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Cari amici,
grazie per questa vostra visita che mi è particolarmente gradita: a ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto. In primo luogo saluto il vostro Presidente, il Dott. Matteo Colaninno, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato a nome di tutti voi. Estendo il mio pensiero ai Responsabili nazionali, regionali e provinciali del Movimento Giovani Imprenditori come pure a tutti i membri del vostro Sodalizio, che si contraddistingue per il fatto di essere un movimento di persone e non semplicemente un’organizzazione di aziende. In tal modo si vuole mettere in risalto la responsabilità dell’imprenditore, chiamato a rendere un peculiare contributo allo sviluppo economico della società. In effetti, il tenore di benessere sociale di cui gode oggi l’Italia non sarebbe pensabile senza l’apporto degli imprenditori e dei dirigenti, “i cui ruoli”, come ricorda il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, “rivestono un’importanza centrale dal punto di vista sociale, perché si collocano in quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali, che caratterizzano la moderna realtà di impresa” (n. 344).
In questo nostro incontro vorrei esporre qualche breve considerazione concernente il vostro ruolo negli ambiti della vita economica. Colgo lo spunto da un noto e spesso citato testo del Concilio Vaticano II: “Nelle imprese economiche – ricorda il Concilio – si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, avuto riguardo ai compiti di ciascuno – sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia lavoratori – e salva la necessaria unità di direzione dell’impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, l’attiva partecipazione di tutti alla vita dell’impresa” (Cost. past. Gaudium et spes, 68). Ogni impresa è da considerarsi in primo luogo come un insieme di persone, da rispettare nei loro diritti e nella loro dignità. A questo proposito, ho appreso con piacere che il vostro Movimento, nel corso di questi anni, si è impegnato a sottolineare con vigore la centralità dell’uomo nel campo dell’economia. Significativo, al riguardo, è il vostro primo Convegno nazionale del 2006 sul tema: L’Economia dell’Uomo. In effetti è indispensabile che il riferimento ultimo di ogni intervento economico sia il bene comune e il soddisfacimento delle legittime attese dell’essere umano. In altri termini, la vita umana e i suoi valori devono sempre essere il principio e il fine dell’economia.
In quest’ottica assume il suo giusto valore la funzione del profitto, quale primo indicatore del buon andamento dell’azienda. Il Magistero sociale della Chiesa ne riconosce l’importanza, sottolineando al tempo stesso la necessità di tutelare la dignità delle persone che a vario titolo sono coinvolte nelle imprese. Anche nei momenti di maggiore crisi, il criterio che governa le scelte imprenditoriali non può essere la mera promozione di un maggior profitto. Afferma in merito il già citato Compendio: “Gli imprenditori e i dirigenti non possono tenere conto esclusivamente dell’obiettivo economico dell’impresa, dei criteri dell’efficienza economica, delle esigenze della cura del ‘capitale’ come insieme di mezzi di produzione: è loro preciso dovere anche il concreto rispetto della dignità umana dei lavoratori che operano nell’impresa”. “Questi ultimi – prosegue il testo – costituiscono il «patrimonio più prezioso dell’azienda», il fattore decisivo della produzione. Nelle grandi decisioni strategiche e finanziarie, di acquisto o di vendita, di ridimensionamento o di chiusura di impianti, nella politica delle fusioni, non ci si può limitare esclusivamente a criteri di natura finanziaria o commerciale” (n. 344).
E’ necessario che l’attività lavorativa torni ad essere l’ambito nel quale l’uomo possa realizzare le proprie potenzialità ponendo a frutto capacità e ingegno personale, e dipende in gran parte da voi, imprenditori, creare le condizioni più favorevoli perché ciò accada. E’ vero, tutto questo non è facile essendo il mondo del lavoro segnato da una forte e persistente crisi, ma sono certo che non risparmierete i vostri sforzi per salvaguardare l’occupazione lavorativa, in particolar modo dei giovani. Per costruire il proprio avvenire con fiducia, essi debbono infatti poter contare su una fonte di sostentamento sicura per sé e per i propri cari.
Accanto alla centralità dell’uomo nell’economia, la vostra riflessione, nel corso di questi anni, ha affrontato altri argomenti di grande attualità, come ad esempio quello della famiglia nell’impresa italiana. A più riprese ho avuto modo di ribadire l’importanza della famiglia fondata sul matrimonio, quale elemento portante della vita e dello sviluppo di una società. Operare in favore delle famiglie significa contribuire a rinnovare il tessuto della società e assicurare le basi anche di un autentico sviluppo economico. Altro importante tema da voi sottolineato è il complesso fenomeno della globalizzazione. Fenomeno che, se da una parte alimenta la speranza di una più generale partecipazione allo sviluppo e alla diffusione del benessere grazie alla redistribuzione della produzione su scala mondiale, dall’altra presenta diversi rischi legati alle nuove dimensioni delle relazioni commerciali e finanziarie, che vanno nella direzione di un incremento del divario tra la ricchezza economica di pochi e la crescita della povertà di molti. E’ doveroso, come ebbe ad affermare in maniera incisiva il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, “assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 3).
Cari amici, il Signore illumini le vostre menti e irrobustisca le vostre volontà, perché possiate compiere la vostra missione come un prezioso servizio alla società. Con questi sentimenti, mentre assicuro un particolare ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e per le vostre attività, di cuore vi benedico insieme alle vostre famiglie e ai vostri cari.
[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]