"La lottatrice di sumo" di Giorgio Nisini

Le coincidenze della vita nascoste dietro le opere d’arte

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E’ un quadro, il protagonista di questo nuovo romanzo di Giorgio Nisini (1), o meglio, quello che si cela dietro un’opera d’arte che improvvisamente riemerge tra le mani del brillante Fisico Giovanni Cadorna, nonché saggista di successo dopo aver descritto nel suo primo libro l’impossibile esistenza dell’aldilà.

In questa storia, che si dipana lungo un trentennio (dai primi anni ’80 ai giorni nostri), tra Roma, alcuni roccaforti isolate dell’Umbria e la costiera marchigiana di San Benedetto del Tronto, è l’arte la protagonista e la modalità in cui essa viene percepita e vissuta.

Per il cinquantenne protagonista è un modo per tuffarsi nel passato apparentemente dimenticato e nel ricordo di quell’amore giovanile (con Margherita), drammaticamente interrotto da un incidente stradale, poco dopo aver ricevuto il misterioso dono del quadro “La lottatrice di sumo”.

Per Olga Golem, figlia del pittore, la cui opera d’arte è ricercata da anni, è un modo per tenere in vita, dopo la scomparsa, le singolari capacità del padre – ovvero, quelle di esaltare e sintetizzare attività paranormali e artistiche – e di proseguirne l’esperienza di una vita in comunità.

Per Ernesto Del Monte, critico d’arte, la scoperta del quadro diventa un modo per rinvigorire l’ambizione intellettuale e rimpinguare il conto economico, mentre per Maria Carla, la ex moglie di Cadorna e titolare di una profumeria, solo un bene da monetizzare al più presto, nella prospettiva di garantire un futuro alla figlia.   

Ma è anche un libro che racconta i percorsi tortuosi delle classi agiate italiane, come quello di Giovanni Cadorna che transita da un libro contro l’aldilà ad una auspicata organizzazione di seduta spiritica; di Olga Golem che lascia la Londra finanziaria per chiudersi in una comunità poco accessibile del centro Italia; del critico Del Monte che utilizza le informazioni amichevoli per dare lustro al suo potere mediatico.

In questo contraddittorio vissuto, le persone simbolicamente più pure e più deboli sono Federica, figlia di Giovanni e Maria Carla, la quale si avvia all’età adulta tra genitori separati e sballottata tra opposte ambizioni  e l’anziana signora De Angelis, madre di Margerita, che nella sua abitazione ha mantenuto intatta la camera della figlia a distanza di circa trent’anni dalla scomparsa, con quell’affettuoso rammarico nei confronti di Giovanni, di continuare ad essere “il padre dei nipoti che non ho mai avuto” (2).  

Il finale dimostrerà che le opere d’arte hanno spesso dei misteri nascosti, che possono essere un mezzo per far scoprire alle persone quanto di più oscuro si nasconde nella loro vite, ma anche che difficilmente le opere hanno più valore della vita stessa, quand’anche con le lacerazioni ch’essa riserva perché, come afferma Olga nel suo colloquio di addio con Giovanni Cadorna: “(…) non smetta mai di guardare nel fondo di sé. Spesso è dentro di noi, nel nostro passato, che si nasconde ciò che stiamo cercando”.

Ed è questo legame con il passato, il filo conduttore che ci collega anche alla precedente opera di Nisini, La città di Adamo, dove la genitorialità, a prescindere dalla età, rappresenta la cesoia che spezza la trazione verso il passato e diviene preziosa proiezione al futuro.

*

NOTE

1) L’opera è edita da Fazi, come la precedente La città di Adamo del 2011 (tra le dodici finaliste del Premio Strega). L’autore è nato a Viterbo poco più di quaranta anni fa ed è curatore di importanti rassegne culturali. Informazioni ulteriori sul sito internet www.giorgionisini.it.

2) La stessa frase si ritrova nell’ultimo libro di Amos Oz “Giuda”, a simboleggiare il dolore dei genitori nel sopravvivere ai propri figli prematuramente scomparsi.

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Antonio D'Angiò

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