"Grazie per la sua luminosa testimonianza di fede e di amore"

Lettera aperta di mons. Domenico Cancian a Benedetto XVI

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Riprendiamo di seguito il testo integrale della lettera aperta scritta da monsignor Domenico Cancian, vescovo della diocesi di Città di Castello, dopo la rinuncia di papa Benedetto XVI.

*** 

Santità, 

Le scrivo questa lettera aperta non con la pretesa che trovi il tempo di leggermi in giorni così intensi, ma perché mi sento di esprimere pubblicamente alcuni sentimenti che porto nel cuore. Spero aiutino anche la Chiesa tifernate – che Lei mi ha affidato quasi sei anni fa – a vivere con fede l’attuale momento storico, senza perderci in vane curiosità e futili o falsi intrattenimenti.

Principalmente sento di ringraziare il Signore e Lei per la testimonianza umana e cristiana dell’intera sua esistenza, in particolare per gli otto intensi anni di pontificato, in età avanzata, raccogliendo con umile coraggio la straordinaria eredità di Papa Wojtyla.

Mi fermo sulle 20 righe da Lei lette davanti ai cardinali l’11 febbraio 2013, sorprendendo tutto il mondo. Le ho rilette più volte. Ho colto nel contenuto e nello stile un concentrato della sua persona.

Anzitutto lo stile: essenziale, lucido, semplice, sereno, coraggioso, profetico. Non una parola in più, senza cadute nella platealità e nel drammatico.

Per comunicare la decisione non meno grave di quella da Lei presa quando accettò il ministero petrino. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza…”

Oggi, Lei sa molto bene, si preferisce far appello in modo troppo soggettivo al “mi sento – mi piace”, e non alla coscienza che il Vaticano II definisce come “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria” e “scopre una legge che non è lui a darsi e che costituisce la dignità stessa dell’uomo” (GS, n 16).

Nella coscienza Dio parla e l’uomo nella fede, pregando a lungo (come Lei ha fatto), ascolta e decide di obbedire a Dio. “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutt’intero liberamente” (DV, n. 5), vincendo la triplice concupiscenza (l’avere, il potere, il piacere) di cui Lei ci ha parlato nell’Udienza generale successiva, il mercoledì delle ceneri, 13 febbraio 2013.

E ciò nel bel mezzo dell’Anno della fede, da Lei fortemente voluto come fondamento della vera riforma della Chiesa, di fatto l’ultima parola autorevole del Suo Magistero petrino, che il Suo successore sarà chiamato a portare a compimento. Grazie per questa lectio, e soprattutto actio, magistralis con cui da pioniere ha aperto, senza enfasi, una strada che sembrava impervia.

L’ha ripetuto due giorni dopo: “Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza… Mi sostiene e mi illumina la certezza (nrd: della fede) che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mancare mai la sua guida e la sua cura”. 

E poi le due motivazioni ben chiare, a partire dalla logica dell’umana ragione, a cui Lei ha fatto molte volte riferimento, per supportare la fede.

Primo. “Le mie forze per l’età avanzata non sono più adatte per esercitare il ministero petrino… il vigore sia del corpo, sia dell’animo negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Secondo. “Il mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede” richiede nuove energie, un altro servitore.

Non si può non consentire. E Lei, che ha sempre amato la verità, anche quella scomoda, ha preso la decisione storica e inedita, sorprendendo tutti.

E in tempi rapidi, per amore a Cristo e alla Chiesa. Senza commemorazioni o celebrazioni dal sapore autoreferenziale.

Lei che ha visto da vicino la bellezza ma anche la debolezza degli uomini di Chiesa (sporcizia, carrierismo, divisioni, pedofilia), soffrendone non poco, non esprime né risentimento, né amarezza. Anzi, con l’animo mite e gentile che La caratterizza, dice: “Vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero e chiedo perdono per tutti i miei difetti”.

Guardando infine al prossimo futuro, Lei si propone due impegni dettati anch’essi dalla Sua viva fede.

Primo. Affidare e consegnare la santa Chiesa alla cura del sommo pastore Gesù Cristo nostro Signore e alla bontà materna di Maria.

Secondo. “Per quanto mi riguarda vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la santa Chiesa di Dio”.

Mi sarei aspettato che si proponesse il meritato riposo e dar spazio ai suoi legittimi interessi. Lei decide di dedicarsi semplicemente alla preghiera, sulla quale ha richiamato tantissime volte l’attenzione, sostenendo che è “la prima attività pastorale”, lo spazio per l’amicizia con Gesù, il cuore della vita cristiana, a cui nulla va anteposto, come voleva San Benedetto di cui, non a caso, adesso lo capiamo bene, ha scelto il nome. Il monastero, senza riflettori, senza microfoni, senza udienze a non finire, come luogo ideale per gustare di più “quasi fisicamente, la forza della preghiera”

Grazie per la sua luminosa testimonianza di fede e di amore appassionato alla Chiesa e al mondo.

Anche noi, come Chiesa tifernate, vogliamo impegnarci su due fronti: “avanzare senza indugi per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità” (LG, n. 41) e pregare con Lei per la santa Chiesa e per il nuovo Pietro che il Signore vorrà donarci.

Anche per sintonizzarci con il “tempo forte” della Quaresima (chi l’ha voluta questa coincidenza?), ci lasceremo guidare da quell’imperativo secco di Gesù “convertiti e credi al Vangelo” che la Chiesa ci ha ripetuto mercoledì delle ceneri.

Che la Pasqua 2013 dell’Anno della fede, nel 50º del Vaticano II, sia per la Chiesa universale e per il mondo una nuova Pentecoste! Come sognavano Papa Giovanni, Papa Luciani, Papa Woityla e Lei, amato Papa Benedetto. Benedetto dal Signore e da tutti noi, ci doni ancora la Sua paterna e apostolica Benedizione.

Con profonda stima, con filiale affetto e sincera gratitudine 

+ Domenico Cancian f.a.m.
vescovo di Città di Castello da Lei eletto 

Prima domenica di Quaresima, 17 febbraio 2013

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ZENIT Staff

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