Peggiorano le condizioni piscologiche e fisiche di Asia Bibi

La Corte di Lahore continua a rimandare il processo della donna cristiana, dal 2010 nel braccio della morte per blasfemia. I legali presentano una petizione, famiglia e società intanto si allarmano per la sua salute

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Peggiora la salute “piscologia e fisica” di Asia Bibi, la madre cristiana di cinque figli condannata a morte in Pakistan per blasfemia. Lo conferma all’agenzia Asia News il sacerdote attivista dell’arcidiocesi di Lahore, padre Ilyas John, chiedendo “cure mediche immediate” per la donna.

Sono anni che Asia Bibi attende il processo di appello: dal novembre 2010 la cristiana – divenuta ormai un simbolo della lotta contro la blasfemia – vive nel braccio della morte, isolata per motivi di sicurezza. Un vero e proprio dramma quello vissuto da lei e non solo: per averla difesa, nel 2011, gli estremisti islamici hanno massacrato il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro federale per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti.

Nelle scorse settimane, la Corte di appello di Lahore ha rimandato più volte l’inizio del processo di secondo grado, perseguendo quello che i legali di Asia, Sardar Khan Chaudhry e Sardar Mushtaq Gill, hanno definito “una tattica dilatoria” grazie a espedienti legali di vario tipo.

Un esempio è quanto accaduto a fine maggio, quando il fascicolo relativo ad Asia Bibi è scomparso senza motivo dalla lista delle udienze. Fonti locali riferiscono che i magistrati non vogliono assumersi l’onere di emettere un giudizio sul suo caso, mentre “ordini superiori” spingono a rimandare il momento del verdetto.

“Condanniamo con forza l’atteggiamento della magistratura”, afferma ad Asia News l’attivista musulmano pro diritti umani Akeel Ali Mehdi, un musulmano. “Asia Bibi – dice – ha sofferto ormai abbastanza, anche la sua famiglia ha sofferto. Ora è tempo che venga fatta giustizia, che le siano fornite le cure necessarie; i giudici devono affrontare immediatamente il suo caso”.

Intanto gli avvocati della Bibi hanno depositato una nuova petizione, affinché venga fissata al più presto una data che dia il via il processo di appello. Nel documento presentato alle autorità dai legali si parla anche di una salute in rapido peggioramento, confermata anche dalla famiglia che l’ha incontrata nelle scorse settimane.

Dal ministero degli Interni riferiscono che la cristiana può disporre di due visite mediche mensili, mentre i vertici della prigione parlano di rapporti medici “montati ad arte”. Tuttavia, difesa e parenti rilanciano l’allarme sulle sue condizioni e chiedono cure mediche approfondite, assieme ad una data certa per il processo di appello.

Proseguono numerose, infine, le campagne di sensibilizzazione e le iniziative poste in essere dalla società civile e da diversi politici per far sì che la donna torni ad abbracciare i suoi cinque figli. La comunità cristiana pakistana, ad esempio, ha promosso diverse giornate di digiuno e preghiera per la sua liberazione a cui hanno aderito anche alcuni musulmani.

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ZENIT Staff

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