di Antonio Gaspari
CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 1 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Con il Motu Proprio “De Caritate Ministranda” intendo “fornire un quadro normativo organico che serva meglio ad ordinare, nei loro tratti generali, le diverse forme ecclesiali organizzate del servizio della carità, che è strettamente collegata alla natura diaconale della Chiesa e del ministero episcopale”.
Così il Pontefice Benedetto XVI ha spiegato il perché della Lettera Apostolica il forma di Motu proprio, “De Caritate Ministranda” pubblicata e diffusa oggi in Sala Stampa Vaticana a Roma. In sostanza sembra che il Pontefice abbia cercato di mettere ordine nelle molteplici attività di raccolta fondi per attività caritatevoli, spiegando e sottolineando che ogni iniziativa deve essere coordinata e autorizzata dal Vescovo che dirige la diocesi.
Per comprendere meglio origine e finalità del Motu Proprio, ZENIT ha intervistato il cardinale Robert Sarah presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”.
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Eminenza, perché questo Motu proprio ?
Cardinale Sarah: La riflessione parte dal Santo Padre stesso, che nella sua enciclica Deus Caritas est, al nr. 32, ha messo in evidenza il ruolo centrale del vescovo nell’attività caritativa. Il Santo Padre già allora aveva indicato che il Codice di diritto canonico non ha sufficientemente approfondito questa responsabilità. Si doveva dunque colmare questa lacuna giuridica, anche perché con l’andar del tempo si sono presentate sempre nuove questioni e nuove situazioni dove sono venuti meno completamente o parzialmente il ruolo e la responsabilità del vescovo nella missione caritativa della Chiesa. Perciò il nostro Dicastero ha presentato un’istanza in tal senso, che è stata accolta. Sono perciò molto grato a Benedetto XVI e a tutti quelli che hanno contribuito alla nascita di questo importante documento.
<strong>Dunque si tratta di un documento giuridico…
Cardinale Sarah: E’ vero ed è preceduto da una introduzione teologica. Il punto di partenza è che l’attività caritativa è un’attività ecclesiale, dove cioè il soggetto è la Chiesa. Peraltro anche in Deus Caritas est il Santo Padre scrive che gli organismi di carità sono opus proprium della Chiesa. E la Chiesa è comunione ordinata, comunione gerarchica. Questo significa che, in quanto azione ecclesiale, anche quella di carità trova nel vescovo il suo responsabile ultimo, cioè quel momento di unità insieme alle altre componenti ecclesiali che ha nella persona del Vescovo la sua concretizzazione.
Perché allora un testo normativo ?
Cardinale Sarah: Perché si sono volute fissare alcune norme giuridiche, cioè esigibili all’interno dei rapporti ecclesiali. Esse riguardano due perni fondamentali. Da una parte abbiamo il vescovo e il suo dovere di animazione catechetica dei fedeli circa la testimonianza di carità, nonché il suo dovere di orientamento, di coordinamento e di controllo sulle attività istituzionalizzate. Dall’altra parte abbiamo gli organismi di carità della Chiesa o riconducibili ad essa, come descritti nel primo articolo delle disposizioni e la loro dimensione ecclesiale.
Dunque la normativa riguarda anche le persone che lavorano in questi organismi, la loro scelta e formazione, le finanze, compreso il contributo economico da terzi, il rapporto con le Chiese locali. Infine c’è anche una normativa che impegna Cor Unum nell’applicazione del Motu proprio e che ci consente di erigere canonicamente istituzioni di carità internazionali. Il testo ci è stato chiesto anche da Conferenze episcopali e può dunque fungere da riferimento e da supporto per le decisioni dei Vescovi in ambito nazionale. Questo documento dovrebbe incoraggiare i vescovi ad esaminare con serietà l’eventuale revisione degli statuti delle loro Caritas diocesane o nazionali per rafforzare lo Spirito ecclesiale delle Caritas e ridefinire e precisare la responsabilità primaria del vescovo, e in genere aiutarli nel rapporto con gli organismi di carità.
Eminenza, cosa si attende da questo documento del Santo Padre ?
Cardinale Sarah: Benedetto XVI ha ripetutamente espresso la centralità del servizio della carità nella Chiesa. All’inizio del recente Sinodo per la nuova evangelizzazione ha detto espressamente che le due colonne della nuova evangelizzazione sono confessio et caritas. Anche il titolo del Motu proprio è significativo: Intima Ecclesiae natura. Non parliamo di un aspetto periferico della vita della Chiesa. Io sono figlio di una Chiesa nata dal sangue di tanti missionari e so cosa hanno fatto per me e per le mie popolazioni, oltre a darci il vangelo.
Dunque mi attendo una maggiore presa di coscienza che l’attività caritativa – che non sono solo progetti di sviluppo – ritrovi sempre più il suo posto dentro la Chiesa come testimonianza di Dio, come espressione dell’Amore Trinitario rivelato in Gesù Cristo, come continuazione e prolungamento della Sua opera salvifica, come occasione per edificare la comunità cristiana, come via di evangelizzazione. Il quadro normativo non è fine a se stesso e non serve neppure per esprimere rapporti di potere, ma deve aiutare a far trasparire sempre più chiaramente l’attività caritativa come grande testimonianza ecclesiale che il nostro Dio ama l’uomo e lo vuole felice e pienamente realizzato sia nel suo corpo, sia nella sua anima. Non dimentichiamo che, mediante i nostri organismi, raggiungiamo milioni di persone. Con questo strumento troveranno più posto dentro la pastorale della Chiesa.
Tutto questo sembra essere un importante aspetto del lavoro di Cor Unum…
Cardinale Sarah: Da quando sono arrivato al Dicastero come Presidente ho visto l’importanza di rafforzare e garantire questa testimonianza ecclesiale, per evitare che – come dice il Santo Padre – l’attività di carità sia letta solo come intervento sociale. Sono reduce da un incontro a Kinshasa, la scorsa settimana, con vescovi presidenti di Conferenze episcopali e delegati per Caritas proprio sul tema: “Identità e missione di Caritas alla luce dell’enciclica Deus Caritas Est” e sul ruolo del vescovo. Egli è il garante della comunione e dell’unità in diocesi, anche nella carità. Mi rendo conto che si è messo in moto un grande sforzo di rinnovamento negli organismi di carità cattolici che sta portando frutto in tutta la Chiesa.