurrezione. “Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa”, ha detto in conclusione Benedetto XVI.