Se molti studiosi e officiali si perfezionano in discussioni ad alto livello per affrontare argomenti attuali, due professoresse, una cristiana e una musulmana, hanno parlato la settimana scorsa dell’istruzione dei giovani come chiave per stabilire il dialogo e la pace tra le culture.

Jane McAuliffe, laureata in Studi Islamici all’Università di Toronto, è una cristiana che ha dedicato la sua carriera allo studio dell’islam.

“Nella mia generazione c’era molto poco nell’istruzione che ci esponeva ad altre tradizioni religiose e culturali”, ha detto. “Ma ero profondamente colpita dalla pietà musulmana e dalla comprensione musulmana del divino, e ho iniziato a imparare le tradizioni islamiche”.

La McAuliffe, attualmente Decano del college di Arti e Scienze della Georgetown University di Washington, D.C., ha affermato che nell’arco di pochi decenni la popolazione studentesca è cambiata enormemente diventando molto eterogenea.

La docente di studi islamici ha affermato che quello che prima era formalmente un campus tradizionale cattolico pullula ora di studenti di tradizioni religiose diverse, incluso l’islam.

“Le conversazioni interconfessionali tra studenti e Facoltà, in lezioni formali e informalmente nel campus, servono a preparare in vista di un dialogo più robusto nel futuro”, ha detto la McAuliffe.

La docente ha aggiunto che parte del suo ruolo di educatore consiste nell' “arrestare i pregiudizi che entrano nella vita dei giovani” attraverso la loro educazione, l’ambiente e i media.

“Nessun caso o esperienza di dialogo interreligioso può essere interamente soddisfacente – ha commentato –. La semplice tolleranza di un altro non è abbastanza”.

La McAuliffe crede invece che l’esposizione e l’apprendimento, soprattutto nelle Università, debbano toccare le persone a un livello più profondo: “Non si può non essere toccati dal contatto con altre religioni”.

La professoressa Amel Grami della Manouba University (Tunisia), musulmana riformista e ricercatrice nel campo delle relazioni musulmano-cristiane, ha offerto una prospettiva diversa sulle attuali tendenze dell’istruzione.

La docente si è detta, infatti, d’accordo sul fatto che educare i giovani può aprire delle strade alla pace, ed ha anche avvertito del fatto che in alcune zone prevalgono le “cyberguerre” che disseminano “l’ideologia jihadista” e promuovono la cultura della morte.

La Grami ha anche spiegato che in questi stessi ambienti accademici viene promossa un’“identità musulmana transnazionale”.

“Gli studenti imparano che appartengono all’islam. L’islam è la loro patria e deve essere protetta dalla corruzione dell’Occidente”, ha osservato.

Alcuni imam carismatici promuovono tra i giovani l’idea che la violenza sia un mezzo giustificato per difendere la “patria”.

Nonostante queste tendenze, la Grami ha affermato che l’ambiente educativo potrebbe formare i giovani a intraprendere un autentico dialogo interreligioso e interculturale.

“La cultura è una percezione dell’identità individuale e sociale ed è guidata dall’azione”, ha constatato. “Una cultura di pace può essere promossa da azioni e ambienti che rafforzano la connessione tra giustizia e solidarietà”.

L’istruzione, ha detto, deve basarsi sulla vera pace, e i mass media devono essere utilizzati per promuovere una cultura della non-violenza, indipendentemente dal background religioso.

Allo stesso tempo, la Grami ha ricordato che la pace è anche una battaglia personale: “Dobbiamo insegnare alle persone a scegliere la vita, insegnare loro ad ancorare le loro azioni alla pace”.