La chirurgia estetica delle persone Down

Il commento ad un documento del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB)

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di Paolo Arosio* e Carlo Bellieni**

ROMA, lunedì, 16 luglio 2012 (ZENIT.org).- Il Comitato Nazionale di Bioetica in un documento appena pubblicato prende posizione sulla medicina estetica intitolato “Aspetti bioetici della chirurgia estetica e ricostruttiva”.

Buono il giudizio di fondo: “Ad alimentare, poi, queste fantasie di libertà dai vincoli che il nostro essere incarnati ci impone è l’odierna cultura mediatica (…), alleata con un mercato della bellezza e della fitness sempre più pervasivo.” E continua: “Si rileva il moltiplicarsi di offerte sul web di interventi di chirurgia estetica, in grado di suscitare attese palesemente irrealizzabili. Questi messaggi, condizionando gusti e canoni estetici, veicolano l’idea che è sul corpo e sulla sua dimensione estetica che convergono interessi sociali ed economici. Gli operatori del settore dovrebbero essere responsabilizzati sui rischi che i loro messaggi possono trasmettere”. Questo è molto importante, perché il ricorso alla chirurgia deve essere sempre libero e consapevole.

Ma una parte ci appare più critica: la chirurgia estetica delle persone Down. Si legge che il CNB favorisce gli interventi “funzionali” ma non quelli “estetici” sulle persone Down. Riguardo agli interventi “estetici”, si legge che questi (quelli che poi servono a non mostrare dai tratti somatici la malattia del paziente) possono determinare “la percezione di essere rifiutato dall’ambiente sociale e in specie da coloro che si dovrebbero prendere cura di lui”. “Oltretutto – continua il documento- si rischia di alimentare l’illusione, nei confronti dei familiari, che l’intervento estetico modifichi la condizione di disabilità”.

Su questo, abbiamo i nostri dubbi, perché certa disabilità fisica o mentale non si modifica, certo; ma si modifica il modo in cui la gente ti guarda se hai scritto in faccia la tua malattia: se non altro il diritto alla privacy impone il rispetto della riservatezza. Non si tratta di cercare un’estetica per “attrarre”, ma un’estetica per non essere discriminati.

La persona Down infatti ha proprio questo: la tracciabilità. Infatti, mentre altri tipi di ritardo dell’apprendimento non si manifestano all’occhio di chi guarda prima ancora che all’intelletto, in questo caso avviene proprio così. E chi ha la sindrome Down è di solito guardato se non con diffidenza, almeno con sbigottimento. Già, se nasce, tutti ti domandano: “Ma non hai fatto l’amniocentesi?”, come a dire: “perché l’hai fatto nascere?”.

Il Comitato – si continua – ritiene che l’accettazione della disabilità non debba passare attraverso la modificazione esteriore del corpo, ma attraverso il riconoscimento della persona, che si esprime nella relazione e nell’accettazione della sua condizione esistenziale.” E su questo il CNB ha ragione; ma è molto ottimista. Non ci sembra di vedere alcun ulteriore sforzo culturale nella società per accettare i bimbi Down.

Il CNB insomma accetta interventi sui bambini Down limitati a “Quelli necessari alla loro salute”; ma la salute di una persona è anche il diritto a non essere guardato con pregiudizi da chi passa.

D’accordo, non è la persona Down che si deve adattare alla società, ma il contrario; ma quanto ci appare lontano questo traguardo a noi che viviamo nella società del rifiuto di tutto: rifiuto degli oggetti che hanno smesso di avere un apparenza attraente, rifiuto del cibo quando ha apparentemente qualche microscopica pecca, fino al rifiuto di noi stessi, quando ci sentiamo delusi e non integrati… e al rifiuto delle persone che per i mercati economici possono essere definiti “non utili”.

Certo, nulla va fatto con avventatezza, e nemmeno per soddisfare i pregiudizi; ma un genitore sente il disagio del figlio di essere fissato con insistenza e vuole che la gente lo guardi senza mesta compassione e senza pensare che si tratta di un “clandestino genetico”, non pensa forse alla salute del figlio se gli fa modificare le palpebre? Se l’intervento fosse oltremodo rischioso o doloroso, si dovrebbe soprassedere; ma se non lo è?

* Paolo Arosio, Presidente dell’associazione “Amici di Giovanni” (Giovanni è un ragazzo Down)
** Carlo Bellieni, Pediatra

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ZENIT Staff

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