In India, ferve la lotta per la libertà di coscienza

Intervista al Cardinale Telesphore Toppo

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di Alessandra Nucci

KKOTTONGNAE, lunedì, 8 giugno 2009 (ZENIT.org).- Alla Conferenza internazionale “Amore in azione” organizzata in questi giorni dall’ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services) a Kkottongnae, in Corea del Sud, ha partecipato anche il Cardinale Telesphore Toppo, Arcivescovo di Ranchi e Presidente della Conferenza Episcopale Indiana.

ZENIT lo ha intervistato.

Qual è lo stato della fede in India?

Toppo: Risponderò con una frase del padre della patria, il Pandit Nehru: “In India, il cristianesimo è antico quanto il cristianesimo stesso”. Il popolo indiano è un popolo religioso, tanto più lo sono i cristiani che conoscono Gesù: non c’è nessuno come lui.

Quanti sono oggi i cattolici?

Toppo: L’India è un paese immenso, difficile fotografarlo per intero. La fede è arrivata con l’Apostolo Tommaso, ma nel mio Stato, ad esempio, nel 1885, quando arrivò dal Belgio il missionario Constant Lievens, di cattolici ce n’erano solo 56. Sette anni dopo, quando Lievens dovette ripartire, lasciò 80mila battezzati e oltre 20mila catecumeni, un’esplosione di fede incredibile, nota come “il miracolo di Chotanagpur”.

Qual è la consistenza e il ruolo del Rinnovamento carismatico?

Toppo: E’ dappertutto, a livello diocesano e regionale, e hanno anche dei centri per i ritiri. Uno dei frutti più apprezzabili di questa presenza è che ha portato fra i fedeli l’amore per la Parola di Dio, che prima non era molto sentita dai cattolici.

Cosa pensa dell’esito delle ultime elezioni nazionali?

Toppo: E’ stato un successo fenomenale, che ha segnato la sconfitta dei fondamentalisti. Il nuovo governo è formato da persone che seguono i principi del Mahatma Gandhi, che incarnava la parte migliore dell’induismo. Se l’India oggi può vantare la più grande democrazia del mondo è grazie alla fede della sua gente, un popolo composito che ha in comune la fiducia in Dio e nel prossimo.

Potranno mettere fine alla persecuzione dei cristiani?

Toppo: La persecuzione è difficile da contenere, è come un cancro. Temo anzi che potrà anche aumentare, perché adesso che i fondamentalisti non possono più infiltrare la burocrazia e i posti di comando, studieranno ogni modo di mettere in imbarazzo il governo. Quando fui fatto Cardinale, nel 2003, il leader di uno di questi gruppi fondamentalisti disse “perché dovremmo accettare questa laurea straniera? I cristiani devono andarsene dall’India”. Io vengo da un paese tribale, il Jharkhand, per cui risposi: “Se ne vada prima lui. Io vengo da una delle prime tribù dell’India, quindi sono più indiano io di lui”.

Aboliranno le leggi anti-conversione?

Toppo: A dire il vero anche il Partito del Congresso approvò delle leggi anti-conversione – si sa, in politica si deve accontentare un po’ tutti – ma non erano così rigide. Che facciano pure le leggi, i cristiani sono i più obbedienti e ligi di tutti.

Perché i cristiani sono presi di mira?

Toppo: Agli occhi dei fondamentalisti anche i musulmani sono nemici dell’India, ma i musulmani contrattaccano, per cui oggi li lasciano in pace. I cristiani li sentono invece come una minaccia eliminabile. A essere presi di mira sono in particolare i membri di tribù, perché il maggior numero di conversioni avvengono fra di loro, e fra i dalit, o “intoccabili”. I popoli tribali infatti, nonostante le molte persecuzioni della storia, hanno conservato la propria lingua e il proprio sistema sociale, per cui se si convertono possono formare un ceto medio, catalizzatore fra i dalit e i ceti superiori.

E’ chiaro che se si convertissero i 100milioni di dalit e i 70 milioni di tribali, si produrrebbe uno spostamento sociale e politico immenso.

Eppure l’induismo è considerato la religione della tolleranza e della pace…

Toppo: Ci può essere pace con il sistema delle caste? Quando non si attribuisce pari dignità al proprio simile? Il Mahatma Gandhi liberò l’India dall’imperialismo britannico, ma quella liberazione non è stata completata. Lui rappresentava l’universalità, un’idea assolutamente cristiana. Se fosse vissuto più a lungo avrebbe abolito le caste, il matrimonio minorile, il sistema della dote, la messa a morte delle spose. L’India deve liberarsi da tutti questi mali e anche dai fondamentalisti, una piccola parte del paese, appena l’11 per cento, ma che ha le stesse idee che avevano Hitler e Mussolini. Insomma, c’è ancora molto da fare, la lotta condotta da Gandhi per la liberazione continua. E’ in questo contesto che va vista la persecuzione. Fa parte della lotta per la libertà: la libertà di coscienza.

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ZENIT Staff

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