C’è qualcuno, nelle aule parlamentari dell’Unione europea, che si attiva per difendere il diritto dei bambini di chiamare madre e padre i propri genitori. Diritto apparentemente ovvio, banale, inutile da rivendicare. Eppure, stando a una modulistica scolastica che sembra diffondersi a macchia d’olio in alcuni Paesi Membri, anche questo diritto lapalissiano appare inopinatamente calpestato.
È per questo che la scorsa settimana si è mobilitata l’onorevole Cristiana Muscardini, battagliera donna piemontese passata dalle file del Msi ad An, dal Pdl alla breve esperienza con Fli, fino alla fondazione del movimento Conservatori e Social Riformatori, che aderisce in Europa al Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei. L’eurodeputata ha scritto di suo pugno una lettera alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo e un’interrogazione parlamentare.
Lo scopo? “Arginare un fenomeno che prende sempre più piede, quello di una burocrazia che travisa la realtà per favorire un presunto politically correct”, confida a ZENIT. “In numerosi Paesi Membri e in parecchi enti locali in Italia – approfondisce la Muscardini – nella modulistica si stanno sostituendo, ove presenti, i ruoli di mamma e papà con queste figure mitologiche in ordine gerarchico, ‘genitore 1 e 2’”.
All’onorevole Muscardini questa tendenza appare grottesca. “Non lo possiamo accettare – dice – non per ragioni ideologiche o religiose, ma soprattutto perché va contro la realtà dei fatti e la legge di natura: un figlio ha comunque un padre e una madre, conosciuti o meno che siano”.
Quando le chiedo quanto l’Unione europea, pur non avendo competenza su certi temi, stia incoraggiando una cultura che mina il concetto tradizionale di famiglia, l’onorevole Muscardini risponde in modo molto schietto. “Dal rapporto Estrela al rapporto Lunacek – ricorda -, praticamente ad ogni sessione plenaria ci troviamo a discutere di legislazioni che puntano a regolamentare con normative europee la sessualità delle persone”.
Se il rapporto Estrela è stato fatto uscire dalla porta, i principi in esso contenuti sono rientrati a Strasburgo dalla finestra con il rapporto Lunacek, approvato il mese scorso dal Parlamento europeo. La Muscardini ritiene “senza dubbio lodevole” l’iniziativa del rapporto di contrasto all’omofobia. Tuttavia, ne traccia dei “contorni parecchio labili e che potrebbero minare la libertà di espressione verso chi, senza essere omofobo, critica alcune impostazioni familiari e le normative per regolarle”.
Inoltre, spiega preoccupata l’europarlamentare a proposito di questo rapporto, “mira a portare nelle scuole, fin dall’infanzia, qualcosa di molto simile a quello che molti chiamano ‘ideologia gender’ e, soprattutto, entra nel campo dei diritti familiari che sono di competenza degli Stati Membri”. Il parere della Muscardini è che “si tratta di un segnale, che alcuni gruppi all’interno del Parlamento hanno voluto dare alla società”. Ma visto che “non avrà un grande impatto dal punto di vista legislativo”, l’europarlamentare lo confina all’ambito della mera “propaganda”.
La Muscardini auspica invece un’attenzione da parte dell’Ue rispetto a questioni più stringenti. “È molto strano – afferma – che a fronte di tanto attivismo sul piano della sessualità ci sia un colpevole silenzio sulla situazione dei bambini in Europa”. Il suo riferimento è allo Jugendamt, “l’Istituto tedesco che – spiega -, nel caso di figli di coppie binazionali impone che i bambini, figli di un genitore tedesco, debbano vivere in Germania, parlare il tedesco e praticamente non avere rapporti con il genitore non tedesco, la sua famiglia e la sua cultura”. “In un’Europa che ha liberalizzato merci e persone – la riflessione della Muscardini -, i bambini continuano a non avere diritti simili nei vari paesi dell’Unione e questo non porterà in breve tempo alla nascita e crescita dell’Unione stessa”.
Tornando al suo impegno contro la modulistica stravagante, emerge dal testo dell’interrogazione parlamentare che ha presentato a Strasburgo una proposta alternativa ai termini “genitore 1” e “genitore 2”. “Nella società moderna – spiega la Muscardini – ci sono anche tutori, affidatari, coppie omosessuali, genitori divorziati e risposati, madri single; una serie infinita di casistica che potrebbe rientrare sotto il termine ‘altro’ che, appunto, propongo come alternativa nella mia interrogazione”. Sostiene l’inserimento della categoria “altro”, a fianco di quelle di “mamma” e “papà” perché – dice – “è una proposta inclusiva e non esclusiva”.
A suo avviso, questa proposta offrirebbe il diritto di vedersi rappresentate in ambito burocratico alle “diverse figure familiari sempre più diffuse”. “Non bisogna pensare solo alle coppie gay, che a dirla tutta non sono molte – prosegue -, ma anche ai nonni, agli zii, ai tutori e alle persone che adottano o hanno in affido bambini orfani o costretti a separarsi dai genitori per situazioni problematiche”. Le chiedo se si tratta di una proposta concreta o piuttosto di una provocazione. Mi risponde che “più che provocazione la mia è una proposta inclusiva e di buonsenso”. Dopo un sospiro, ecco infine la sua chiosa: “Ma nell’Italia di oggi ormai il buonsenso è diventato una provocazione”.