di Nieves San Martín

BRUXELLES, venerdì, 19 giugno 2009 (ZENIT.org).- La Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) ha reso pubblico un comunicato sui cambiamenti climatici in cui afferma che questi rappresentano una sfida per i modelli di vita, la solidarietà e la giustizia mondiale.

Nel testo, fatto pervenire a ZENIT, la COMECE segnala che a sei mesi dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Copenhagen le Chiese e le loro organizzazioni hanno dibattuto insieme ai rappresentanti dell'Unione Europea la dimensione etica della lotta contro questi cambiamenti.

Il Seminario di Dialogo celebrato il 17 giugno su proposta della Commissione “Chiesa e Società” della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), della COMECE e dell'Ufficio dei Consiglieri politici della Commissione Europea è stato dedicato proprio alla questione “Cambiamenti climatici come sfida ai modelli di vita, alla solidarietà e alla giustizia mondiale”.

Durante la giornata, i rappresentanti della Commissione Europea, del Parlamento Europeo e degli Stai membri hanno scambiato i propri punti di vista con i rappresentanti delle Chiese sulla base dei più recenti dati scientifici relativi ai cambiamenti climatici.

Il vicepresidente del Gruppo Intergovernativo di Esperti sull'Evoluzione del Clima (GIEC), il professor Jean-Pascal van Ypersele, ha presentato gli ultimi dati relativi ai cambiamenti del clima, secondo i quali l'obiettivo di riduzione delle emissioni fissato dall'Unione Europea (UE) da qui al 2020 non è sufficiente a garantire che il riscaldamento globale non superi i 2°C.

Trattando la posizione di negoziazione dell'UE in vista della Conferenza di Copenhagen, Helga Kromp-Kolb, meteorologa che ha ricevuto vari premi scientifici, ha dichiarato che “il 30% non è sufficiente, 2°C è già troppo e il 2020 è troppo tardi”.

Sia i rappresentanti dell'UE che quelli delle Chiese si sono detti d'accordo sull'urgenza della situazione: i cambiamenti climatici sono diventati una questione di sopravvivenza, in particolare per i poveri e i più vulnerabili, che saranno i primi a subirne le conseguenze.

Karl Falkenberg, direttore generale per l'Ambiente nella Commissione Europea, ha dichiarato: “Noi, l'Unione Europea, non dobbiamo solo assumerci la nostra responsabilità, ma anche essere leader per il resto del mondo. Il risultato di Copenhagen non sarà positivo se non arriveremo a convincere gli altri grandi Paesi produttori di emissioni come la Cina, l'India o la Russia a unirsi a noi nell'impegno a ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra”.

Il reverendo Henrik Grape, della Chiesa di Svezia, ha proposto di aggiungere tre posti vuoti a tutti i negoziati sui cambiamenti climatici in rappresentanza dei poveri, delle generazioni future e del creato. I partecipanti hanno anche sottolineato che è responsabilità delle Chiese parlare a favore di questi tre “non partecipanti”.

Bernd Nilles, segretario generale della CIDSE (agenzie cattoliche per lo sviluppo), e Marlene Grundström dell' APRODEV (Associazione del Consiglio Mondiale delle Chiese collegata alle organizzazioni per lo Sviluppo in Europa) hanno ricordato a nome delle entità cristiane di aiuto allo sviluppo che la lotta contro i cambiamenti climatici deve essere fortemente legata alla politica di aiuto allo sviluppo, e hanno messo in guardia contro la mancanza di solidarietà nei confronti dei Paesi poveri nella fase finale dei negoziati di Copenhagen, luogo in cui “abbiamo bisogno di risposte, non di contrattazioni”, come ha osservato Nilles.

Sua eminenza il metropolita Athanasios d'Acaia ha dichiarato: “I nostri problemi principali, come l'inquinamento, la contaminazione degli alimenti, lo spreco delle risorse energetiche e i cambiamenti climatici (...) sono problemi che riguardano i diritti umani delle generazioni future”.

Il reverendo Rüdiger Noll, direttore e segretario generale associato della Commissione “Chiesa e Società” della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), ha sottolineato il principio della giustizia e della responsabilità da assumere nei confronti dei Paesi in via di sviluppo “per salvare l'armonia della creazione”.

Dal canto suo, il segretario generale della COMECE, padre Piotr Mazurkiewicz, ha affermato dal canto suo che “una risposta efficace ai cambiamenti climatici richiede una leadership politica e una riflessione e un dibattito etico. Sono entrambi fondamentali per convincere non solo gli spiriti, ma anche i cuori dei cittadini e rendere così i cambiamenti effettivi”. La questione che si presenta, ha aggiunto, è sapere “Cos'è una vita buona e felice?”.

Sostenendosi su numerosi rapporti di esperti e su documenti di riflessione pubblicati dalle Chiese e dalle loro varie organizzazioni negli ultimi anni, i partecipanti hanno indicato che la necessità di cambiare lo stile di vita può essere trasmessa in modo più efficace dall'istruzione a tutti i livelli e dalla promozione di modelli per un consumo più responsabile.

In questo senso, Klaus Kögler, alla guida dell'unità “produzione e consumo duraturo” nella direzione generale dell'Ambiente della Commissione Europea, e il docente di Teologia Andreas Lienkamp hanno sottolineato la necessità di un'“infrastruttura” che favorisca la scelta e i comportamenti ecoresponsabili.

Al termine del Seminario, i rappresentanti delle Chiese hanno espresso la propria volontà di rivolgere un messaggio di speranza ai cittadini dell'UE, esortandoli a mettere in pratica i cambiamenti necessari nel loro stile di vita.

Dal canto loro, i rappresentanti della Commissione e del Parlamento Europeo hanno affermato unanimemente che il sostegno delle Chiese è fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, per convincere i cittadini ad adottare uno stile di vita quotidiano più rispettoso dell'ambiente.



[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]