di Luca Marcolivio
ROMA, mercoledì, 19 novembre 2008 (ZENIT.org) – Il tema del futuro è stato la chiave dei discorsi programmatici in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2008/09 all’Università Europea di Roma. La cerimonia ha visto, come di consueto, interventi di personalità del mondo ecclesiale, politico, accademico ed economico.
Momento centrale dell’incontro è stata la prolusione su “Il futuro della Chiesa Cattolica in Italia” affidata al Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e Arcivescovo di Genova. Nel suo discorso il porporato ha sottolineato le grandi potenzialità del nostro paese in materia di fede, per la quale la più grande minaccia sta nell’eclissi della speranza.
“Il futuro è nelle mani di Dio – ha esordito Bagnasco –. Occorre riconoscere, peraltro, che viviamo in tempi in cui sembra rarefarsi la capacità di inoltrarsi verso il futuro. Forse perché, per la prima volta, il tempo che ci sta davanti è vissuto più come una minaccia che come una speranza”. Tale vuoto è così grande che “solo la fede riesce a colmare, lasciando che ‘la porta oscura del tempo’, del futuro (Spe Salvi, 2) si spalanchi davanti a noi”.
Il Presidente della CEI ha preso le distanze, innanzitutto, dalla “falsa profezia della secolarizzazione”, ovvero dal pensiero laicista “circa l’idea del progresso, inteso come processo inarrestabile che va necessariamente dal bene al meglio, senza soluzione di continuità”. Il crollo delle “illusioni ideologiche (marxismo e liberalismo) ha inferto un duro colpo alla speranza di un ‘avvenire comunque radioso’”.
Non si è verificata, tuttavia, la grande eclissi della fede profetizzata da molti pensatori moderni e contemporanei. Citando il sociologo americano Peter L. Berger, Bagnasco ha sottolineato che “il mondo attuale è religioso in maniera massiccia; è tutto, tranne il mondo secolarizzato che era stato annunciato da tanti analisti della modernità”.
Citando Papa Benedetto XVI, l’Arcivescovo di Genova ha poi indicato l’Italia come “un caso esemplare e, se si vuole, anche assolutamente originale”, in cui il rapporto con la fede cristiana “è profondo e vivo”. Nel nostro paese l’egemonia di un laicismo basato “su una razionalità puramente funzionale” non è affatto “totale e tantomeno incontrastata”.
In Italia la Chiesa è una “realtà molto viva” e, in circostanze recenti molto particolari (referendum sulla legge 40 e Family Day) “è riuscita ad aggregare intorno a cruciali questioni antropologiche dei consensi significativi, ben oltre la compagine credente”. Ciò, grazie anche ad “una presenza capillare” garantita dalle realtà parrocchiali e da altre forme di aggregazione sociale, riconducibili all’esperienza cattolica.
La Chiesa italiana del futuro dovrà dunque “rendere visibile il grande sì della fede”, ha proseguito Bagnasco richiamando nuovamente le parole del Papa. Dovrà, in altre parole, “ribadire ancora una volta il primato di Dio” e “la sua centralità nell’agenda della vita quotidiana”. Ciò appare difficile, in quanto, di questi tempi Dio “sembra divenuto, superfluo, anzi quasi estraneo”.
Chiave di volta di questa fede riscoperta e rinnovata è il “silenzio adorante” che “dispone all’ascolto della Parola nella quale prende corpo e si fa presente l’incontro irripetibile con il Signore Gesù”. “Noi siamo infatti chiamati a riscoprire Dio – ha aggiunto il Cardinale – e non un Dio qualsiasi, ma il Dio con un volto umano, perché quando vediamo Gesù, vediamo Dio”.
Per conoscere Dio è necessario “allargare gli spazi della nostra razionalità”, ha aggiunto il porporato, citando ancora una volta il papa. Non esiste, pertanto, solo una razionalità identificabile con la “epistemologia scientifica”, per la quale “è valido solo quello che è sperimentabile e calcolabile”. Tale metodo è importante e utile ma non va assolutizzato.
“Se così fosse – ha proseguito il presidente della Cei – non solo la razionalità scientifica entrerebbe in contraddizione con il limite che essa stessa giustamente si è imposta, ma renderebbe improponibili le questioni che attengono al bene e alla morale e, più a fondo, il senso e il destino dell’universo, cioè, in ultima istanza la questione di Dio”.
Pertanto la fede deve “ritrovare la sua piena cittadinanza all’interno della cultura del nostro tempo, riuscendo a riaprire la razionalità delle grandi questioni del vero e del bene, sapendo coniugare insieme la teologia, la filosofia e le scienze”. Di qui il ‘progetto culturale’, teorizzato più di un decennio fa dal cardinale Ruini, volto alla sfida di “mostrare la plausibilità del Vangelo in ordine alle grandi sfide della società contemporanea”.
Accanto all’impegno intellettuale la Chiesa italiana è tenuta a mantenere “nel suo DNA un’attenzione speciale verso i poveri e i sofferenti”, facendosi paladina della famiglia “la quale stenta a trovare una propria serenità in ambito economico e per la quale si fatica a far emergere in campo politico la sua ineliminabile soggettività”.
“Altro versante problematico nel quale la Chiesa sa di dover dire il suo sì agli italiani è quello della moralità sociale e della legalità pubblica che sono dimensioni proprie della cittadinanza rispetto ai vincoli collettivi”, ha proseguito Bagnasco con riferimento “alla malavita organizzata, dalla ‘ndrangheta alla mafia, fenomeni che da tempo tendono a ramificarsi all’estero”.
Nucleo centrale e “pressante” delle sfide sociali odierne, è individuato dal cardinal Bagnasco nella “emergenza educativa”. Ad avviso del presidente della Cei ci troviamo di fronte ad una vera e propria “de-regulation educativa”. “Educare non è mai stato facile – ha aggiunto -. Oggi, tuttavia lo è ancor meno, perché si è sedimentata l’idea che sia impossibile educare e dunque si rinuncia in partenza a questo compito”.
Prime vittime di tale mentalità nichilista sono dunque i giovani, orientati dalla cultura dominante verso “obiettivi di basso profilo”, attraverso “una navigazione di piccolo cabotaggio, perché è vano puntare la prua verso il mare aperto”. I sogni tipici della loro età sono pertanto “frantumati proprio mentre chiedono di essere protetti, coltivati nel loro lavoro educativo, e sospinti verso mete nobili e alte”.
Tra queste mete c’è innanzitutto “l’adorabile persona di Cristo Signore”. Egli, tuttavia, non arriva “alla fine della proposta”. “L’annuncio kerigmatico oggi cattura più solitamente dall’inizio, perché è realmente il fascino di Gesù a colpire, per contrasto, magari come ragione di un evento che turba o come senso profondo di una testimonianza di vita che colpisce e sgomenta”.
A fronte del vuoto desolante “rispetto a progetti di decostruzione” come la droga o l’alcool, Cristo diventa “come il risveglio inaudito ad una vita diversa, radicalmente altra, ideale subito concreto e pertinente, principio riordinatore di un’esistenza via via capace di altri sapori e di altri riti”.
In conclusione il Cardinal Bagnasco si è soffermato sull’approccio ideale della Chiesa e alla Chiesa, intesa come comunità complessiva di laici e sacerdoti, in cui troppo spesso “si tende a contrapporre la comunione verticale a quella orizzontale, la comunione visibile a quella invisibile, la comunione gerarchica a quella eucaristica”.
La realtà ecclesiale italiana, ad avviso del Presidente della CEI, “appare normalmente estranea a tali contrapposizioni ideologiche, poiché il popolo cristiano sa coniugare insieme le differenti dimensioni e i relativi servizi ministeriali senza creare fratture o contrapposizioni”.
A fronte di ciò il ruolo dei laici è indispensabile
“per entrare nei gangli vitali dell’esistenza umana (affetti, lavoro, tempo libero, fragilità, educazione, cittadinanza)”. Fermo restando che il loro rapporto con i sacerdoti e i religiosi “va sempre rivitalizzato, se non altro per permettere uno scambio fruttuoso tra le diverse componenti del corpo ecclesiale”.
La sempre più stretta collaborazione tra clero e laici (a questi ultimi “verrà sempre più domandato di contagiare le dimensioni quotidiane del vivere”) dovrà sempre più rivolgersi verso la “centralità della persona”. “Dunque nessun astrattismo – ha aggiunto Bagnasco – ma una proposta che abbraccia la vita, e che porta tutta l’esistenza all’incontro risanatore e liberante di Cristo”.
La Chiesa italiana, dunque, ha davanti a sé una grande sfida, non solo verso il nostro paese “ma anche all’Europa e al mondo, perché ovunque è presente l’insidia del secolarismo e altrettanto universale è la necessità di una fede vissuta in rapporto alle sfide del nostro tempo”, ha concluso Bagnasco, citando le parole di Benedetto XVI al Convegno di Verona del 2006.
“Il futuro della città di Roma” è stato il tema affrontato, invece, dal Sindaco della capitale, Gianni Alemanno. Il primo cittadino ha sottolineato, in particolare, il ruolo universale di Roma, come capitale del cristianesimo mondiale e come centro propulsore di cultura e di cooperazione internazionale.
“La presenza di tredici università – ha sottolineato Alemanno – e delle sedi di organizzazioni internazionali come la Fao, fa di Roma una capitale mondiale della cultura e della cooperazione. La nostra città può davvero diventare un nucleo di integrazione tra Nord e Sud del mondo, in un’ottica di crescita e sviluppo, nel segno di una globalizzazione estranea alle logiche dello sfruttamento”.
“Roma non potrà non diventare la città delle regole – ha aggiunto il sindaco -. Senza di esse non sarà possibile l’integrazione tra i popoli. La grande sfida attuale è il superamento delle antiche scissioni tra mondo laico e mondo cattolico ed una globalizzazione che riscopra la centralità della persona umana”.
Il terzo tema analizzato durante l’inaugurazione, è stato “Il futuro dell’economia italiana”. Ne ha parlato il professor Emmanuele Emanuele, giurista ed economista, presidente della Fondazione Roma.
A fronte della crisi finanziaria mondiale, ad avviso del professor Emanuele, “è necessario un mix virtuoso di stato e mercato”, affinché nel sistema capitalistico “non prevalgano l’utilitarismo e l’individualismo, pur presenti strutturalmente in certa misura nel sistema”.
In tale prospettiva gli operatori economici ed imprenditoriali potranno trovare un forte punto di riferimento nella Dottrina Sociale della Chiesa, presentata nella Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, come “un indispensabile orientamento, nell’affrontare i concreti problemi nei loro aspetti sociali, politici e culturali”.
A margine delle tre relazioni, il Rettore magnifico dell’Università Europea di Roma, padre Paolo Scarafoni LC, ha ricordato i passi avanti compiuti dall’ateneo in fatto di “consolidamento interno” e di “maggiore interazione con il mondo”.
Padre Scarafoni ha sottolineato in modo particolare che “nell’azione educativa s’impone a noi professori l’evidenza che la verità è sempre etica, in quanto non può concretamente condurre al danno e al male di altri che concretamente si affidano a noi per imparare”.