Il significato etico dell'obiezione di coscienza

Obiezione di coscienza 2 / Analisi filosofica

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di Adriano Fabris*

ROMA, venerdì, 6 luglio 2012 (ZENIT.org) – Non è possibile certo, in poche righe, anche solo delineare la storia di una tematica articolata e complessa come quella dell’obiezione di coscienza. Ben lo sappiamo: la scelta per l’obiezione – perché appunto di una scelta si tratta – si è riproposta con forza soprattutto nel Novecento e soprattutto in relazione a quell’impegno militare che, nel “secolo breve”, aveva dissanguato un’Europa ancora convinta di essere al centro del mondo. Oggi invece la questione si presenta con forza soprattutto in relazione alle tematiche bio-sanitarie e in conseguenza di quelle nuove situazioni di fronte a cui i progressi scientifici e tecnologici ci hanno condotto, e che richiedono un’attenta riflessione anche sul piano morale.

Tuttavia, ripeto, non è possibile approfondire qui tale vicenda nel suo sviluppo e i tutti vari aspetti che di essa sono propri. Mi preme allora individuare, sia pur schematicamente, due modelli di obiezione, due forme in cui essa si può esprimere, qualunque sia il campo del suo esercizio. M’interessa soprattutto mostrare, a partire da tale riflessione, che la scelta dell’obiezione non coincide comunque con un semplice “dire di no”, ma, nei casi in cui si attua più compiutamente, implica piuttosto l’apertura di un’alternativa possibile, di uno scenario diverso rispetto a ciò che non è lecito accettare. Come peraltro indica lo stesso uso quotidiano del verbo “obiettare”.

I due modelli possono essere esemplificati facendo riferimento a due figure significative per il nostro tema. La prima è quella di Bartleby lo scrivano, il protagonista di un famoso racconto di Herman Melville. La seconda è invece quella di san Massimiliano, il giovane che, nel terzo secolo dopo Cristo, fu martirizzato a seguito del rifiuto di svolgere il servizio militare.

Bartleby è noto per la risposta che dava a chi lo esortava a fare qualcosa di più del suo compito di copista. La risposta era sempre: “Preferirei di no”. Più oltre nel racconto egli smette addirittura di lavorare, ripetendo sempre la medesima frase.

Si tratta di una risposta difensiva, di una reazione nei confronti di ciò che sembra disturbare il suo tran tran, la sua tranquillità gelosamente custodita. È la risposta che il burocrate, talvolta, fornisce alle richieste di chi a lui si rivolge, magari anche solo con il proprio comportamento. Solo che Bartleby ha il pregio di esprimersi ad alta voce.

Massimiliano sente invece il conflitto fra le sue convinzioni profonde, fra la sua coscienza di cristiano, e ciò che gli viene richiesto dall’istituzione. La sua obiezione non è un rifiuto di fare, ma è una rivendicazione della propria libertà. Essa apre a possibili azioni di tipo diverso, motivate in questo caso dall’intenzione di promuovere la vita invece che una cultura di morte. Si tratta di una rivendicazione che vale per sé e per gli altri. E che viene posta in opera mettendosi fino in fondo in gioco e opponendosi attivamente a un’istituzione che, invece, questa libertà intende negare.

È chiaro che le due posizioni che ho esemplificato sono modi decisamente opposti di obiettare.

La prima, potremmo dire, è una forma negativa.

Essa mira solo a difendere il proprio spazio da una presunta ingerenza altrui. Per ottenere questo scopo è sufficiente non fare nulla. Obiezione significa qui, dunque, astenersi dal fare. Non vengono indicati altri scenari, non si ritiene di doversi mettere alla prova per ottenere qualcosa d’altro. Ecco perché Bartleby non è un testimone, ma solo l’esempio di una resistenza che sfocia in una deprimente ignavia.

Diverso, radicalmente diverso, è il caso di Massimiliano. Egli afferma: “Sono cristiano e non posso fare del male”. La sua testimonianza è compiuta dunque in nome di uno scenario diverso, di un mondo in cui non ci sia più posto per conflitti e violenza. Allo scopo di mostrare che questo mondo è possibile – anzi, per anticiparlo nella nostra stessa vita, anche se solo in parte – bisogna essere coerenti con ciò in cui si crede. Sono necessari, in altre parole, gesti significativi che inaugurino già ora questo nuovo scenario, gesti che rimandino a un’altra dimensione.

Ecco perché l’obiezione di Massimiliano ha un carattere di positività. Ecco perché non mira semplicemente alla conservazione del proprio spazio, ma apre spazi nuovi.

Su questa linea, sulla linea di Massimiliano piuttosto che su quella di Bartleby, credo possa essere messo in luce l’autentico significato etico dell’obiezione di coscienza. Che non è semplicemente un dire di no. Certo: la resistenza è un elemento caratteristico dell’obiettare. E tuttavia il resistere si configura, nel caso di questa scelta, come una sorta di “grado zero”. Bisogna invece sia chiaro come nella stessa obiezione di coscienza, e nella testimonianza in cui essa s’incarna, emerga – e, anzi, risulti già messo in opera proprio attraverso tale testimonianza – quello scenario di valori che rappresenta una reale alternativa rispetto alla situazione nei cui confronti avviene l’obiezione. Qui, insomma, l’obiezione di coscienza ha un carattere costruttivo. Risulta, come tale, un gesto profetico.

Questo è ciò che la riflessione morale, riguardo a tale tematica, è in grado di mettere in evidenza. Si tratta di una tematica che, come dicevo, può trovare una molteplicità di articolazioni e riproporsi in tutti quegli ambiti in cui un’istituzione impedisce a un essere umano di seguire le proprie convinzioni profonde. L’obiezione di coscienza è appunto una risposta, pacifica e ferma, a tale impedimento. È una risposta che dice alternative concrete di vita: non già un semplice dire di no. E che le dice davanti a tutti e per tutti. Infatti, dal momento che in questo gesto è insita una rivendicazione di libertà, l’obiezione di coscienza si configura come salvaguardia, per il singolo e per ogni persona, del patrimonio fondamentale di una comunità che voglia dirsi davvero democratica.

*Professore Ordinario di Filosofia Morale,
Università di Pisa
Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita

(La prima puntata è stata pubblicata ieri, giovedì 5 luglio)

(Per consultare la newsletter di Scienza & Vita, si può cliccare sul seguente link: http://www.scienzaevita.org/materiale/Newsletter58.pdf)

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ZENIT Staff

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