ROMA, lunedì, 30 aprile 2007 (ZENIT.org).- Conservare il sangue del corone ombelicale per salvare vite umane è l’obiettivo per cui nasce VidaCord, istituzione privata che combina ricerca scientifica e rispetto della vita umana, secondo quanto spiega la Direttrice generale del settore scientifico e tecnico.

Finora Direttrice dell’Istituto di bioetica dell’Università Francisco de Vitoria di Madrid, la dottoressa Mónica López Barahona (Madrid, 1965) afferma che per una madre conservare il cordone ombelicale del figlio “può essere utile al punto da poter salvare la sua vita o quella di un suo fratello”.

Nominata di recente membro ordinario della Pontificia Accademia per la vita, la dottoressa Mónica López ha rilasciato una intervista a ZENIT.

Cosa è VidaCord? A cosa si dedica e che finalità ha?

López Barahona: VidaCord è una banca privata dedita alla crioconservazione del sangue del cordone ombelicale per le famiglie che lo desiderino. L’impegno in favore della salute, di VidaCord, è quello di stare vicini alle persone in un momento unico e irripetibile, quello della nascita di un bebé, rendendo possibile la conservazione delle cellule madre, presenti nel cordone ombelicale, in quanto possono rivelarsi utili nel corso della vita del bambino, per preservare la sua salute, quella di un suo fratello, o persino di altre persone.

VidaCord si pone al servizio della libertà dei genitori, permettendo loro di fare la scelta migliore al fine di tutelare ciò che considerano come un valore per la loro famiglia: la salute presente e futura.

La sua attività si avvale di un organo consultivo scientifico ed etico di primo piano a livello internazionale. Tra i suoi membri figurano il dottor John Wagner, riferimento mondiale per i trapianti di cellule del cordone.

Tra i suoi obiettivi a breve termine vi è quello di avviare le proprie attività a Madrid in questo mese di marzo.

Una volta iniziata l’attività di crioconservazione del sangue del cordone, VidaCord prevede di avviare indirizzi di ricerca che consentano una più approfondita conoscenza di questo tipo di cellule e che contribuiscano all’avanzamento nelle potenzialità applicative terapeutiche.

Per quale motivo ha accettato la direzione scientifica e tecnica di VidaCord?

López Barahona: Nel corso della mia vita professionale ho sempre cercato di trovare una dimensione trascendente che vada al di là della mera tecnica o ricerca. Ho studiato chimica (con specializzazione in biochimica) e ho svolto la mia tesi dottorale presso il MD Anderson Cancer Center di Houston. Il mio indirizzo di ricerca si è sempre sviluppato intorno alle basi molecolari del cancro, sia nei centri nazionali (Hospital Gregorio Marañón, CISC, Antibióticos Farma....), sia nei centri internazionali (Max-Planck Institut, IMP di Vienna, MD Anderson Cancer Center di Houston o Bristol-Myeres Squibb a Princeton).

Non v’è dubbio che la struttura nella quale ho trascorso i miei ultimi dieci anni di vita professionale, l’Università Francisco de Vitoria, un’istituzione del Regnum Christi, retta dai Legionari di Cristo, mi ha offerto l’opportunità di compiere uno sviluppo accademico, professionale e spirituale che mi sento di condividere. Alla Francisco de Vitoria si è sviluppata, in particolare, quella parte della mia carriera scientifica legata alla bioetica.

VidaCord è una banca privata del sangue del cordone ombelicale, aconfessionale, che mi offre la possibilità di dimostrare, sulla base della ricerca e della bioetica, ciò che affermo con forza da molti anni: non è né scientificamente logico, né eticamente accettabile, fare ricerca sulle cellule madre embrionali, in quanto, per ottenerle è necessario uccidere un embrione, mentre le sue applicazioni terapeutiche ad oggi sono inesistenti.

Uccidere un embrione? L’embrione umano è vita potenziale o vita umana esistente?

López Barahona: L’embrione umano è vita umana. Un individuo della specie umana, titolare di tutti i diritti e meritevole della stessa dignità di cui godono gli altri individui della specie umana, quale che sia la fase del ciclo vitale in cui si trovi. É una vita umana in atto e non in potenza, un essere umano reale e non virtuale.

Pertanto, qualunque tecnica che comporti la distruzione di un embrione costituisce un atto positivo che ne provoca la morte.

Quali sono gli obiettivi che lei vuole raggiungere in VidaCord?

López Barahona: Il primo è quello di stabilire parametri qualitativi che assicurino buone procedure per la crioconservazione del sangue da cordone ombelicale delle famiglie che desiderino avvalersi del nostro servizio.

Il secondo è di avviare indirizzi di ricerca che consentano una più approfondita conoscenza delle cellule del cordone e delle sue possibili future applicazioni terapeutiche, il cui studio inizia solo ora a svilupparsi.

Qual è la sua opinione sul decreto spagnolo che regolamenta le banche del cordone ombelicale?

López Barahona: Ritengo che non sia rispettoso della libertà delle famiglie, poiché esige che ogni famiglia, desiderosa di conservare il sangue del cordone del proprio figlio in Spagna, lo debba donare. Credo che qualsiasi donazione debba essere sempre volontaria e che lo Stato non possa obbligare a donare qualcosa.

Ciò nonostante, il rispetto delle disposizioni in esso contenute sarà assoluto da parte di VidaCord.

È utile conservare il cordone ombelicale del proprio figlio in una banca privata?

López Barahona: Può essere utile al punto da poter salvare la sua vita o quella di un suo fratello. Le possibilità di compatibilità tra fratelli sono molto elevate. Sebbene l’uso autologo del sangue del proprio cordone ombelicale può verificarsi, e difatti esistono casi pubblicati di trapianti autologhi avvenuti con successo, le possibilità di un uso intrafamiliare sono molto alte.

In ogni caso, il cordone è un materiale biologico che offre possibilità molto ampie e che in nessun caso dovrebbe essere gettato via. Donarlo o conservarlo, nel pieno esercizio della libertà di ogni famiglia, ma mai gettarlo, sarebbe la mia raccomandazione.

A suo avviso esiste qualche problema etico nella conservazione del cordone?

López Barahona: Non esiste alcun problema etico nella conservazione del sangue da cordone ombelicale o nella sua donazione. Si tratta di un qualcosa che ha le stesse implicazioni etiche della donazione o conservazione del sangue periferico per un intervento chirurgico. Si tratta di un tessuto, non di vita umana, e di un tessuto di dimostrata efficacia terapeutica.

I limiti etici sulla ricerca con embrioni umani, limitano e si oppongono allo sviluppo scientifico e alle speranze terapeutiche dell’umanità?

López Barahona: La ricerca sulle cellule madre embrionali deve essere scartata per ragioni di natura scientifica su cui si basano le ragioni di natura etica.

L’embrione umano è un individuo della specie umana, sin dal momento in cui è generato, ovvero sin dal momento in cui l’ovulo viene fecondato dallo spermatozoo, generando lo zigote o embrione unicellulare: una nuova vita umana.

Per questo, l’embrione umano possiede una dignità equivalente ad ogni altro individuo della specie umana, anche se si trova in una fase diversa dello sviluppo.

Inoltre, i tentativi fatti in vitro e su modelli di sperimentazione animale, in cui si è cercato di mutare le cellule madre embrionali in altri tipi di cellule, hanno evidenziato che queste cellule generano tumori altamente aggressivi.

Per questo, oggi non esiste alcuna sperimentazione clinica approvata con cellule madre embrionali, rispetto alle più di 500 attualmente in corso con cellule madre adulte e alle più di 50 con cellule da cordone ombelicale (www.clinicaltrials.gov).

In definitiva quindi, i dati oggettivi che la scienza ci propone, indicano che questo indirizzo di ricerca non ha, ora come ora, alcuna applicazione terapeutica. In ogni caso, se pure ci fosse un’applicazione terapeutica reale, non è eticamente accettabile distruggere una vita umana nella sua fase di sviluppo embrionale, per fare ricerca al fine di trovare cure per altri esseri umani. La vita di ogni essere umano è egualmente degna, indipendentemente dal suo stadio di sviluppo o dal suo stato di salute.