"Sono un peccatore e un fifone". L'intervista di Francesco a un giornale di periferia

Registrata a dicembre, a Santa Marta, dal suo amico padre Pepe Di Paola, è stata diffusa oggi l’intervista del Papa a “La Carcova News”, rivista della omonima ‘villa’ alla periferia di Buenos Aires

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Mentre i primi 365 giorni di pontificato Papa Francesco li commentava sul Corriere della Sera, con l’autorevole firma di Ferruccio De Bortoli, questa volta ha deciso di celebrare il secondo anniversario sul Soglio di Pietro con una lunga e appassionata intervista su La Carcova News. Qualcuno penserà che si tratti forse di un grande quotidiano o di una nota agenzia dell’America Latina. O forse di uno storico canale tv… Difficile pensare invece che il giornale in questione sia la rivista della omonima ‘villa miseria’ alla periferia di Buenos Aires, in Argentina. Una scelta stravagante, inusuale, ma sicuramente coerente con quella attenzione alle periferie predicata da sempre. E proprio parlando di “periferie” inizia questo ottavo colloquio del Santo Padre con la stampa, registrato il gennaio scorso nella Casa Santa Marta dal suo amico padre José Maria Di Paola.

Uno sguardo alle periferie

“A che cosa e a chi pensa quando parla di periferie? A noi gente delle villas?”, domanda in esordio ‘padre Pepe’. “Quando parlo di periferia parlo di confini”, spiega il Pontefice, quindi di tutti quegli spazi che allontanano dal “centro” in cui noi ci muoviamo e che controlliamo. Il fatto è che “la realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro”, afferma Bergoglio. “Compresa la realtà di una persona, la periferia esistenziale, o la realtà del suo pensiero; tu puoi avere un pensiero molto strutturato ma quando ti confronti con qualcuno che non la pensa come te, in qualche modo devi cercare ragioni per sostenere questo tuo pensiero; incomincia il dibattito, e la periferia del pensiero dell’altro ti arricchisce”.

Giovani e paesi schiavi della droga

Ma la periferia non è solo una questione di mente, è anche la cornice del disagio giovanile, di ragazzi allo sbando incagliati in trappole come la droga, primo vero attacco ai giovani villeros. “Come possiamo difenderci?”, domanda Di Paola. “È vero, la droga avanza e non si ferma”, osserva Francesco, “ci sono paesi che ormai sono schiavi della droga… Ma quello che più mi preoccupa è il trionfalismo dei trafficanti. Questa gente canta vittoria, sente che ha vinto, che ha trionfato. E questa è una realtà. Ci sono paesi, o zone, in cui tutto è sottomesso alla droga”. Inclusa l’Argentina che negli ultimi 25 anni è divenuta da paese di passaggio, un paese “di consumo” e forse anche di produzione.

Cosa dare ai ragazzi? “Affetto e libertà, ma soprattutto…

Sempre con l’occhio sul mondo giovanile, il sacerdote domanda al Papa quale sia la cosa più importante da dare ai propri figli. “L’appartenenza a un focolare”, risponde a bruciapelo il Pontefice. Essa “si dà con l’amore, con l’affetto, con il tempo, prendendoli per mano, accompagnandoli, giocando con loro, dandogli quello di cui hanno bisogno in ogni momento per la loro crescita”. Soprattutto si dà concedendo loro “spazi in cui possano esprimersi”: “Se non giochi con i tuoi figli li stai privando della dimensione della gratuità – ammonisce Francesco -. Se non gli permetti di dire quello che sentono in modo che possano anche discutere con te e sentirsi liberi, non li stai lasciando crescere”.

… dargli la fede”

Ma più di ogni altra cosa ai ragazzi bisogna dare la fede. “Mi addolora molto incontrare un bambino che non sa fare il segno della croce – confida Bergoglio – Vuol dire che al piccolo non è stata data la cosa più importante che un padre e una madre possono dargli”. I bambini in questa situazione sono tanti, provati dalla vita, protagonisti di storie difficili e di grandi sofferenze. Eppure il Papa argentino vede sempre una possibilità di cambiamento: “Tutte le persone possono cambiare. Anche le persone molto provate, tutti. Ne conosco alcune che si erano lasciate andare, che stavano buttando la loro vita e oggi si sono sposate, hanno una loro famiglia”.

Noi ne combiniamo di tutti i colori, ma Dio non si stanca di perdonare 

Questo non è solo “ottimismo”, bensì certezza nella persona che “è immagine di Dio”. E Dio “non disprezza la propria immagine, in qualche modo la riscatta, trova sempre il modo di recuperarla quando è offuscata”. “Mi piace ripetere – aggiunge il Papa – che noi figli di Dio ne combiniamo di tutti i colori, sbagliamo ad ogni piè sospinto, pecchiamo, ma quando chiediamo perdono Lui sempre ci perdona”. Quindi la frase leit motive: “Dio non si stanca di perdonare; siamo noi che, quando crediamo di saperla lunga, ci stanchiamo di chiedere perdono”.

Un rapporto con Gesù, tra alti e bassi

Tuttavia, ci vuole fede per conservare sempre questa certezza. E nella fede e nel rapporto con Dio, si sa, “ci sono alti e bassi”. “In alcuni momenti – ammette lo stesso Pontefice – siamo coscienti della presenza di Dio, altre volte ce ne dimentichiamo”. Come dice la Bibbia “la vita dell’uomo sulla terra è un combattimento”. Perciò bisogna stare in guardia, senza però essere “disfattisti né pessimisti”. Anche perché “la fede non è un sentimento”: “A volte il Signore ci dà la grazia di sentirla, ma la fede è qualcosa di più”.

“La fede – sottolinea il Santo Padre – è il mio rapporto con Gesù Cristo, io credo che Lui mi ha salvato”. Perciò “mettiti a cercare tu quei momenti della tua vita dove sei stato male, dove eri perso, dove non ne azzecavi una, e osserva come Cristo ti ha salvato. Afferrati a questo, questa è la radice della tua fede”.

E prendi questo Vangelo!

E quando la tristezza o i problemi offuscano anche questi memoriali, Papa Francesco suggerisce il rimedio: “Portati sempre in tasca un piccolo Vangelo. Tienilo in casa tua. Quella è la Parola di Dio. È da lì che la fede prende il suo nutrimento. Dopotutto la fede è un regalo, non è un atteggiamento psicologico. Se ti fanno un regalo ti tocca riceverlo, no? Allora, ricevi il regalo del Vangelo, e leggilo. Leggilo e ascolta la Parola di Dio”.

“Sono un peccatore come qualunque altro”

Sempre di tono ‘spirituale’ l’altra domanda di padre Di Paola. “Come si fa a non vivere inutilmente?” chiede al Papa. Che risponde con la solita disarmante sincerità: “Beh, io ho vissuto molto tempo inutilmente, eh? In quei momenti la vita non è stata tanto intensa e tanto ricca. Io sono un peccatore come qualunque altro. Solamente che il Signore mi fa fare cose che si vedono; ma quante volte c’è gente che fa il bene, tanto bene, e non si vede”.

In ogni caso – precisa il Santo Padre – “l’intensità non è direttamente proporzionale a quello che vede la gente. L’intensità si vive dentro. E si vive alimentando la stessa fede”. Come? “Facendo opere feconde, opere d’amore per il bene della gente. Forse il peggiore dei peccati contro l’amore è quello di disconoscere una persona. C’è una persona che ti ama e tu la rinneghi, la tratti come se non la conoscessi. Lei ti sta amando e tu la respingi”.

E considerando che “chi ci ama più di tutti è Dio”, ne consegue che “rinnegare Dio è uno dei peggiori peccati che ci siano”. Bergoglio tuttavia tranquillizza gli animi ricordando che proprio questo fu il peccato di San Pietro: rinnegare quel Gesù Cristo che però poi lo fece Papa. “Allora io cosa posso dire?! Niente! Per cui, avanti!”.

Ascoltare gli altri, anche chi non è d’accordo con te

Padre Pepe quindi stuzzica Francesco: “Lei ha attorno a sè persone che non sono d’accordo con quello che fa e che dice?”. “Si, certo”, chiosa senza problemi il Papa. “Come si comporta con loro?”. La risposta è tanto semplice quanto opportuna: “Ascoltare le persone, a me, non ha mai fatto male. Ogni volta che
le ho ascoltate, mi è sempre andata bene. Le volte che non le ho ascoltate mi è andata male. Perché anche se non sei d’accordo con loro, sempre – sempre! – ti danno qualcosa o ti mettono in una situazione che ti spinge a ripensare le tue posizioni. E questo ti arricchisce”.  

Rapporti virtuali creano “giovani-museo”

“Dialogando, ascoltando”, quindi, “ci si arricchisce”. Magari dialogando e ascoltando dal vivo però, contrariamente alle mode del momento che spingono i giovani a vivere rapporti virtuali che li astraggono dal mondo reale. Il pericolo è di creare “giovani-museo”, informati bene e su tutto, osserva il Vescovo di Roma. Ma la fecondità, nella vita “non passa per l’accumulazione di informazioni”, bensì “nel cambiare la concretezza dell’esistenza”. “Tu – dice il Papa – puoi amare una persona, ma se non le stringi la mano, o non le dai un abbraccio, non è amore; se ami qualcuno al punto di volerlo sposare, vale a dire, se vuoi consegnarti completamente, e non lo abbracci, non gli dai un bacio, non è vero amore”.

Non si illudano, perciò, ragazzi e ragazze: “L’amore virtuale non esiste”; “esiste – assicura il Papa – la dichiarazione di amore virtuale, ma il vero amore prevede il contatto fisico, concreto”. Dunque, no a “giovani-museo” informati solo virtualmente delle cose, sì invece a giovani che sentano e parlino con armonia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani.

Elezioni in Argentina: “Sia tutto pulito, onesto e trasparente”

A fine intervista, Papa Francesco lancia pure tre raccomandazioni ai governanti argentini in vista delle elezioni presidenziali di ottobre. Primo, “che propongano una piattaforma elettorale chiara”, concreta e ben pensata. Secondo, la “onestà nella presentazione della propria posizione”. Terzo “una campagna elettorale di tipo gratuito”, che non sia frutto di finanziamenti e giochi di interessi che poi “chiedono il conto”.  

Viaggio in Argentina: “In linea di massima nel 2016”

Conferma poi la notizia lanciata nei giorni scorsi dal suo collaboratore mons. Kartcher su una possibile visita in Argentina. “In linea di massima, nel 2016”, dice, “ma non c’è ancora niente di sicuro perché bisogna trovare l’incastro con altri viaggi in altri paesi”.

“Attentati contro di me? Speriamo di non soffrire, sono così fifone…”

Brillante la conclusione del colloquio. “Per televisione sentiamo notizie che ci preoccupano e ci addolorano; che ci sono fanatici che la vogliono uccidere. Non ha paura?”, domanda Di Paola. “Guarda, la vita è nelle mani di Dio – spiega Francesco -. Io ho detto al Signore: Tu prenditi cura di me. Ma se la tua volontà è che io muoia o che mi facciano qualcosa, ti chiedo un solo favore: che non mi faccia male. Perché io sono molto fifone per il dolore fisico”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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