di Valentina Colombo
ROMA, venerdì, 6 luglio 2012 (ZENIT.org) - “L’amore per l’Egitto è la soluzione” come motto e due rami di olivo che si incrociano al posto di due spade come logo. In altre parole Fratelli cristiani al posto di Fratelli musulmani. E’ un’idea che circola da alcuni anni, un’idea che si è rafforzata nel periodo post-rivoluzionario e che sta per diventare realtà a seguito dell’elezione a presidente di Mohammed Morsi che sembra aver segnato la fine del sogno di uno stato libero in Egitto.
Ed è proprio questo il motivo principale che ha spinto Michel Fahmi, Amir Iyad e Mamduh Nakhla ha lanciare un movimento che agisca sul piano politico, sociale e giudiziario a favore della componente cristiana nel paese.
Oggi Amir Iyad ha dichiarato al quotidiano al-Yom al-Sabi’ che uno dei primi passi sarà quello di “unire le voci e sostenere la presenza dei copti, la lingua copta in modo ufficiale, poiché dopo la caduta dello stato civile, la sconfitta delle correnti civili che non sono riuscite a contrapporsi all’avanzata religiosa al potere e la comparsa di movimenti estremisti come l’associazione per la promozione del bene e la proibizione del male, nella convinzione che gli egiziani abbiano ogni strumento e diritto di fondare strutture preposte a contrapporsi a questi eventi”.
La scelta della denominazione è significativa ed è voluta. L’idea è quella di imitare il metodo d’azione dei Fratelli musulmani, in primo luogo l’idea di partire dal basso e di essere un movimento popolare.
Così come sono volute e sottolineate da subito le differenze. Al pari della controparte musulmana i Fratelli cristiani si propongono di combattere la piaga dell’analfabetismo, l’ignoranza e la povertà, ma al contempo vorrebbero migliorare l’economia egiziana attraverso il turismo e soprattutto lottare contro l’intolleranza a favore del più alto valore della cittadinanza.
Quindi pur essendo un movimento con radici e valori religiosi, i “Fratelli cristiani” mettono al primo posto l’appartenenza a una nazione in seno alla quale non dovrebbero esistere discriminazioni su base religiosa.
Altri due punti che i Fratelli cristiani hanno da subito chiarito riguardano il finanziamento, che verrà dai membri stessi, e la guida, ovvero non vi sarà alcuna “Guida suprema” a differenza dei Fratelli musulmani.
I Fratelli cristiani hanno tenuto inoltre a precisare di non avere alcun legame ufficiale con la Chiesa copta e hanno sottolineato che per loro la chiesa è semplicemente il luogo in cui vanno a pregare.
Questa precisazione non è casuale, se si pensa che a pochi giorni dall’elezione del nuovo presidente il Papa reggente copto Anba Pachomius si è recato con una delegazione a fare visita a Mohammed Morsi confermando quindi la politica ufficiale della Chiesa copta di collaborazione con chiunque vada al potere nella speranza di sopravvivere.
I questo contesto la Chiesa copta ha mostrato molta diffidenza nei confronti della discesa in politica di una compagine a matrice religiosa.
A fugare ogni dubbio sono gli stessi fondatori della Fratellanza cristiana che si autodefiniscono degli attivisti che combatteranno su tutti i fronti affinché i copti, e non solo, diventino cittadini egiziani a tutti gli effetti e non vengano travolti dall’ondata di integralismo islamico che ha raggiunto la carica suprema del paese.
E’ loro intenzione istituire una rete di persone che prima di pensare alle elezioni e al potere, si preoccupano del bene del cittadino e di arginare ogni forma di intolleranza e violenza.
Sarebbe a questo punto auspicabile un’alleanza o, per lo meno, un’azione comune con il raggruppamento della “Terza opzione” , ovvero con quell’insieme di partiti liberali e laici che lo scorso 23 giugno hanno annunciato di avviare un percorso che li vedrà agire in nome di uno stato civile e moderno.
Sarebbe altrettanto auspicabile una collaborazione con le associazioni femminili che lottano ogni giorno contro la sempre maggiore discriminazione nei confronti della donna in Egitto.
Al riguardo è importante la lucida dichiarazione di Michel Fahmi alla televisione satellitare Al Arabiya: “La nostra attività è volta a aiutare gli egiziani, musulmani e cristiani, a sviluppare le qualità che li portino a essere cittadini attivi. Per esempio, il 34% delle famiglie egiziane è mantenuto dal lavoro delle donne, per questa ragione l’empowerment delle donne è di estrema importanza“.
Come ha scritto qualche mese fa l’intellettuale copto Kamal Ghobrial “se le minoranze – copti, laici, liberali e donne – si unissero e facessero fronte comune diventerebbero la maggioranza” e forse l’estremismo islamico verrebbe finalmente relegato in un angolo.
Per fare tutto ciò le minoranze dovrebbero riuscire a mettere in disparte ideologie ed egoismi che li hanno da sempre caratterizzate. I Fratelli cristiani sembrano essere partiti con buone intenzioni, speriamo che sappiano catalizzare la compagine copta e dialogare costruttivamente con gli altri, ma soprattutto con le vittime dell’estremismo islamico.