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Di recente ci sono state prese di posizione molto dure da parte di esponenti religiosi che hanno paragonato l’aborto e l’eutanasia al terrorismo. Sono parole molto forti che possono lasciare perplessi, potendo apparire come una forma di estrema e forse eccessiva intransigenza. Sarei grato se voleste approfondire ulteriormente l’argomento.


Spesso mi capita di riflettere su quel proclama terroristico, diffuso un po’ di tempo fa, che rivendicava l’amore per la morte in contrapposizione alla cultura occidentale, identificata come amante della vita. È così? È veramente sempre così? Non suonano forse come un inno alla morte certe difese occidentali della libera droga, dell’aborto, dell’eutanasia, della manipolazione degli embrioni e del loro degrado a materiale biologico per esperimenti? Non c’è un nucleo di pensiero jihadista autoctono che sorge dal relativismo etico e si rivolge contro le colonne della nostra stessa civiltà? Difficile non condividere il giudizio di condanna espresso non solo contro “l’abominevole terrorismo dei kamikaze”, ma anche quello “dal volto umano” (1). Forse il terrorista autore di quel proclama aveva in mente un occidente ancora cristiano, effettivamente innamorato della gioia della vita, in cui veniva composto il cantico delle creature, si erigevano architetture abbaglianti e si dipingeva la bellezza dell’uomo e del creato. Nell’occidente secolarizzato il modello proposto è quello in cui la vita cessa di essere generata e diventa invece prodotta, con tanto di controllo di qualità ed eliminazione del prodotto difettoso del processo di lavorazione. Nell’occidente decaduto si fa profitto producendo la pillola abortiva RU 486, che il professor Lejeune definì il “pesticida antiumano”. La storia recente mostra che gli uomini hanno effettivamente usato un pesticida, sì, proprio un prodotto per i pidocchi, contro altri esseri umani: lo zyclon 5 i cui vapori scendevano dalle finte docce. Oggi anche l’embrione ha il suo zyklon 5, un pesticida spesso dell’anima della donna, qualche volta anche del suo corpo.

Eppure, a ben vedere, la cultura della vita è ancora largamente presente nell’animo umano, solo che non viene fatta sviluppare, ricevendo gli ormoni dell’anti-crescita dai mezzi di comunicazione e d’informazione, a scuola, nelle università ormai largamente dominate da un pensiero che nega la bellezza della verità, volendo pervicacemente contestare l’esistenza stessa della verità. Dal pensiero relativista e poi nichilista il testimone passa ad organizzazioni lautamente finanziate che non si fermano di fronte a niente; persino i numeri sono falsificati e i fatti acclarati vengono con perizia, di volta in volta, deformati, taciuti e caricaturalizzati. La cultura della vita trova difficoltà a crescere quando, per dirla col cardinale Caffarra, la realtà offre una “catastrofe educativa” (2) in cui siamo già immersi, caratterizzata dall’interruzione della “narrazione della vita” tra padri, madri e figli (2). In tale prospettiva la difesa della famiglia fondata sul matrimonio monogamico eterosessuale indissolubile è alla radice della formazione del soggetto morale. Se la generazione che precede è muta sulle ragioni che guidano il senso dell’agire, si genera nella generazione che segue “l’io frammentato, un io fragile, dominato dalle leggi imposte dall’organizzazione sociale, vittima auspicata di ogni potere burocratico” (3). In un certo senso è nella famiglia che si apprende che l’unica moneta valida che regola l’agire all’interno della famiglia stessa è l’amore. Una volta che tale moneta è divenuta familiare, il suo uso tende naturalmente ad essere esteso anche oltre i rapporti familiari. È attraverso la distruzione della famiglia che la moneta dell’amore perde il suo corso legale, finisce per diventare materia numismatica, ad esaurirsi progressivamente, a divenire magari oggetto ammirato, ma non più impiegato.

Privata dell’etica dell’amore, la società sopravvive imponendo l’unica etica che serve alla sopravvivenza del sistema: quella della produzione e del consumo (4).

Sono sempre più numerose le voci di coloro che, dietro il Magistero, si accorgono che quello che stiamo lasciando alle generazioni future è un paesaggio europeo seriamente minacciato di un attacco nucleare terroristico, ma sicuramente già devastato e reso spettrale da un bombardamento definibile, attingendo ancora dal cardinale Caffarra, di “gaio nichilismo” (5). Non è un caso che Giovanni Paolo II già nel 1985 usasse l’espressione “suicidio demografico dell’Europa” (6), che Benedetto XVI avverta che “l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia” (7), che monsignor Michel Schooyans pubblichi un libro dal titolo “Il terrorismo dal volto umano”(8), che il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo Angelo Amato, si sia espresso così esplicitamente riprendendo il tema (1). È un continuo, accorato appello di coloro che vedono con chiarezza a recuperare una minima lucidità intellettuale e l’antico vigore, per evitare il day after dietro l’angolo. Albert Speer, condannato per crimini nazisti, scrisse nel suo diario: “Avrei dovuto capire, se avessi voluto capire”.

Bibliografia:

1) ZENIT
2) http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/bologna/2007/04/22/7408-mons_caffarra_bacchetta.shtml.
3) Livio Melina, “Morale: tra Crisi & Rinnovamento”, Milano 1993.
4) Rocco Bottiglione, cit. in Livio Melina, “Morale: tra Crisi & Rinnovamento”, Milano 1993.
5) http://www.caffarra.it/intervista310107.php.
6) Discorso di Giovanni Paolo II Ai Partecipanti al VI Simposio Del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa; venerdì, 11 ottobre 1985 (http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1985/october/documents/hf_jp-ii_spe_19851011_partecipanti-simposio_it.html.
7) Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ai Partecipanti al Congresso Promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE); sabato, 24 marzo 2007 (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2007/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20070324_comece_it.html).
8) ZENIT