Lo scorso 3 febbraio, Papa Francesco ha promulgato il decreto che riconosce il martirio in odium fidei dell’arcivescovo del San Salvador, Oscar Arnulfo Romero Galdámez, di cui oggi si celebra la memoria della uccisione, avvenuta il 24 marzo 1980.
L’imminenza della beatificazione del presule, in programma per il 23 Maggio, e il contesto sociale, economico e politico presente in tante nazioni del nostro pianeta, rendono questo uomo di Dio una figura umana e cristiana di grande attualità.
Tanto si potrebbe dire su monsignor Romero, ma la sua peculiarità più grande è stata quella di immolarsi – prima spiritualmente e poi fisicamente – per il bene della sua nazione, difendendo i poveri e gli emarginati della sua terra.
All’epoca di Romero, infatti, la persecuzione attanagliava tutta la Chiesa salvadoregna: dopo soli due anni da quando egli fu eletto arcivescovo di Sal Salvador vennero uccisero diversi preti, catechisti e fedeli. La Chiesa era ritenuta il maggior nemico dagli squadroni della morte, perchè schierata dalla parte dei diritti dei poveri.
Durante il funerale di un prete della sua diocesi, Romero aveva pronunziato queste parole: “Non tutti, dice il Concilio Vaticano II, avranno l’onore di dare fisicamente il loro sangue, di essere uccisi per la fede; però Dio chiede a tutti coloro che credono in lui uno spirito del martirio, cioè tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore”.
“Noi sì – aggiunse l’arcivescovo – siamo disponibili, affinché, quando giunge la nostra ora di render conto, possiamo dire ‘Signore, io ero disposto a dare la mia vita per te. E l’ho data’. Perché dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; è dare la vita a poco a poco, nel silenzio della vita quotidiana, come la dà la madre che senza timore, con la semplicità del martirio materno, dà alla luce, allatta, fa crescere e accudisce con affetto suo figlio.”
Ogni domenica il popolo attendeva con ansia i suoi messaggi pronunciati nel corso delle celebrazioni nella cattedrale e diffusi in tutto il paese attraverso la radio. La sua vocazione interiore era quella di essere voce di chi non ha voce, difensore di chi è stato spogliato dei suoi diritti. La radio era diventata la cassa di risonanza di quella parole di vita e di fede pronunziate dentro le mura della Chiesa madre di El Salvador, per giungere intergre e autorevoli nel cuore dei fedeli, che vedevano in lui un uomo di speranza e di fattivo impegno per la comunità cristiana e per la società civile.
Oscar Romero è stata barbaramente ucciso sull’altare mentre officiava il sacrificio eucaristico. Le ricostruzione storiche dimostrano che aveva consapevolezza dell’imminenza della sua morte. Il suo coraggio apostolico e il senso della fedeltà pastorale lo hanno spinto a rimanere vicino al popolo, per essere come il buon pastore che offre la sua vita per il suo gregge. Le paure, le ansie e le angosce connaturali alla condizione umana sono state vinte dalla meditazione della passione di Cristo e dalla forza scaturita dalla celebrazione dell’Eucarestia.
Queste sono le parole prese dagli scritti del futuro Beato, un mese prima della sua morte: “Pongo sotto la provvidenza amorosa del Cuore di Gesù tutta la mia vita e accetto con fede in lui la mia morte, per quanto difficile sia. Né voglio darle una intenzione, come lo vorrei, per la pace del mio paese e per la fioritura della nostra Chiesa… perché il Cuore di Cristo saprà darle il fine che vuole. Mi basta per essere felice e fiducioso il sapere con sicurezza che in lui sono la mia vita e la mia morte, che malgrado i miei peccati in lui ho posto la mia fiducia e non rimarrò confuso e altri proseguiranno con maggiore saggezza e santità i lavori della Chiesa e della Patria”.
La vita di Romero costituisce un esempio da imitare ai nostri tempi. Lui non ha avuto timore di parlare denunciando apertamente le violazioni dei diritti umani, gli atroci sopprusi e le progressive emarginazioni del suo tempo. La Chiesa, anche oggi, è chiamata a parlare chiaramente di tutte le situazioni di ingiustizia del nostro tempo: il traffico di essere umani, la vendita incotrollata delle armi, le guerre per accapparsi le risorse naturali, il dilagare del fenomeno della corruzione, la spietatezza dei poteri occulti della finanza, la spregiudicatezza dell’operare delle multinazionali.
Oscar Romero aveva compreso l’importanza dei mezzi di comunicazione. La radio ha costituito il suo “asinello” per portare sull’onde dell’etere un messaggio di speranza e verità, per risvegliare le coscienze assopite dal desiderio delle ricchezze.
È stato un insigne predicatore ed un esemplare testimone della validità della dottrina sociale della Chiesa, ricordando che trascurare i poveri non solo costituisce una disobeddienza ai precetti evangelici, ma contribuisce a favorire il nascere e l’espandersi delle ideologie.
L’insegnamento più vero di questo grande uomo di Chiesa è stato la sua disponibilità ad offrire la vita per il bene del popolo. Il sacrificio del suo sangue versato è stato il seme della liberazione integrale della sua gente.