CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 3 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito il messaggio del presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, monsignor Zygmunt Zimowski, per l’odierna Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità.
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In occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità, la Chiesa intende esprimere la propria vicinanza a coloro che sono provati da diverse forme di limitazione, fisica o psichica. In tale modo essa afferma il valore proprio della fede, che abbraccia e dà senso ad ogni situazione della vita umana, e si fa altresì custode del bene che può apportare all’intera comunità la persona, anche con disabilità, che vive la sua sofferenza in Cristo e per amore di Cristo.
Di fronte alle diverse patologie legate alla disabilità è sempre utile sensibilizzare l’opinione pubblica ai concetti di dignità, di diritti e di benessere di questi nostri fratelli e sorelle, accrescendo la consapevolezza dei benefici che possono derivare dalla loro integrazione nei vari aspetti della vita sociale. Facendo proprio questo anelito, la Chiesa, secondo il proprio specifico mandato, intende riaffermare che «non la fuga davanti al dolore guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e di maturare in essa, trovandovi un senso mediante l’unione a Cristo. Nel rapporto con la sofferenza e con le persone sofferenti si determina pertanto la misura della nostra umanità, per ciascuno di noi come per la società in cui viviamo» (BENEDETTO XVI, Discorso in occasione dell’apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma, 9 giugno 2008). Il mondo dei diritti, infatti, non può essere appannaggio di pochi, dei forti e dei vincenti. Del resto, una società che abbia spazio soltanto per i membri pienamente funzionali, del tutto autonomi, indipendenti e capaci di corrispondere alle attese altrui e di uniformarsi ai modelli dominanti traccia una forma subdola di discriminazione, mentre la giustizia consiste nel mettersi «in ascolto attento e amoroso della vita dell’altro e nel rispondere ai bisogni singolari e diversi di ciascuno, tenendo conto delle loro capacità e dei loro limiti» (GIOVANNI PAOLO II, Messaggio ai Partecipanti al Convegno su Dignità e diritti della persona con handicap mentale, 9 gennaio 2004).
Ne consegue che anche la persona con disabilità dovrà essere facilitata a partecipare, per quanto le è possibile, alla vita della società civile e dei credenti, ed essere aiutata ad attuare tutte le sue potenzialità di ordine fisico, psichico, spirituale. In tale modo la comunità civile ad ogni livello – locale, nazionale ed internazionale – e la stessa comunità cristiana – impegnata da parte sua a farsi sempre più “casa accogliente” – potranno attestare concretamente che la persona con disabilità ha la stessa dignità di tutti gli altri, per cui riconoscendo e promuovendo la sua dignità e i suoi diritti, vengono riconosciuti e promossi la dignità e i diritti di ciascuno.
Con occhi nuovi, la disabilità va pertanto assunta come un’espressione dell’unicità di ogni persona; così deve essere guardata dai familiari, dal mondo della scienza medica e dell’assistenza riabilitativa reciprocamente coordinati e integrati, dagli educatori, dagli amici e dall’intera comunità, insieme ad un sincero impegno di tutti per creare condizioni concrete di vita, di strutture di sostegno, di tutele giuridiche capaci di rispondere ai bisogni e alle dinamiche di crescita delle persone con disabilità e di coloro che condividono la loro situazione, a partire dai loro familiari. Al di là di qualsiasi altra considerazione o interesse particolare o di gruppo, e rifuggendo qualsiasi atteggiamento paternalista e assistenzialismo pietistico, è pertanto indispensabile cercare di promuovere il bene integrale delle persone con disabilità, assicurando loro il necessario sostegno e la necessaria protezione, anche se ciò può comportare un maggiore carico finanziario e sociale. La Chiesa, in particolare, intende inserirsi in questo importante impegno, facendo avvertire la propria prossimità e vicinanza rendendosi partecipe delle fatiche e degli inevitabili momenti di sconforto, illuminandoli con la luce della fede e con la speranza che scaturisce dalla solidarietà e dall’amore: la persona con disabilità, infatti, «richiede non solo cura, ma anzitutto amore che si faccia riconoscimento, rispetto e integrazione: dalla nascita all’adolescenza, fino all’età adulta e al momento delicato, vissuto con trepidazione da tanti genitori, del distacco dai propri figli, il momento del “dopo di noi”» (GIOVANNI PAOLO II, Omelia in occasione del Giubileo della Comunità con i Disabili, 3 dicembre 2000).
È pur vero che le persone con disabilità, svelando la radicale fragilità della condizione umana, rappresentano un’espressione del dramma del dolore, che in questa nostra società viene spesso percepito come uno scandalo e un fardello da rimuovere, o da risolvere in modo sbrigativo. Con lo sguardo proprio della fede, questi nostri fratelli e sorelle sono invece – secondo le espressioni del beato Giovanni Paolo II – «icone viventi del Figlio crocifisso, essi rivelano la bellezza misteriosa di Colui che per noi si è svuotato e si è fatto obbediente sino alla morte, essi ci mostrano che la consistenza ultima dell’essere umano, al di là di ogni apparenza, è posta in Gesù Cristo». In tale modo, prosegue il Beato, «essi possono insegnare a tutti che cosa è l’amore che salva e possono diventare annunciatori di un mondo nuovo che non è più quello dominato dalla forza, dalla violenza e dall’aggressività, ma il mondo dell’amore, della solidarietà, dell’accoglienza, il mondo nuovo trasfigurato dalla luce di Cristo» (Messaggio ai Partecipanti al Convegno su Dignità e diritti della persona con handicap mentale, 9 gennaio 2004).
Nell’Anno della fede queste parole costituiscono per tutti e per ciascuno uno stimolo efficace per scrutare e per riscoprire i modi, a volte impensati, secondo i quali possiamo essere strumenti di evangelizzazione, non solo facendo del bene a coloro che soffrono, ma anche facendo del bene con la nostra sofferenza (cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Salvifici doloris, n. 30). Infatti, se a volte è arduo trovare una ragione per quanto appare soltanto come una difficoltà da superare o un dolore da affrontare, «la fede ci aiuta a spalancare l’orizzonte al di là di noi stessi e vedere la vita come Dio la vede. […] Attraverso la sua Croce, Gesù ci fa veramente entrare nel suo amore salvifico (cfr. Gv 12. 32) e così facendo ci mostra la direzione – la via della speranza che ci trasfigura, in modo che a nostra volta diventiamo per gli altri portatori di speranza e di amore» (BENEDETTO XVI, Discorso ai Giovani disabili nel Seminario di Saint Joseph, Yonkers, New York, 19 aprile 2008).
Al termine di questo Messaggio, mi rivolgo a Voi, cari fratelli e sorelle con disabilità, che siete i ‘protagonisti’ di questa Giornata: alla luce della fede, la Chiesa Vi è vicina, non Vi abbandona! Anzi, attesta che Voi siete capaci di entrare in comunione con gli altri e di donarVi agli altri, in quanto siete il termine vivo di una comunione e di una donazione che provengono da Dio stesso.
Il tempo liturgico dell’Avvento, che ci prepara a rivivere nella fede il mistero dell’Incarnazione del Verbo, e la prossima Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, immersa nel Suo ineffabile splendore, ci aiutino a riconoscere, ad accogliere ed a promuovere nell’umanità ferita dei nostri fratelli e sorelle con disabilità il valore incomparabile dell’essere umano creato da Dio e redento da Cristo.