APARECIDA, domenica, 20 maggio 2007 (ZENIT.org).- Interpretazioni errate della Conferenza di Medellín, svoltasi nel 1968, portarono Papa Giovanni Paolo II a chiedere, all’apertura della Conferenza di Puebla, nel 1979, che i delegati vigilassero “sulla purezza della dottrina”.

Circa la fedeltà della Conferenza di Aparecida al Magistero della Chiesa e le attenzioni necessarie per non strumentalizzare questa riunione ecclesiale a favore di interessi particolari ha parlato a ZENIT monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, Arcivescovo di Belo Horizonte (Brasile), delegato all’evento. L’Arcivescovo è presidente della Commissione Episcopale Pastorale per la Dottrina della Fede della CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile).

L’avvertimento di Giovanni Paolo II di vigilare sulla purezza della dottrina mantiene la sua attualità, non è vero?
Monsignor Walmor Oliveira de Azevedo: La fedeltà alla dottrina della fede è un principio dal quale non ci si può mai discostare, anche quando si apre uno spazio, com’è importante, per la discussione, la riflessione e nella ricerca di chiarimenti importanti circa la realtà, i mutamenti e le nuove risposte che la Chiesa deve dare.

La fedeltà dottrinale è quindi un principio dal quale non ci si discosta. Quando parlo di fedeltà dottrinale, mi riferisco a una ricchezza inesauribile che sta nelle verità di fede, esigendo da noi sia dal punto di vista di un esercizio razionale e intellettuale che spirituale una ricerca, affinché questa verità, nella sua purezza, illumini ciò che stiamo cercando, visto che non possediamo in noi stessi questa verità, ma siamo costantemente pellegrini alla sua ricerca. Il Papa, i Vescovi e tutta la Chiesa vegliano quindi, nelle loro diverse competenze e responsabilità, sulla fedeltà alla fede, alla sua verità e ai suoi principi.

In questo senso, cosa dire del discorso inaugurale di Benedetto XVI?

Monsingor Walmor Oliveira de Azevedo: Il discorso inaugurale del Santo Padre è stato importante e in modo molto intelligente, e allo stesso tempo semplice, tocca ciò che è essenziale, aprendo vie per noi, come Chiesa, nell’applicazione e nel dialogo con altri segmenti della società.

Egli domanda “Chi conosce Dio?”, e prosegue mostrando la questione fondamentale del rischio e quindi della mutilazione, della comprensione della realtà quando allontana la questione di Dio dalla comprensione della realtà stessa.

Per questo, afferma che prescindere da Dio nell’approccio alla comprensione della realtà vuol dire mutilare questa comprensione, perché Dio è la verità, che per noi si rivela come amore, e amore che ci è rivelato e dato in Cristo Gesù.

In questo modo l’esperienza di fede in Dio, la sua ricerca, permette a noi l’appropriazione, la conquista della verità, nella misura in cui rivela per noi, illumina per noi il cammino che dobbiamo seguire: le scelte sociali, politiche, economiche, la difesa della vita, e quindi, specialmente, un’esperienza di intimità profonda con Dio, rendendoci, in Cristo, impegnati con la vita, che dobbiamo promuovere in ogni modo.

Quali sono le attenzioni necessarie per non strumentalizzare la V Conferenza o alcune sue parti?

Monsignor Walmor Oliveira de Azevedo: Penso che ci troveremo sempre di fronte alla sfida di interpretazioni, molte delle quali parziali, altre anche inadeguate, e molte errate. Ci troviamo in un contesto culturale pluralistico, in un contesto in cui c’è la libertà di opinare, e in questo congiunto siamo sfidati a interpretazioni inadeguate.

Perché ciò non avvenga, è necessario che ci siano un’onestà intellettuale e una conoscenza sempre profonda dei contesti, perché le persone possano comprendere adeguatamente ciò che si dice, ciò che la V Conferenza definirà e ciò che è realmente importante quanto al vivere la fede e quanto alla Chiesa impegnata con la vita, con la persona umana e in modo molto particolare nell’annuncio del Vangelo.

Questo darà la fedeltà e non la manipolazione di ciò che la V Conferenza dirà, è l’intendimento globale e ben contestualizzato di quello che noi, alla luce della Parola di Dio, alla luce della nostra fede, comprendiamo della realtà, nella quale vogliamo essere presenti dando la nostra risposta come discepoli di Gesù Cristo.