Diagnosi genetica preimpianto: procedure e implicazioni

Lo scopo della procedura è individuare alcuni embrioni da impiantare, mentre i rimanenti verranno scartati

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a cura di Domenico Coviello*

ROMA, martedì, 4 dicembre 2012 (ZENIT.org).

COSA È LA DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO?

La diagnosi genetica preimpianto o PGD (Preimplantation Genetic Diagnosis) è una procedura diagnostica che prevede l’utilizzo di un’analisi molecolare del DNA (o dei cromosomi) proveniente da una o due cellule di un embrione allo stadio di circa 8 cellule. E’ possibile effettuare questo tipo di diagnosi soltanto attraverso l’utilizzo della fecondazione in vitro, con la creazione di diversi embrioni in provetta (circa da 10 a 20) tra cui individuare quelli più idonei al prelievo di una o due cellule per poi eseguire l’analisi. Il prelievo di una o due cellule avviene prima dell’impianto degli embrioni in utero e serve per selezionare gli embrioni senza il difetto genetico ricercato. La procedura ha quindi lo scopo di individuare alcuni embrioni da impiantare, mentre i rimanenti verranno scartati: sia che siano portatori di un difetto genetico, sia che siano sani. In Austria e Italia questa procedura diagnostica non è permessa dalla legge.

QUALE PERCORSO SI DEVE SEGUIRE PER LA PGD?

La PGD comporta un percorso alquanto impegnativo che inizia con la fecondazione artificiale che, a sua volta, prevede: stimolazione ormonale all’iperovulazione, intervento per il prelievo degli ovociti (pick up), fecondazione dei gameti in provetta, incubazione per due/tre giorni per dar tempo allo zigote (prima cellula dell’individuo) di moltiplicarsi allo stadio di 6-8 cellule, prelievo di 1-2 cellule da tutti gli embrioni ottenuti. Questa parte di procedura è simile a quella seguita anche dalle coppie sterili per una normale PMA. Le probabilità di successo di fecondazione in vitro variano molto in funzione dell’età: da un 40% nelle donne giovani (<35aa) a circa il 15% nelle donne meno giovani (40-42 aa). Dopo la formazione degli embrioni, inizia l’indagine di laboratorio per permettere la diagnosi genetica, parte delicatissima dove avvengono le maggior parte dei fallimenti della procedura (pari al 10-15%), e dove, purtroppo, esiste una percentuale non trascurabile di possibili errori diagnostici (2-5%). Infine avviene l’impianto di uno o più embrioni selezionati senza l’anomalia genetica ricercata. A questo proposito bisogna ricordare che l’analisi individua solo il “difetto” cercato e non qualsiasi altro difetto genetico che potrebbe esserci e rivelarsi, successivamente, inatteso.

QUALI SONO LE INDICAZIONI DIAGNOSTICHE DELLA PGD?

Dalla prima pubblicazione dell’applicazione della PGD (Handyside et al. Nature 1990;344:768–770) ad oggi le indicazioni all’esame sono molto cambiate (Harper et al. Hum Reprod Update. 2012 May-Jun;18(3):234-47).  Volendo riassumere i dati degli anni 1997-2007 vediamo che:

– nel 61% dei casi la PGD è stata utilizzata per valutare difetti del numero dei cromosomi (aneuploidie), 

– nel 17% per valutare la presenza di specifiche mutazioni in singoli geni, 

– nel 16% per valutare anomalie cromosomiche, 

– nel 4% per diagnosi di malattie genetiche legate al cromosoma X

ed infine 

– nel 2% per selezione in base al sesso (social sexing)

Come atteso, nelle indagini per difetti da singoli geni si ha la percentuale più alta di identificare embrioni senza difetto (50-70% degli embrioni vitali), mentre solo nel 10-15% degli embrioni, derivati da soggetti con riarrangiamenti cromosomici, si individuano embrioni senza difetto.

QUALI SONO LE IMPLICAZIONI DELLA PGD?

Nella PGD vengono prodotti in provetta un numero variabile di embrioni (da 10 a 20) e lo scopo dell’intervento è non solo quello di conoscere la salute dell’embrione, ma principalmente di scegliere quello sano da impiantare e, di conseguenza, scartare tutti gli altri, sia sani sia malati. Nel report dell’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) su dieci anni di attività (1997-2007) risulta che da 339.966 oociti prelevati, 202.357 sono stati fertilizzati portando alla produzione di 19.901 embrioni trasferiti, pari al 5,85%. Questi hanno dato origine a 5.187 gravidanze, con un’efficienza di circa il 26%. In sintesi, dopo tutti i passaggi, solo l’1,5% degli oociti prelevati giunge al termine del percorso come gravidanza clinica. E questa risulta essere la situazione in cui ci si propone volontariamente di selezionare essere umani in base alla loro tipologia, scegliendo quelli senza difetti a scapito di tutti gli altri. Inoltre, ad oggi, nelle gravidanze ottenute dopo PGD, nella maggior parte dei casi viene consigliata la diagnosi prenatale entro il primo trimestre di gravidanza per controllare nuovamente la diagnosi genetica.

* Direttore S.C. Laboratorio di Genetica Umana,
E.O. Ospedali Galliera di Genova
Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita

[Da bioFiles, n° 20  |  28 novembre 2012]

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ZENIT Staff

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