[Leggi quarta parte]
Dopo essersi soffermato sulle glorie del passato, Leone XIII traccia le linee guida per i cattolici del suo tempo e afferma che “l’astenersi del tutto dal partecipare alla vita politica sarebbe altrettanto colpevole quanto negare il proprio contributo operoso al bene comune: tanto più in quanto i cattolici, proprio in ragione della dottrina che professano, sono impegnati ad agire con particolare scrupolo e integrità”.
Il Papa è cosciente di non trovarsi più nel favorevole contesto socio-culturale del medio evo, sa che nel suo tempo il fatto cristiano non è scontato, si rende conto che ciò che era acquisito nel medio evo è da conquistare nel suo tempo. Mentre nell’aetas christiana le istituzioni politiche erano naturalmente inclini alla tutela e alla promozione dei valori religiosi, nell’Ottocento, grazie all’affermarsi delle idee democratiche, non c’è accordo attorno all’idea cristiana di società. Pertanto il Papa deve ridefinire il valore e il ruolo della presenza cristiana in questi nuovi quadri di civiltà.
Egli invita a non astenersi dalle nuove forme di vita civile, perché ciò significherebbe privare la società del positivo contributo offerto dalla visione cristiana del mondo. In maniera molto pragmatica il Pontefice sostiene che se i cattolici “si tengono in disparte, prenderanno facilmente il potere uomini, le cui opinioni danno ben poco affidamento di poter giovare allo Stato. E ciò sarebbe dannoso anche per la religione, poiché acquisterebbero moltissimo potere coloro che osteggiano la Chiesa, pochissimo quelli che l’amano”.
Pertanto è evidente “come i cattolici abbiano validi motivi per prendere parte alla vita politica: essi non lo fanno né lo debbono fare per assecondare quanto vi è di riprovevole nei metodi di governo attuali, ma per rivolgere questi stessi metodi, ogni volta che sia possibile, al vero e autentico bene pubblico, con il proposito di infondere in tutte le vene del corpo sociale, come linfa e sangue donatore di vita, la sapienza e la forza benefica della religione cattolica”.
Il pontefice mostra una certa diffidenza verso il metodo democratico. Possiamo comprendere le sue riserve alla luce della storia: le istanze democratiche nate nel corso della Rivoluzione Francese spesso hanno finito per accanirsi, non solo contro le distorsioni della religione, ma contro la religione stessa. Le preoccupazioni di Leone XIII sono legate più alle vicende storiche che al metodo democratico in se stesso. Egli tuttavia esorta i cattolici a entrare nell’agone politico, come abbiamo letto “con il proposito di infondere in tutte le vene del corpo sociale, come linfa e sangue donatore di vita, la sapienza e la forza benefica della religione cattolica”.
Il Papa esorta i fedeli ad agire come i primi cristiani che si trovavano in un clima culturale, se si vuole, ancora più ostile. Eppure grazie al loro testimonianza di vita riuscirono in un’impresa che umanamente si direbbe impossibile. Scrive Leone XIII: “Non diversamente accadde nei primi secoli dell’era cristiana. I principi e lo spirito dei popoli pagani erano allora quanto mai lontani dallo spirito e dai principi evangelici; tuttavia era dato vedere i cristiani, in mezzo alla superstizione, incorrotti e sempre coerenti con se stessi, introdursi animosamente ovunque intravedessero un varco”.
Non si deve tuttavia scambiare quest’opera di evangelizzazione come una corsa ad accaparrare dei posti. La presenza dei cristiani del mondo non aveva lo scopo di una battaglia ideologica. Ne è prova il fatto che molti cristiani, davanti all’incompatibilità fra gli onori di questo mondo e la propria fede, hanno rinunciato persi o alla propria vita per seguire Cristo: “Esempio di fedeltà ai principi, obbedienti all’imperio delle leggi fino a che ciò non fosse in contrasto con la legge divina, diffondevano in ogni luogo un mirabile splendore di santità; si impegnavano ad aiutare i fratelli, a convertire tutti gli altri alla sapienza di Cristo, pronti tuttavia a ritirarsi e ad affrontare intrepidamente la morte, qualora non fosse stato loro possibile conservare gli onori, le magistrature e i comandi senza venir meno alla virtù”.
Agendo in tal modo, scrive ancora il Papa, i cristiani “fecero sì che il cristianesimo penetrasse rapidamente non solo nelle famiglie, ma anche nell’esercito, nel Senato e nello stesso palazzo imperiale”.
Con tutti gli opportuni distinguo del caso, possiamo vedere un parallelismo fra quanto descritto da Leone XIII e i nostri tempi. Certo, il passaggio dal paganesimo al cristianesimo avvenne in un contesto comunque di “sacralità”. Gli uomini di oggi invece vivono spesso lontani da riferimenti di carattere religioso”. Le persone che si rifanno a una visione religiosa spesso vivono la propria fede in modo intimistico, mancano referenti cristiani in settori di vitale importanza come quelli dell’istruzione, della comunicazione e della politica, per cui c’è tanto tanto lavoro da fare!
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Fonte: L’Ancora Online