di Chiara Santomiero

ROMA, venerdì, 19 giugno 2009 (ZENIT.org).- Un “ponte” che ha permesso alla Cina di conoscere l’Europa e all’Europa di conoscere la Cina: questo, per monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, il rilevante contributo di Matteo Ricci al dialogo tra oriente e occidente e all’evangelizzazione dei popoli.

Alla figura del gesuita di Macerata è stato dedicato un film documentario dal titolo “Matteo Ricci. Un gesuita nel regno del drago” (Rai Eri – Cda servizi editoriali), presentato giovedì a Roma in anteprima mondiale, per iniziativa del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, della Curia generalizia della Compagnia di Gesù e della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia.

Il docufilm del regista italiano di origine kosovara, Gjon Kolndrekay, che ripercorre la vita e le opere di Li Madou – il “Saggio d’Occidente” come i cinesi chiamavano il missionario italiano - è stato interamente girato tra Italia e Cina, ricevendo il benestare del governo di Pechino. Autore della colonna sonora è il Premio Oscar Stelvio Cipriani che ha dedicato un anno di lavoro alla composizione delle musiche.

“L’iniziativa – ha spiegato monsignor Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata – si inserisce nelle celebrazioni per il quarto centenario della morte di Matteo Ricci, avvenuta a Pechino nel 1610, che avranno ufficialmente inizio il prossimo anno”.

“Per la nostra diocesi – ha detto a ZENIT monsignor Giuliodori – Ricci è una figura estremamente rappresentativa non solo per le sue doti personali di grande intelligenza e profonda fede, ma perché attraverso la sua impresa ha portato nel mondo il nome dell’Italia e di Macerata”.

“Egli – ha aggiunto Giuliodori – è stato l’antesignano di una globalizzazione fatta di incontro, rispetto e collaborazione, sviluppando una vera strategia missionaria di inculturazione e riuscendo a portare il cristianesimo in Cina, impresa mai riuscita in precedenza”.

Se dovesse indicare alla propria comunità diocesana un aspetto del missionario maceratese da prendere ad esempio, questa è proprio “la capacità di coniugare la fede con la cultura: essere così profondamente radicati nel cristianesimo da riuscire a dialogare con tutti portando, allo stesso tempo, la novità del Vangelo in ogni contesto”.

E’ stata questa la forza della strategia missionaria dei gesuiti in Oriente già nel 1500, come ha spiegato padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana: “L’esperienza di Ricci testimonia l’amore dei gesuiti per la Cina, la cui importanza era stata già compresa da san Francesco Saverio che morì alle sue porte”.

Insieme a p. Ricci e dopo di lui, “molti tra i migliori intelletti della Compagnia di Gesù, hanno portato in oriente una presenza che mirava a dissociarsi dall’immagine predatoria dell’Europa, sviluppando rispetto, conoscenza della lingua, della cultura e delle tradizioni del posto”.

P. Lombardi coltiva un sogno e una certezza: il primo è di vedere presto sugli altari Matteo Ricci e il suo primo discepolo cinese, alla cui causa di beatificazione si sta dedicando la diocesi di Shanghai; la seconda è che “se con la Cina in passato siamo riusciti a sviluppare rapporti così importanti, imprese di scambio culturale così grandi, possiamo farlo ancora”.

Ne è convinto anche l’ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Italia, Sun Yuxi: “In questo momento tra Italia e Cina non potrebbero esserci relazioni migliori e c’è un impegno anche per la normalizzazione dei rapporti con la Santa Sede. La figura di Matteo Ricci è molto popolare e rispettata nel mio paese. Le celebrazioni del prossimo anno saranno uno stimolo per stabilire relazioni ancora più intense, secondo lo spirito di amicizia che lo ha animato”.

L’ambasciatore cinese ha anche annunciato un accordo con il nostro governo per celebrare in Italia nel 2010 l’anno della cultura cinese, mentre iniziative per conoscere la figura di Matteo Ricci sono previste, sempre il prossimo anno, ad Expo Shanghai.

Il regista Kolndrekay ha lavorato molti anni al progetto sul gesuita di Macerata, documentandosi minuziosamente. “Mi ha affascinato – ha raccontato a ZENIT – la sua capacità di immergersi completamente in un altro modo di pensare, un’altra visione delle cose: allora era anche più difficile di adesso”.

“Da questo e tramite lo scambio della conoscenza scientifica – ha aggiunto –, egli ha tratto le basi per annunciare il Vangelo, con una genialità destinata ad essere di esempio anche nel futuro”.

Ancora “mi ha impressionato – ha concluso Kolndrekay – il coraggio con cui lui e gli altri missionari hanno affrontato la solitudine del vivere in un contesto del tutto estraneo, superando i dubbi e gli scoraggiamenti. Davvero la fede può spostare le montagne. E’ una forma di incoraggiamento personale, anche nel mio lavoro di regista: se credi veramente in quello che fai, supererai tutti gli ostacoli e riuscirai”.