Obiezione di coscienza e diritti del concepito

di Lucio Romano*

ROMA, domenica, 9 novembre 2008 (ZENIT.org).- E’ opportuno fare un richiamo alla Legge 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, premesse le argomentazioni in capo alla legge 194/78, le correlate riflessioni sulla espressione della obiezione di coscienza come tutela della vita umana e le considerazioni in merito alla Sentenza n.27/1975 della Corte Costituzionale (1) che ha “ricondotto la giustificazione dell’aborto nella scriminante dello stato di necessità (sia pure con confini più ampi di quelli indicati dall’art. 54 Codice penale) e non nell’esercizio di un diritto di scelta della donna”.

La legge 40/2004 riconosce in maniera inequivocabile sia il concepito che i suoi diritti, già nelle fasi precedenti all’annidamento: ” […] è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. In tale ambito richiamiamo solo alcune delle considerazioni riportate da C. Casini et al. (2), ed ai quali si rimanda per ulteriori e più approfondite argomentazioni. Nostra esigenza è infatti quella di definire le linee principali della tutela del concepito, riportando sinteticamente chiarimenti sui principali interrogativi (3).

Primo interrogativo: quale diritto prevalente per il concepito e quale tutela?

“[…] il dovere di scegliere avendo prevalente riguardo al minore, come stabilito nella Convenzione sui diritti del fanciullo […] riguarda anche il non nato. A questa conclusione è giunta la Corte Costituzionale nella sentenza 10 febbraio 1997, n. 35, nella cui motivazione si legge che l’art. 1 della legge n. 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza contiene non solo «la base dell’impegno delle strutture pubbliche a sostegno della valutazione dei presupposti per una lecita interruzione della gravidanza, ma è ribadito il diritto del concepito alla vita», il quale «ha conseguito nel corso degli anni sempre maggiore riconoscimento anche sul piano internazionale e mondiale», «come risulta – continua la sentenza – dalla Dichiarazione sui diritti del fanciullo […] nel cui preambolo è scritto che il fanciullo a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una particolare protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata sia prima che dopo la nascita». […] In definitiva dall’art. 1 risulta che la legge 40/2004 (n.d.r.) considera l’embrione a) come un essere umano; b) alla pari dei già nati e perciò c) qualificato come soggetto titolare di diritti; d) fin dal concepimento” (4).

Secondo interrogativo: i diritti del concepito rappresentano una novità nell’ordinamento giuridico italiano?

“L’espressione «diritti del concepito» non è nuova nell’ordinamento giuridico. Essa è usata nell’art. 1 c.c., che peraltro subordina all’evento della nascita i diritti che la legge attribuisce al concepito. […] La qualificazione del concepito come soggetto titolare di diritti contenuta nella legge n. 40/2004 si collega, da un lato, al riconoscimento del concepito come realtà biologica che è centro unitario di interessi già emergenti dal codice civile, ma dall’altro è nuova perché non subordina i suoi diritti alla nascita. Essa, tuttavia, non modifica l’art. 1 c.c., […] perché le due norme si trovano su piani diversi. L’art. 1 c.c. si riferisce, infatti, ai rapporti patrimoniali e alla circolazione dei beni, mentre l’art. 1 della legge n. 40/2004 investe in modo specifico la materia della PMA e più generalmente i diritti personalissimi di rilevanza costituzionale e di interesse pubblico” (5).

Terzo interrogativo: quali i possibili diritti dell’embrione?

Quali siano, poi, i possibili diritti «embrionali» (non nel senso di diritti meno consistenti di altri, ma nel senso di diritti attribuiti al concepito) è ben detto dal Parlamento Europeo nella risoluzione dedicata ai problemi etici e giuridici della fecondazione artificiale umana «in vivo» e «in vitro», adottata il 16 marzo 1989 che li elenca come «diritto alla vita e alla integrità, diritto alla famiglia, diritto alla propria identità genetica». Non appare dunque fuori misura l’espressione «diritti del concepito» nell’art. 1 della legge n. 40/2004. Essa è ripetuta per sei volte anche nella motivazione della già citata sentenza n. 35/1997 della Corte Costituzionale, la quale annota anche che «si è rafforzata la concezione, insita nella Costituzione italiana, in particolare nell’art. 2, secondo la quale il diritto alla vita, inteso nella sua espressione più lata, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili e cioè tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono – […] – all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana».

All’art. 2 Cost., che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» aveva fatto riferimento anche la sentenza 18 febbraio 1975, n. 27 della Corte costituzionale per affermare il fondamento costituzionale della tutela del concepito, sia pure evitando di usare l’espressione «diritto alla vita del concepito» e preferendo parlare, in modo più equivoco, di «situazione giuridica del concepito»”: “[…] ha fondamento costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione, denominando tale diritto come diritto alla vita, oggetto di specifica salvaguardia costituzionale” (6).

Con una successiva sentenza n. 35 del 1997, la Corte Costituzionale ha stabilito che nell’art. 1 della legge n.194/78 “è contenuta la base dell’impegno delle strutture pubbliche a sostegno della valutazione dei presupposti per una lecita interruzione volontaria della gravidanza, ma è ribadito il diritto del concepito alla vita. La limitazione programmata delle nascite è infatti proprio l’antitesi di tale diritto, che può essere sacrificato solo nel confronto con quella, pure costituzionalmente tutelato e da iscriversi tra i diritti inviolabili, della madre alla salute e alla vita”.

Comunque l’obiezione di coscienza è l’espressione di un diritto fondamentale dell’uomo, come riportato nella Carta costituzionale agli artt. 2, 19, 21 primo comma (diritti inviolabili dell’uomo, libertà di manifestazione del pensiero, libertà di coscienza religiosa).

Dall’art. 2 della Costituzione si evincono alcune considerazioni essenziali: a) l’articolo connota il nostro sistema come «Stato di diritti» che, appunto, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. L’affermazione sancisce l’originarietà dei diritti inviolabili dell’uomo, che in quanto fondamentali e connaturati alla persona, preesistono allo Stato, il quale oltre a riconoscerli si impegna ad assicurarne un’efficace protezione; b) i diritti inviolabili dell’uomo sono i diritti fondamentali attraverso i quali la persona umana può affermare la propria libertà ed autonomia. Per il loro carattere di appartenenza originaria alla sfera più intima e personale dell’essere umano, i diritti inviolabili dell’uomo sono inalienabili ed intrasmissibili, irrinunciabili ed indisponibili, insopprimibili in quanto il sistema di libertà che essi rappresentano costituisce il fondamento dello Stato di diritto e una loro violazione attuerebbe un sovvertimento dell’assetto costituzionale; c) la norma dopo aver sancito il principio personalista a tutela dei diritti della persona, pone un contrappeso, proclamando il «principio solidarista», ovvero il singolo esce da una posizione di difesa egoistica dei propri interessi, per assumere un ruolo responsabile della collettività.

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A tal riguardo la Corte costituzionale “afferma chiaramente che dei diritti inviolabili e delle libertà fondamentali «non può darsi una piena garanzia […] senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell’uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale e il fondamento di valore etico-giuridico» (7) e che «la coscienza individuale ha rilievo costituzionale quale principio creativo che rende possibile la realtà delle libertà fondamentali dell’uomo e quale regno delle virtualità di espressione dei diritti inviolabili del singolo nella vita di relazione» «essa gode di una protezione costituzionale» (8). Queste considerazioni, essendo in gioco un bene così grande come quello della vita umana, rendono configurabile una sorta di «clausola di coscienza» da invocare sia a tutela di quel foro interno in cui risiede il patrimonio più intimo e prezioso dell’uomo (e che, in quanto tale, è inviolabile), sia a difesa di tutti quei comportamenti volti alla promozione del bene fondamentale e indisponibile della vita umana” (9).

* Il prof. Lucio Romano è dirigente ginecologo del Dipartimento di Scienze Ostetrico-Ginecologiche, Urologiche e Medicina della Riproduzione all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Vicepresidente del Movimento per la Vita (MpV). E’ autore, insieme a Maria Luisa Di Pietro, Maurizio P. Faggioni e Marina Casini, del libro “RU – 486. Dall’aborto chimico alla contraccezione d’emergenza” (Edizioni ART, Roma).

(1) Corte Costituzionale, Sentenza 18 febbraio 1975, n.27, Giurisprudenza Costituzionale 1975, I: 117-120

(2) Casini C., Casini M., Di Pietro M.L., La legge 19 febbraio 2004, n.40. “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Commentario. Giappichelli: Torino, 2004.

(3) La letteratura sullo statuto ontologico dell’embrione, con le diverse posizioni antropologiche, è abbastanza ricca. Per un approfondimento: Comitato Nazionale per la Bioetica, Identità e statuto dell’embrione umano, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’Informazione e l’editoria, Roma, 1996; Palazzani L., Il concetto di persona tra bioetica e diritto, Giappichelli: Torino, 1996; Pessina A., Bioetica e antropologia. Il problema dello statuto ontologico dell’embrione umano, Vita e Pensiero: Milano, 1996, 6: 402-424; Pontificia Academia Pro Vita, Identità e statuto dell’embrione umano, Libreria Editrice Vaticana, 1998; Di Pietro M.L., Sgreccia E., Procreazione assistita e fecondazione artificiale tra scienza, bioetica e diritto. La Scuola: Brescia, 1999; Casini M., Il diritto alla vita del concepito nella giurisprudenza europea, CEDAM: Padova, 2001; Sgreccia E., Calabrò G.P. (a cura di), I diritti della persona nella prospettiva bioetica e giuridica, Marco: Cosenza, 2002; Serra A., L’uomo embrione. questo misconosciuto, Cantagalli: Siena, 2003.

(4) Casini, La legge 19 febbraio 2004, n.40 …, p.27

(5) Ibid., p.33

(6) Ibid., p.34

(7) Corte Costituzionale, Sentenza (16.12) 19 dicembre 1991, n. 476

(8) Ibid.

(9) Di Pietro ML, Casini M, Fiori A, Minacori R, Romano L, Bompiani A, Norlevo e obiezione di coscienza, Medicina e Morale 2003; 3: 411-455

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ZENIT Staff

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