La Francia ha paura dei Down?

L’authority di sorveglianza del sistema audiovisivo francese stigmatizza uno spot che valorizza le persone Down. In molti in Francia lamentano una “deriva eugenetica”

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Si avverte in Francia un clima di ostilità verso le persone che non rientrano nei canoni eugenetici stabiliti dal pensiero dominante. Qualche mese fa ha scandalizzato molti la disinvoltura con cui un deputato del Partito Radicale francese, Olivier Dussopt, si è rivolto ad un’agenzia di stampa: “Quando sento che ‘purtroppo’ il 96% delle gravidanze con Sindrome Down finisce con l’aborto, la vera domanda che mi faccio è perché ne rimane il 4%”. Numeri impressionanti, quelli delle gravidanze interrotte a causa della Sindrome Down del bambino, commentati con parole ancora più impressionanti da un rappresentante della Assemblée nationale, tanto da aver scosso l’opinione pubblica.

Ma oltre ad aver sollecitato l’opinione pubblica, il tema ha recentemente fatto scaturire un intervento del Consiglio di Stato francese, il quale ha denunciato la vera e propria corsa all’eugenetica presente nel Paese. Un gesto che ha sortito effetti, se si pensa che dopo poco tempo è stato presentato un disegno di legge, in Parlamento, nel quale si chiede che alle donne incinte il cui figlio ha ricevuto una diagnosi di Sindrome Down, sia fornita una lista delle associazioni che “che si prendono cura dei bambini Down e delle loro famiglie”.

La proposta legislativa ha subito scatenato le feroci reazioni dei paladini dell’ideologia radicale. Grazie all’opposizione corale dei deputati socialisti, l’emendamento è stato respinto. Su tutti, si registra in particolare la mobilitazione di Nora Berra, segretaria di Stato alla Salute, la quale ha giustificato la sua opposizione all’emendamento perché “costituisce una forma di pressione sulla donna incinta”.

È in base allo stesso principio che qualche giorno fa il Consiglio superiore per l’audiovisivo francese (Csa) ha redarguito le emittenti televisive che dal 21 marzo scorso, e per un mese, hanno trasmesso un filmato sulla Sindrome di Down per mostrare “che è possibile essere orgogliosi delle persone con trisomia 21 e che queste possono inserirsi nella società e riuscire nella vita malgrado le difficoltà”.

La Csa, che è la più alta authority di sorveglianza del sistema audiovisivo, dopo aver ricevuto “lamentele” riguardo allo spot che si chiama Cara futura mamma, ha chiesto alle emittenti M6, Canal+, TF1 e D8 “di vigilare in futuro sulla diffusione di messaggi suscettibili di portare a controversie”.

Eppure l’intervento del Csa non sembra corrispondere a una reale istanza dei telespettatori. Lo spot, oltre ad esser stato premiato dall’Onu, ha conosciuto un enorme successo grazie alla diffusione avvenuta su internet e sui social network. Si parla di oltre 5 milioni di persone che lo hanno finora visualizzato, cifra destinata a crescere proprio alla luce dell’involontaria pubblicità che gli sta offrendo l’authority di sorveglianza francese.

Ma la decisione non ha stupito gli autori del video, tra i quali c’è anche l’associazione italiana Coordown. La Fondazione Jérôme Lejeune, che porta il nome del celebre medico cattolico che scoprì l’origine genetica della trisomia 21, ha infatti ricordato che “la Francia è il Paese leader nell’eliminazione dei bambini con trisomia 21 prima della loro nascita” e dunque c’era da aspettarsi la scelta della Csa di “limitare la libertà d’espressione”.

La polemica che è seguita alla decisione della Csa ha investito anche il mondo politico. Oltre allo scrosciare del battito di mani di socialisti e radicali, si è udito anche il grido di sdegno del deputato Jean-Frédéric Poisson, presidente del Partito democristiano. Egli ha inviato una lettera ai vertici del Csa per richiamarli alla loro “missione” a tutelare il pluralismo che, nel caso delle persone con Sindrome Down, corrisponde al “diritto di esistere pubblicamente, il diritto di essere viste, di essere rispettate, di essere aiutate, dunque pure il diritto di non essere censurate quando sono mostrate in televisione”. Diritto calpestato proprio nel Paese che si vanta d’esser patria della Liberté.

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Federico Cenci

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