Colui che perdona il peccato

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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ROMA, giovedì, 5 luglio 2012 (ZENIT.org).

Vangelo

Matteo 9,1-8
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Lettura

Quel che suscita lo scandalo negli scribi è il fatto che Gesù si arroghi il potere di cambiare quel che è scritto nella Legge; in essa, infatti, Dio ha detto come egli sia disposto a perdonare il peccato e con quali mezzi: i sacrifici nel tempio di Gerusalemme. Per gli scribi, questo è un cambiamento impossibile: verrebbe meno la fedeltà di Dio alla sua parola. Eppure, è proprio quel che invece sembra accadere con Gesù: «fu detto agli antichi, ma io vi dico».

Meditazione

Da dove viene a Gesù il potere di perdonare il peccato, cioè di rendere effettivamente “nuova” la persona, ricostruendola e ricreandola nel corpo, nell’anima e nello spirito? In questo punto del racconto, il Vangelo non lo dice; lo dirà più avanti: esso viene dalla sua auto-donazione al Padre sulla croce quale atto di amore e di comunione con chi si è perso nelle tenebre. Ai nostri occhi postmoderni questa può sembrare una questione secondaria, ma non lo è e non lo era. Non lo era allora: Israele era convinto della possibilità del perdono del peccato, ma pensava che ciò dovesse attuarsi esclusivamente attraverso l’osservanza del culto sacrificale nel tempio di Gerusalemme, come prescriveva la Legge. Gesù, invece, indica una via nuova: se stesso e la sua volontà, la sua storia, la sua morte e la sua risurrezione. La Pasqua del Signore è il “luogo” dove il potere di perdonare è dato agli uomini non come rituale antico, ma come coinvolgimento, operato dallo Spirito, nel dinamismo dell’amore divino fattosi “carne” nel Figlio. Egli è disponibile alla morte pur di continuare a rimanere in mezzo a chi ha bisogno di essere reso “nuovo” e “vivo” davanti a Dio, nella libertà che spetta ai figli. Non lo è oggi, perché al di là di tutto il chiasso del circo mediatico, il perdono è diventato una realtà evanescente: un sentirsi a posto con la propria coscienza, e forse niente più. Una realtà, quindi, dove non c’è spazio per il dono di qualcuno che ci rende nuovi, ma solo per accontentarci di ciò che siamo. Ricominciare a chiedersi che cosa sia il perdono e che cosa Gesù intenda con esso è sempre più urgente. Su questa questione egli ha giocato e si è giocato la vita. Non può quindi non essere lo stesso per chi sceglie di seguirlo. Anche perché, in termini evangelici, vuol dire farsi complici della morte e andare incontro ad essa e ai suoi epigoni, come il profeta Amos annuncia nella prima lettura.

Preghiera

Signore Gesù, tu hai fatto del perdono il segno più grande del regno di Dio e della sua vicinanza all’umanità, affidando alla tua Chiesa la parola della riconciliazione; donaci il tuo Spirito, perché sappiamo entrare in questo mistero, lasciando trasformare la nostra vita e il nostro cuore dalla tua parola che è verità e vita per tutti coloro che la accolgono.

Agire

Oggi mi voglio impegnare perché del perdono si parli in modo serio, sia dentro che fuori casa.

La meditazione quotidiana è un servizio offerto dal Regnum Christi. Le riflessioni sul vangelo del giorno sono tratte da Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.

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ZENIT Staff

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