Se il cristianesimo è una storia d’amore, «una storia d’amore oltre ogni limite» (Benedetto XVI a Verona, IV Convegno ecclesiale nazionale, 2006), non c’è dubbio che o Gesù vive e signoreggia nei cuori, o non saremo mai veri discepoli. Tutto dipende dal cuore. La mente limita l’amore, ritarda l’amore, giustifica il non amore, ci scusa, ci assolve, ci fa sentire in pace. Il cuore dell’uomo è piccolo; la modernità lo sta rendendo ancora più piccolo. Non ha posto che per sé e per poche persone.
«Tu vali quanto vale il tuo cuore», insegnava il beato Giovanni Paolo II ai giovani in occasione della GMG di Roma nell’Anno Santo 2000. Se impara ad aprirsi, il cuore impara anche a confrontarsi con la grande richiesta d’amore che c’è nella storia, senza cercare di difendersi, cercando di superare le barriere, i confini entro cui vorrebbe rifugiarsi. Molti dicono: “è troppo”; “non ce la faccio”; “non posso sottrarre tempo, risorse alla mia famiglia, al mio lavoro”.
In realtà, questi spesso sono alibi, scuse, ritardi di fede. San Paolo dice: «Sei inescusabile» (cf Rm 2, 1) quando giudichi così te stesso e gli altri, con «un cuore duro e ostinato» (cf Rm 2, 5). Il cuore dell’uomo è fatto per Dio. «Trova pace se riposa in Dio», ricorda sant’Agostino (in Le Confessioni, I, 1,1). Ma Dio non ti dà pace finché non lo servi nei tuoi fratelli. Se il nostro cuore non è pervaso da un amore superiore, da un amore esclusivo per Gesù, da un amore che non è sempre in lotta con attaccamenti umani, come potrà la nostra vita dare testimonianza di fede vera, concreta? «Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà» (2Cor 3,17).
L’uso della nostra libertà non è cosa facile. Lo Spirito è comunicazione, non silenzio. È presenza, non assenza. È volontà di bene, non indifferenza. È assunzione di responsabilità, non pigrizia. È con-senso, non dissenso. “Libertà dello Spirito” significa compiere con virtù il proprio dovere d’amare.La libertà di agire come piace, di piegare a se stessi le regole, di rispondere alla propria coscienza personale e non alla coscienza comunitaria, è la norma preferita dagli uomini. Ma non può esserlo per chi crede e si lascia interiormente animare dallo Spirito Santo.Siamo veramente liberi quando siamo responsabili delle azioni e del destino dei fratelli.
Si è liberi “per qualcuno”, a vantaggio del bene altrui. Se la nostra libertà non è educata dall’amore, se non si lascia correggere dallo Spirito d’amore, allora non matura mai come relazione, non è mai presupposto di fraternità e di comunione. È veramente libero colui che sa donarsi, che non resiste all’amore. Alcuni confondono la libertà dello Spirito con il permissivismo; altri sporcano la libertà dello Spirito con la “mondanità spirituale”, quell’edonismo (gratificazione) che Papa Francesco continua a denunciare nella Chiesa.