Il conflitto di interesse delle agenzie di rating

Accuse pesanti contro le principali agenzie di rating. Quando l’utilitarismo e la speculazione cercano di intossicare la realtà

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Nei precedenti articoli avevo evidenziato come il Presidente degli Stati Uniti si stesse muovendo contro il Leviatano del capitalismo finanziario con una serie di manovre e di incarichi tra i quali la nomina della procuratrice Mary Jo White, che ha lavorato quasi un decennio come procuratore a Manhattan, occupandosi di numerosi casi di corruzione e frodi finanziarie.

C’è una notizia che segna un duro colpo all’anarchia e all’avidità del capitalismo finanziario e del suo sistema ideologico; il Dipartimento della Giustizia americano ha chiesto la condanna pecuniaria per oltre 5 miliardi di danni a Standard & Poor’s (S&P).

Si tratta della prima causa intentata dalla autorità federali contro una grande agenzia di rating accusata di responsabilità nella crisi finanziaria del 2007. La causa civile del governo è appoggiata da 16 stati e dal Distretto di Columbia, quello della capitale, Washington.

Secondo quanto accertato dal Governo USA, Standard & Poor’s (S&P) ha violato i suoi stessi criteri nell’assegnare i voti a bond collegati a mutui che hanno poi scatenato la crisi finanziaria e provocato costi agli investitori per miliardi di dollari.

Come funziona il ruolo delle agenzie di rating? Nell’epoca d’oro del turbocapitalismo, quando il settore degli immobili sembrava promettere profitti per tutti, S&P, la principale agenzia di rating d’America e del mondo, sopravvalutò deliberatamente alcuni titoli del settore.

Così, le future obbligazioni vennero “tossicamente innalzate” in maniera speculativa, collegate ai famigerati mutui subprime, sarebbero state successivamente promosse al massimo grado di investimento.

In questo modo furono convinti gli investitori a comprare titoli apparentemente sicuri ma in realtà gonfiati dalla speculazione. Gli inquirenti sospettano che S&P non sarebbero stati sufficientemente imparziali. Ricorrendo a scelte dettate forse dalla malafede.

La causa, presentata in un tribunale di Los Angeles, è stata annunciata direttamente dal Segretario alla Giustizia Eric Holder, che ha anche fornito la stima dei danni multimiliardari che la S&P sarebbe costretta a pagare.

Il calcolo dei cinque miliardi di dollari è pari alle perdite sofferte sui derivati legati ai mutui, da parte dei Cdo (collateralized debt obligation), degli istituti finanizari e dalle banche assicurati dalle autorità federali durante la crisi.

La legislazione violata sarebbe in particolare il Financial Institutions Reform, Recovery, and Enforcement Act, misura che è stata varata per recuperare i danni dopo il collasso delle casse di risparmio della fine degli anni Ottanta.

Le accuse riguardano i Cdo emessi nel 2007 e legati a pacchetti di mutui subprime, i più rischiosi. Il Governo ha esaminato in particolare 40 valutazioni massime, spesso di Tripla A, assegnate a bond che hanno perso completamente valore subito dopo essere stati venduti agli investitori.

S&P era afflitta “da significativi conflitti di interesse”, ha dichiarato Holder. Avrebbe cioè dato rating elevati a titoli tossici, anche sapendo che non erano meritati, per attirare il business delle società che emettono i bond.

Nel ricorso, il Governo cita numerosi scambi di posta elettronica tra analisti che a sua avviso dimostrano come la società non fosse affatto convinta dei suoi giudizi.

Quali sono i conflitti d’interesse?

Faccio l’esempio di Capital World Investment. E’ una delle maggiori società di gestione del risparmio americane.

I giudici hanno finalmente “visto” quello che tutti sapevano cioè “chi è il proprietario delle agenzie di rating. La Capital World Investment, è infatti contemporaneamente il primo azionista di S&P (detiene il 10,26% della casa madre McGraw Hill) e il secondo maggiore socio di Moody’s (con il 12,60%). Moody’s e S&P sono concorrenti sul mercato.

La stessa filosofia ha guidato Vanguard Group, i fondi Blackrock, State Street e molti altri: tutti questi grandi investitori Usa, secondo i dati Bloomberg, figurano infatti tra i principali azionisti sia di Moody’s, sia di S&P. Insieme a tanti altri fondi o banche.

A questo punto appare chiaro il gigantesco conflitto d’interessi: tutti questi investitori sono da un lato azionisti dei due big del rating, ma dall’altro sono anche utilizzatori dei loro stessi rating quando acquistano obbligazioni sul mercato e migliori sono i rating emessi maggiori sono i guadagni e quindi le commissioni pagate alle società di rating.

In altre parole, S&P, Moody’s e Fitch sono pagati dalle stesse società che devono valutare.

Nasce il sospetto che quando un analista di una agenzia di rating diffonde una previsione sull’economia di un Paese, è forte il sospetto che la stessa banca per cui lavora abbia un’esposizione su quello stesso Paese.

Parafrasando quanto disse Warren Buffet (grande speculatore, quindi non sospettabile di parzialità) più di dieci anni fa: “I giudizi delle agenzie di rating (lui parlava di derivati) sono armi finanziarie di distruzione di massa, portatrici di pericoli, che seppure latenti al momento, sono potenzialmente letali”.

Comunque vada a finire, l’inchiesta ha già sollevato quella che dagli albori della crisi è considerata come la vera questione di fondo relativa al clamoroso potere assunto dalle agenzie come S&P.

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Carmine Tabarro

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